cosa rischia il vino italiano
Le drammatiche notizie di questi giorni evidenziano ancor di più il rischio sempre più vicino
di perdere uno dei mercati del vino di maggior sviluppo e potenzialità di questi anni. Un mercato nel quale oggi, per la prima volta nella storia, siamo davanti alla Francia
Non è facile parlare di economia quando in molte aree della nostra terra la guerra è ormai assoluta, drammatica protagonista. Può apparire quasi cinico, a fronte di morti sempre più numerose, evidenziare l’impatto che le guerre, i conflitti hanno sull’economia di moltissimi comparti del nostro paese.
Ma siccome l’uomo continua a manifestare nessun buonsenso di fronte a quelle logiche elementari del rispetto della vita umana, della convivenza civile tra le diverse culture, noi ci illudiamo che almeno le opportunità economiche possano rappresentare un minimo di deterrente a scelte che potrebbero riportare il nostro globo al medioevo.
Per questo fa un certo effetto parlare, in queste ore di intense trattative diplomatiche (usiamo il termine diplomazia in maniera impropria visto ormai l’uso massiccio di armi per far prevalere le ragioni di ognuno), di quanto grave sarebbe per il settore vitivinicolo italiano l’eventuale chiusura del mercato russo all’importazione dei nostri prodotti enologici.
Secondo gli ultimi dati riportati da Unione Italiana Vini attraverso il proprio settimanale "Corriere Vinicolo", l’Italia del vino a giugno si è regalata in Russia un record storico, sorpassando per la prima volta la Francia come primo paese fornitore di vini in bottiglia (87 milioni di dollari contro gli 81 milioni di dollari della Francia).
Un dato straordinario considerando anche la lunga "storicità" del vino francese sul mercato russo.
Un sorpasso che testimonia anche la forte affinità del consumatore russo nei confronti del made in Italy, anche quello enologico.
Un mercato, quello russo, che riconosce di anno in anno sempre più valore al vino italiano, considerando che, nel primo semestre di quest’anno, il prezzo medio del nostro vino esportato in Russia è stato di 4,03 dollari al litro, praticamente uguale al prezzo medio del vino francese (4,07 dollari) e quasi il doppio di quello spagnolo (2,43 dollari).
Allo stato attuale il competitor più aggressivo appare il vino georgiano che dopo la riapertura delle frontiere russe alla Georgia ha ripreso ad "invadere" la distribuzione russa con un valore registrato nei primi sei mesi di quest’anno di circa 51 milioni di dollari.
Tutte le analisi di prospettiva, inoltre, facevano presagire ulteriori crescite per il nostro export in Russia con trend ben superiori rispetto ad altri mercati internazionali.
Difficilissimo prevedere a questo punto cosa potrà succedere, non ci rimane che sperare nel buonsenso e nella consapevolezza che dai conflitti, potrà anche apparire retorico e banale ma è bene ricordarlo sempre, nessuno ci guadagna.
Sul lato spumanti, l’Italia recupera la perdita a valore di marzo portandosi a +2% e progredisce a volume del 10%, lasciando però il 7% di valore sui prezzi. In recupero i francesi (ma qui il dato a due cifre è da mettere a confronto con il pessimo semestre che ebbero gli Champagne nel 2013), mentre gli spagnoli progrediscono solo a volume.
In drastica riduzione le forniture dall’Ucraina, che vanno ormai verso l’azzeramento totale dopo il bando imposto dal governo russo.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Dogane russe
Fabio Piccoli
Nessun commento:
Posta un commento