SULL’ABUSO DELL’ALCOL
EDUCARE O REPRIMERE?
Le norme di recente
assunte anche in Italia con la cosiddetta patente a punti in materia di consumo
di bevande alcoliche e controllo della circolazione stradale, sembrano
orientare anche da noi le scelte pubbliche verso politiche più severe e
dirigiste dei comportamenti privati. Ma
i dati e le analisi disponibili in materia, propongono la necessità di
valutazioni (e perciò di strategie) meglio fondate e perciò più mirate. In
primo luogo il consumo totale di alcool continua da oltre trent’anni a scendere
in Italia ormai sotto ai livelli di guardia. Più in particolare, nei vent’anni,
tra il 1981 e il 2002, i consumi pro capite, hanno avuto questo andamento: Vino -42%,
birra + 60%, superalcolici
-61% , alcool equivalente -40%.
In valori assoluti il consumo pro-capite di vino è ormai sotto i 50 litri anno e l’alcool
equivalente totale intorno ai 6
litri, cioè al livello di guardia secondo gli indici
della OMS.
Questa tendenza
differenzia Italia, Francia, e Spagna paesi da molti altri paesi d’Europa e del Nuovo Mondo (Regno Unito,
Irlanda, Benelux, Danimarca, Stati Uniti, Canada, Australia) dove i consumi
pro-capite di vino sono cresciuti, solo negli ultimi anni, tra il 10% e il
100%!
La spiegazione sta in
due opposti modelli di consumo: da una parte le cosiddette “società bagnate” (quelle
cioè con stili di comportamento di tipo mediterraneo), dove alcool significa
prevalentemente vino, come pratica quasi quotidiana, durante i pasti, o fuori
casa durante “riti” di socializzazione allegra e collettiva; dall’altro le
cosiddette “società asciutte”, quelle cioè del centro e nord Europa e del Nuovo
Mondo, dove alcool significa prevalentemente birra e superalcolici e la pratica
non è quotidiana e durante il pasto, ma del fine settimana, in solitaria
ricerca di “spinte evasive”.
Il paradosso non sta tanto in questi due diversi
modelli, quanto piuttosto nel fatto che, mentre nelle società “bagnate”, a
fronte di una legislazione repressiva pressoché assente i consumi di alcolici
diminuiscono rapidamente, nelle società “asciutte”, a fronte di legislazioni
anche molto severe, i consumi continuano a crescere.
Sembra dunque necessario spostare il fuoco
dell’attenzione dall’apparenza dei consumi ai fondamentali dei comportamenti.
Le stragi del sabato sera, che sono state molto imputate all’alcool
come droga d’accesso (binge drinking), sembrano da attribuire piuttosto alla
categoria della crescente voglia di trasgressione oltre il limite dello sballo,
che ha ben altre cause sociali nella nostra contemporaneità, e ben altre
“chimiche” di condotta.
A riguardo dei consumi del vino, dovrebbero semmai preoccupare, non tanto
i danni da abuso del consumo, quanto piuttosto quelli da eccesso di concessioni
alle tendenze di moda (citazioni, rappresentazioni di sé, imitazioni, ecc.),
cioè sempre più banale edonismo e sempre meno ricerca di significato in una
buona cultura del salutismo e del leisure di qualità
Nessun commento:
Posta un commento