Il gusto degli dèi:
un viaggio nel tempo
in un ristorante dell'Antica Grecia
Nel cuore di Eleusi, durante i Misteri dedicati a Demetra, ci sediamo a tavola come cittadini del V secolo a.C. tra riti, filosofia e pietanze che parlano di terra, mito e ciclicità. Un racconto in prima persona che intreccia gesti quotidiani e sapori antichi, restituendo vita e voce alla cucina greca più autentica e simbolica
Siamo ad Eleusi, vicino Atene, nell'anno 425 a.C. Solo a pensare che tra 2450 anni sarà l'anno 2025, mi vengono i brividi. Chissà come sarà il mondo tra 2450 anni, chissà! I popoli di allora saranno sicuramente in pace, mica come noi ateniesi che siamo già da sei anni in guerra con Sparta. Sì, magari gli storici questa guerra qui la chiameranno Guerra del Peloponneso. Sì, saranno sicuramente in pace tra 2450 anni, non credo proprio che Israele e Iran saranno in guerra e non credo proprio che gli Stati Uniti si intrometteranno, non è comportamento ai quali sono adusi.
Non è che ci sia venuta una grande fame, diciamo che fa capolino quel languore che poi, si sa, diventerà appetito. Menomale che, mediante messaggero opportunamente istruito, abbiamo prenotato circa un mese fa. I ristoranti sono tutti pieni. E per forza, siamo nel periodo di celebrazione dei Misteri Eleusini, riti religiosi misterici che si celebrano ogni anno nel santuario di Demetra, il Telesterion, proprio qui ad Eleusi. Questi riti sono dedicati alla dea Demetra e al suo mito legato al ciclo della vita e della morte. Eleusi in questo periodo diventa invivibile; se il termine fosse già stato coniato, diremmo che in questo periodo è affetta da overtourism.
Demetra, Persefone e il mito della rinascita
La storia di Demetra la conoscete anche voi, vero? E come potrebbe essere altrimenti. Dunque, Persefone, figlia di Demetra, fu rapita da Ade, dio degli Inferi, e condotta nel regno dei morti. Il dolore di Demetra per la perdita della figlia causò un'eterna sterilità della terra, fino a quando un accordo permise a Persefone di trascorrere parte dell'anno con la madre e parte con Ade. Da qui, il ciclo agricolo delle stagioni. Nikos (il mio commensale) ed io scorgiamo, in questa storia, anche una metafora della condizione umana: l'alternanza tra oscurità e luce, perdita e recupero, morte e rinascita.
Demetra rappresenta la madre amorevole e protettiva, legata alla fertilità e alla prosperità della terra; Persefone simboleggia l'anima umana e il suo viaggio tra i regni della vita e della morte. Ci spero, a beneficio dei posteri, che il nostro messaggio di rinascita e illuminazione ispiri e affascini anche tra 2450 anni! Sì, il viaggio verso l'illuminazione è universale e senza tempo, si cerca la luce oltre l'oscurità, e si vive in armonia con i cicli eterni della vita.
Pane, orzo e kykeon: il menu sacro degli ateniesi
La nostra dea Demetra, la dea madre signora delle messi, dai Romani, che tanto da noi copieranno e poi riproporranno con qualche modifica, verrà ridenominata Cerere. Da Cerere, i cereali (da cui il pane). Teniamolo a mente. Teniamolo a mente perché ai cereali aggiungiamo l'ulivo, da cui l'olio (dono di Atena), e la vite, da cui il vino (dono di Dioniso). Il nostro cibarsi non può prescindere dai doni di queste tre divinità. Un giorno, da molto lontano arriverà nella Magna Grecia un medico e scoprirà il nostro modello di alimentazione e lo chiamerà Dieta mediterranea.
