Caldo, si riduce
il livello di fiumi
e laghi
Conseguenze
sulle coltivazioni
Il livello idrometrico del fiume Po al ponte della Becca è sceso di tre metri sotto lo zero. In calo anche i grandi laghi, con percentuali di riempimento che vanno dal 66% del lago di Garda fino al 17% del lago di Como.
È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti sugli effetti del grande caldo e dell’assenza di precipitazioni. I livelli del più grande fiume italiano e dei principali laghi, che si trovano tutti sotto le medie storiche, sono rappresentativi della situazione di difficoltà dei bacini idrografici, con torrenti e fiumi in calo.Anche se è soprattutto al nord dove si evidenzia la carenza di disponibilità idriche a partire dal Friuli Venezia Giulia, aree di siccità sono diffuse lungo tutta la Penisola.
L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.
Le precipitazioni sono importanti per ristabilire le scorte idriche necessarie per l’estate, ma l’acqua per poter essere assorbita dal terreno deve cadere in modo continuo e non violento mentre quest’estate è stata segnata da violenti nubifragi e grandine che si sono abbattuti a macchia di leopardo facendo salire il conto dei danni nelle campagne ad oltre mezzo miliardo dall’inizio dell’anno.
Se nei campi si guarda con preoccupazione al cielo per paura della grandine e dei danni irreversibili che provoca alle coltivazioni, nelle stalle si cerca di portare sollievo alle mucche che per lo stress da caldo stanno producendo fino al 15 per cento circa di latte in meno rispetto ai periodi normali.
In difficoltà sono anche i pollai, dove si sta registrando un calo fra il 5 e il 10% nella deposizione delle uova. Lo stato di sofferenza delle campagne è confermato dalle api, che sono considerate un indicatore del benessere ambientale. Per la produzione di miele del 2018 si stima un calo del 50% rispetto alla media degli ultimi anni per l’effetto del clima pazzo che ha stressato le api e compromesso le fioriture.
Siamo di fronte a un crollo a macchia di leopardo della raccolta, dalla Sicilia all’Abruzzo, dalla Liguria alle Marche fino alla Sardegna e alla Lombardia, con punte anche dell’80% in meno rispetto alla media per alcune tipologie.
Un allarme ed un impegno a lavorare per contrastare i cambiamenti climatici perché, come sosteneva Albert Einstein: “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
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