Come e cosa mangia
un calciatore professionista? I segreti svelati dall'esperto
(Foto Uc Albinoleffe) |
L'alimentazione è un aspetto della quotidianità importante per chiunque, figuriamoci per uno sportivo professionista. Le prestazioni in gara non sono, infatti, condizionate soltanto da fattori come il talento, la capacità di gestire le emozioni, l'allenamento tecnico, ma anche, per forza di cose, da come si mangia. Abbiamo parlato di questo aspetto e di come viene abitualmente gestita l'alimentazione di un calciatore professionista con Simone Arceci, vice allenatore dell'AlbinoLeffe, squadra lombarda di Serie C, e laureato in Scienze dell'Alimentazione.
L'alimentazione nello sport: come e cosa mangia un calciatore?
Ciao Simone, partiamo dalla base: come gestisce l'alimentazione un club di Serie C?
«La dieta di ogni calciatore dovrebbe sempre essere individualizzata in ogni dettaglio, ma non è facile. Noi diamo sempre delle raccomandazioni e monitoriamo il più possibile i dati a nostra disposizione, dal peso alla plicometria, oltre a gestire la parte dell'idratazione e dell'integrazione durante gli allenamenti e le partite. A inizio stagione consegniamo un questionario per capire quanto un calciatore conosca l'alimentazione e quali siano le sue abitudini alimentari, in modo da inquadrarlo».
Simone Arceci (Foto Uc Albinoleffe)
Immagino non tutti siano preparatissimi sul tema...
«L'errore più grande che in molti fanno è quello di non essere educati a mangiare bene. C'è chi, per esempio, dopo aver fatto allenamento e corso magari otto chilometri torna a casa e mangia un petto di pollo con l'insalata, senza nemmeno toccare i carboidrati. Stiamo parlando di qualcosa di sbagliato. Il giorno dopo l'atleta avrà poca energia e sarà soggetto al rischio di infortuni. Manca la consapevolezza di come la nutrizione possa essere importante per un calciatore e per un atleta in generale. Se il tuo potenziale è 10 e mangi male è molto più probabile che tu renda magari 5. Noi, dal canto nostro, facciamo di tutto per farlo capire, mostrando ricerche e video di sportivi che ne parlano, per esempio».
Come si gestisce l'avvicinamento alla gara?
«La preparazione alla partita non va fatta soltanto nel giorno dell'incontro, ma ci deve essere un percorso nutrizionale nei giorni precedenti. Vanno aumentati i carboidrati che portano scorte di glicogeno, anche a costo di diminuire gli altri macronutrienti. Se la partita, per esempio, è alle 15, il giorno della gara vanno fatti due pasti. Una colazione e un pranzo. L'obiettivo principale deve sempre essere quello di seguire le esigenze individuali, anche a livello mentale. Scegliere alimenti che hanno un effetto positivo sul calciatore e che gli diano anche un comfort a livello intestinale. Non si deve commettere l'errore di seguire quello che dice il nutrizionista senza averlo prima provato nei giorni di allenamento, con il rischio che, pur corretto, possa avere effetti negativi sulla prestazione».
Un altro aspetto importante immagino sia quello legato all'idratazione...
«Certo, serve bere durante tutto l'arco della giornata. Bere quando hai sete, è già tardi. Bere poco prima della partita non basta. I fluidi sono sempre a disposizione della squadra. Negli spogliatoi, sul pullman se andiamo in trasferta, in hotel quando si tratta di trasferte più lunghe. Hanno sempre una bottiglietta d'acqua a loro disposizione e quando la finiscono sanno che devono avvisarci».
Come funziona, invece, l'alimentazione all'intervallo? Può essere utile o no?
«Durante la gara ogni pausa va sfruttata per bere, soprattutto con temperature alte. A fine primo tempo, poi, si possono fare alcune integrazioni, come i sali minerali. Proteine e creatina, invece, in quel momento servono a poco. Nell'ultimo periodo si parla molto della caffeina attraverso le gomme da masticare. Viene assorbita rapidamente dal corpo e sembra abbia benefici. In generale, però, se hai mangiato bene nelle ore e nei giorni precedenti, il decadimento della prestazione sarà più lento».
E una volta terminata la partita cosa è meglio fare?
«A fine gara, la strategia da mettere in atto è quella delle tre "R". Refuel, cioè il rifornimento di glicogeno. Repair, cioè la riparazione muscolare attraverso le proteine. Rehydrate, ossia l'assunzione dei liquidi persi. La cosa più importante in questa fase è la gestione. Il glicogeno per chi ha giocato 90' può mettersi anche 72 ore prima di riformarsi. La sua sintesi è molto elevata nelle prime due ore dopo lo sforzo e rallenta con il passare del tempo. Per questo motivo serve assumere carboidrati subito dopo la partita e, per chi non riesce a mangiare, prepariamo bevande con integrazione, proprio perché il tempo è fondamentale».
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