Più che un ristorante è un'osteria. Il tavolino per due a noi riservato è vicino all'uscio, non male. Neanche il tempo di accomodarci, e senza neanche che effettuassimo comanda, ci viene servito, servizio sbrigativo ma non scortese, il kykeon. Durante i Misteri Eleusini è praticamente lo starter obbligatorio. Il kykeon, non saprei se definirlo una bevanda oppure un cibo. Di certo è considerato anche un farmaco. Consiste in una zuppa densa di orzo tostato e macinato, diluita con acqua e aromatizzata con menta. Siamo borderline, se questa parola già esistesse, tra il deglutire e il sorseggiare: tra il cibo e la bevanda.
Nikos, il mio commensale, persona di cultura, sebbene ancora non abbia letto nulla di Shakespeare (!), mi dice che Eraclito sottolinea l'importanza del movimento costante nella preparazione, affermando che “anche il kykeon si decompone se non viene mescolato”. È spunto di riflessione per la vita. Quanta saggezza. Siamo mica ateniesi per niente! Il servizio continua ad essere sbrigativo ed informale; tuttavia, i pani arrivano in appropriato cestino e sono proprio buoni. Occhio, lo stesso cestino, che poi è un tagliere piuttosto che un cestino, è anch'esso un pane edibile: è la galletta denominata “maza”, fatta con la farina d'orzo. Nikos addenta l'agorias, il più rinomato tra i pani dell'Attica. Per mia palese ghiottoneria io prendo l'obelites, cotto allo spiedo. Simpatico a vedersi e anche buono da mangiare, da farci foto su Instagram se Instagram esistesse e chissà se mai lo inventeranno, è il boletos, a forma di fungo. Per noi il pane è sacro. Pensate, noi in quanto Greci ci autodefiniamo “mangiatori di pane”, quasi a sottolineare che gli altri popoli non sono umani, ma bruti carnivori come Polifemo.
Dolci, vin cotto e galanterie: il commiato di un simposio
Qualcosa di gustoso ancora ci andrebbe, dopotutto siamo a tavola e ci stiamo bene. Il tavolo vicino all'uscio ci consente di osservare lo struscio, l'andirivieni di quanti stanno andando o stanno tornando dal Telesterion, così celebrando in ritualità collettiva i Misteri Eleusini. Esponiamo all'oste il nostro desiderio e dopo un po' di tempo, non proprio brevissimo, ci viene portato a tavola un abbondante vassoio di tiganites. I tiganites sono delle frittelle d'orzo. La preparazione è alquanto semplice, dacché si tratta di miscelare la farina d'orzo con l'acqua e poi aggiungere il miele. L'olio di oliva serve per friggere, ovviamente. Vuoi vedere che un domani, una frittella così la faranno ancora e magari, inventando una nuova parola, la chiameranno pancake!?
Chicca dell'oste: in abbinamento ai tiganites, un gradito calice di vin cotto. Pressoché satolli, con il vin cotto che si fa sentire, decidiamo di chiudere il pasto con un buon dolce. L'oste ci fa cenno come a dire... ci penso io e vi faccio il servizio! E difatti il servizio ce lo fa! Vassoio stracolmo di una moltitudine di varietà dei nostri dolci greci. Di origine cretese, il “gastrin”, composto da noci, mandorle, uva sultanina, semi di papavero e semi di sesamo. Ingredienti che, a mio sommesso avviso, resteranno anche nei millenni a venire tra gli ingredienti alla base della pasticceria greca futura. E ancora, che delizia sgranocchiare i sisamithis, dolcetti di solo miele e sesamo. Squisito anche il moustalevrìa, un budino, a base di mosto e farina.
Il locale si è quasi svuotato. È il crepuscolo, meglio prendere la via dell'alloggio. Chiediamo il conto. Temevamo di più, però speravamo di meno. Ad ogni modo, non essendo romani, bensì ateniesi, non ci comportiamo “alla romana”. È quel galantuomo di Nikos che insiste per pagare. Ed io, galantuomo quanto Nikos, non commetto il gesto maleducato di costringerlo ad insistere, né voglio contrariarlo e, violentando il suo desiderio, essere io a pagare. Però, al prossimo Mistero Eleusino, tocca a me. E che si sappia sin da ora.
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