L’ipotesi
non è così irrealistica. Un attacco hacker, una tempesta solare o un danneggiamento
accidentale dei cavi sottomarini potrebbero davvero
provocare un black out, anche di 24 ore (o più). Cosa succederebbe in quel caso?
provocare un black out, anche di 24 ore (o più). Cosa succederebbe in quel caso?
Ammettiamolo: se Internet smettesse di funzionare, anche solo per un (solo)
giorno, molti di noi andrebbero in tilt. L’impatto sull’economia e sulla
società però sarebbe minimo. E per diverse persone sarebbe persino positivo,
come spiegano alcuni studi raccolti dalla BBC. Lo scenario
“non-così-catastrofico” non è poi così assurdo: un attacco hacker
all’infrastruttura della rete potrebbe mettere fuori gioco i router; oppure
potrebbero danneggiarsi i cavi sottomarini che trasportano i dati internet tra
i continenti, non sono indistruttibili e come è già accaduto nel 2008 in Medio
Oriente, India e nel Sud-Est asiatico potrebbero rompersi.
Internet potrebbe smettere di funzionare anche per motivi politici: alcuni
Stati hanno già “spento” le infrastrutture di Rete impedendo il funzionamento
nel loro Paese (ma non con un interruttore vero e proprio, come vorrebbe una
certa stampa). È già successo in Egitto durante la Primavera Araba (2011) e più
recentemente anche in Turchia ed Iran, potrebbe succedere in Cina (dove già
Internet funziona parzialmente) e alcuni senatori statunitensi vorrebbero che
fosse possibile anche negli Stati Uniti.
L’ipotesi più sciagurata sarebbe quella di una grande tempesta solare che,
danneggiando le reti elettriche, provocherebbe danni per miliardi di euro,
farebbe morire circa 300 milioni di persone in pochi anni e ci farebbe
ripiombare nell’ Ottocento per circa 10 anni. Insomma, in quel caso, Internet
sarebbe l’ultimo dei nostri problemi.
Tolta questa ipotesi, se una delle altre si verificasse che cosa
succederebbe all’economia mondiale? Nel 2008 il Dipartimento della Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti lo ha chiesto a Scott Borg, direttore della Cyber Consequences
Unit degli Stati Uniti, un istituto di ricerca che fornisce valutazioni sulle
conseguenze strategiche ed economiche di possibili attacchi informatici e
fisici alla rete. Borg ha analizzato gli effetti economici prodotti dalle
interruzioni avvenute negli Stati Uniti dal 2000 in poi. Esaminando le
statistiche economiche e i rapporti finanziari trimestrali delle 20 società che
si sono dichiarate più colpite, è emerso che l’impatto finanziario era stato
insignificante: sotto i 4 giorni i danni sono limitati.
“Gli esercizi commerciali che hanno patito di più – alberghi, compagnie
aeree, società di intermediazione – non hanno infatti avuto perdite eccessive.
E i dipendenti hanno continuato a svolgere i loro lavori... semplicemente
consegnando il lavoro due o tre giorni dopo” ha detto Borg. Nessun (grave)
effetto dunque: “La nostra economia è già organizzata per ammortizzare un fine
settimana o un week-end lungo di vacanza”.
In alcuni casi è emerso anche un aumento della produttività. In un altro studio, Borg
e i suoi colleghi hanno analizzato infatti cosa è accaduto a una società che ha
subito un’interruzione di internet di circa quattro ore: i dipendenti hanno
fatto cose che normalmente rimandavano, smaltendo per esempio le pratiche
burocratiche.
Non c’è ragione di pensare che questo non si possa applicare all’intera
economia, dicono gli studiosi: gli aerei continuerebbero a volare anche senza
Internet, e treni e autobus continuerebbero a funzionare. Il problema si
porrebbe nell’eventualità di interruzioni più lunghe: in quel caso infatti verrebbe
coinvolta anche la logistica, le aziende si troverebbero in difficoltà. E, cosa
grave, non ci sarebbero piani B: quasi nessuna impresa infatti ha previsto un
paracadute per una simile eventualità.
Che
lavoro fai?
Un’interruzione della connessione si farebbe sentire
di più sulle piccole imprese e sugli operai. Nel 1998 ben il 90% dei 50 milioni
di “cercapersone” (antenati dei nostri cellulari) negli Stati Uniti ha smesso
di funzionare per un guasto satellitare. Nei giorni successivi sono state
intervistate 250 persone a Los Angeles: le reazioni erano diverse in base allo
stato socio-economico di ognuno. Le persone di classe medio-alta con incarichi
manageriali o professionali non hanno avuto problemi, gli artigiani – idraulici
e manovali ad esempio – che ricevevano chiamate di lavoro grazie al
cercapersone sono rimasti disoccupati per alcuni giorni.
Social
di nome e di fatto
Se la reazione all’idea di perdere Internet dipende dallo status
socioeconomico, l’ansia da black out colpisce però tutti in maniera
indiscriminata. “Internet è progettata soprattutto per permetterci di
comunicare tra di noi”, afferma Hancock, docente alla Stanford University.
“Siamo abituati a connetterci con chiunque, ovunque e in qualsiasi momento. Ci
inquieta l’idea di non poterlo fare”. Nel 1975, un incendio alla New York
Telephone Company interruppe il servizio telefonico in un’area di 300 isolati
di Manhattan per 23 giorni. In un sondaggio effettuato su 190 persone, subito
dopo che le linee furono ripristinate, emerse un dato: l’80% degli intervistati
patì soprattutto il fatto di non potersi connettere con amici e familiari. E
mentre 65% degli intervistati ha dichiarato di essersi sentito “isolato” o “a
disagio”, quasi il 75% ha detto di essersi tranquillizzato solo quando ha
saputo che il servizio era stato ripristinato.
Il che, secondo lo studioso, smonterebbe un mito diffuso: la convinzione
che le persone senza lo smartphone diventerebbero più socievoli e si
relazionerebbero meglio con amici e familiari. “Io non lo penso affatto”, dice
William Dutton, docente alla Michigan
State University. “La maggior parte delle persone social sono in realtà più
aperte e socievoli di chi non usa Internet”.
Stine
Lomborg, ricercatore all’Università di Copenaghen, è d’accordo. “Non è vero che
alla fermata dell’autobus, senza smartphone, saremmo più propensi a parlare con
gli estranei”, dice. “La perdita di connessione può rendere le persone più
socievoli in situazioni specifiche, ad esempio costringendo i colleghi a
parlare tra loro piuttosto che inviarsi solo e-mail, ma l’esperienza nel
complesso rischia di essere angosciante”. E forse, anche per questo, nessuno di
noi avrebbe davvero voglia di sperimentarla.
PANORAMA EDIT
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