La critica enologica
e gastronomica
in genere è legittima
La critica enologica e gastronomica in genere è legittima, come quella che esiste nell’arte. Se non ci fosse bisognerebbe inventarla, ma nel caso dovremmo pensarla in modo un po’ diverso, perché crea un differenziale all’interno di una categoria di prodotti incidendo sul successo dei medesimi, senza però rispondere ai criteri di oggettività che sottende: determinare il piacere che offre una bevanda, un alimento o un ristorante.
Limitiamo, per semplicità, il campo alle bevande, al vino in particolare. Il problema
principale è rappresentato dal fatto che la critica è monocratica, e tutti
noi siamo coscienti di quali meccanismi psicologici intervengono nel momento
in cui dobbiamo emettere un giudizio o la descrizione di una realtà. Ci
si para quindi dietro l’arroganza dello status di “esperti”. Di questi ne abbiamo
di tre categorie: quelli che sono diventati tali perché hanno bevuto molti vini e
hanno trovato la disponibilità di un mezzo su cui scriverne (la loro importanza
è correlata in modo diretto con la diffusione del medesimo) gli scolarizzati
del gusto e i tecnici. Mio nonno beveva molto, ma non è mai stato nominato
giudice in una competizione enologica, forse perché non aveva studiato filosofia,
materia base che ha dato la stura a tutta una serie di critici gastronomici
nell’ultimo mezzo secolo. Statisticamente non abbiamo la possibilità di
verificare l’affidabilità, l’attendibilità e l’esaustività espressa dai critici, ma
apprezziamo la loro buona volontà e l’opera che svolgono a favore del vino
e di altre bevande. Anche del parere di un singolo tecnico non riusciamo ad
avere validazione statistica, ma nel momento in cui interviene nel suo campo
ha il diritto alla credibilità. Volendo usare una metafora: se un medico esegue
una diagnosi possiamo dargli credito, se giudica l’avvenenza di una paziente
molto meno.
Per primo il mondo del vino ha rilevato la pericolosità dei giudizi monocratici
ed è intervenuta l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino che ha
normato i concorsi determinando un numero minimo di giudici e le loro competenze
e tutta una serie di altre regole volte a garantire l’equità del giudizio.
Nel mondo del caffè l’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè l’ha seguito,
aggiungendo, nell’International Coffee Tasting, la validazione statistica dei
risultati. L’umana condizione non ci consente ancora la perfezione, ma quando
c’è la buona fede e la competenza si può fare molto per evitare che un premio
generi danni, ma produca successo per prodotti davvero meritevoli.
LUIGI ODELLO
DIRETTORE DE
L'ASSAGGIO
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