I vini vulcanici
Tutta l’importanza
del terroir
Terreno vulcanico ai piedi del Vesuvio |
Noi che nel nostro Belpaese abbiamo la fortuna di viverci, noi italiani, lo sappiamo che ci sono più vulcani in Italia che in qualsiasi altro Paese d'Europa?.
Ed
i vulcani con la loro forma troncoconica modellano falde in cui sovente
l’uomo ha impiantato vigneti. Cosa saggia perché il suolo vulcanico
alimenta la vite ad essa donando connotazioni che hanno spiccato
riconoscimento anche nel calice. Non a caso si comincia a parlare di
porre in rete i vini vulcanici, con essi intendendo quei vini fatti da
uve coltivate alle falde dei vulcani. Abbiamo colto al volo l’occasione
di un incontro né frettoloso e né superficiale con uno dei più famosi
winemaker italiani, Vincenzo Mercurio, per intervistarlo proprio sulla
tematica dei vini vulcanici. Vincenzo Mercurio,
winemaker da circa venti anni, si è laureato e specializzato alla
Facoltà di Agraria dell’ateneo federiciano, eroga attività consulenziale
di winemaker per interessanti aziende vitivinicole italiane.
L'Italia è territorio vulcanico. Dai vigneti posti in terre vulcaniche sortiscono vini particolari?
Assolutamente sì, seppure l’essere particolare non è inquadrabile in un descrittore comune. Sicuramente i vini vulcanici sono caratterizzati da note sulfuree, di caucciù, di pietra focaia, di ferodo, di alabastro, ardesia, legate a mio avviso dalla composizione del suolo e soprattutto per la natura sabbiosa sciolta dello stesso. È una questione di disponibilità idrica che gioca un ruolo fondamentale sull’accumulo di metaboliti secondari aromaticamente attivi e di tannini, e sostante azotate.
Sì, proprio così, è una questione di chimica e di fisica!
La Campania felix, ci piaccia o meno, di vulcani se ne intende. Ci dai una mappa dei vini vulcanici della Campania?
La Campania di Vulcani ne ha 3 evidenti, altri nascosti e altri luoghi, inconsapevolmente, sono i custodi dei frutti della loro potenza eruttiva. Mi spiego meglio. Roccamonfina (precedenza ai più anziani) vulcano spento al confine con il Lazio nell’Ager Falernum, Il Vesuvio Monte Somma, la caldera dei Campi flegrei; quest’ultimo è il vulcano più grande d’Europa per estensione ed è anche il più pericoloso. Altri areali sono vulcanici grazie alla contaminazione delle eruzioni vulcaniche.
Quali?
Ti racconto due episodi forse ignoti ai più: 19mila anni fa un ‘eruzione che per la direzione dell’enorme cono di ceneri fu chiamata eruzione di Avellino; 39mila anni fa l’ignimbrite Campana, eruzione con lava da flusso, fenomeno di una potenza distruttiva impressionante, ci ha regalato blocchi di tufo vulcanico in luoghi lontani dai vulcani sopra citati e ne sortirono le falesie della Penisola Sorrentina e di Sant’Agata dei Goti, nel Sannio. Nell’eruzione pliniana più recente del 79 d.C. nota come eruzione di Pompei una straordinaria quantità di lapillo ha reso unici i territori della tua amatissima Penisola Sorrentina.
Oltre ai ricordi d’infanzia, delle mie prime ed inconsapevoli vendemmie, quella che feci con cognizione durante gli studi universitari fu proprio sul Vesuvio a Trecase in via Tirone della Guardia grazie alla curiosità ed all’affetto di zio Raffaele che mi ha sempre seguito. La prima uva fu la Caprettona del Vesuvio, un’uva molto interessante; i profumi di prugna gialla, mandarinetto, pinoli tostati, melone, li ricordo ancora con emozione.
Ma, in definitiva, tutti i vini vulcanici si somigliano oppure ci sono significative differenze gli uni dagli altri?
Una traccia comune c’è: complessità, mineralità, sapidità, leggerezza, acidità moderate, salinità (talvolta) e tanta grinta.
Il territorio vulcanico è di per sè attrattivo, non fosse altro paesaggisticamente. Potremmo parlare di enoturismo di nicchia laddove esso si espleti nelle aree vulcaniche? Hai un caso specifico da porre all’attenzione?
Sì. Assolutamente sì: la grande potenzialità dei vulcani campani: Roccamonfina, Vesuvio, Campi Flegrei, Penisola Sorrentina, Sant’Agata dei Goti, l’Irpinia. Per cominciare bene, credimi, ci vorrebbe una bella interazione con i geologi, che sono profondi conoscitori del mondo vulcanico.
Ci sono alcune lodevoli iniziative work in progress, ma mai rete dei vini vulcanici potrà dirsi completa se non si inserisce un vino come il Falerno, tra i vini più antichi della storia, non a caso il preferito da Orazio. Insomma, il vulcano di Roccamonfina non può essere assente dalla rete.
Tra tutti i vini vulcanici che tu conosci, non ti chiedo il tuo preferito, bensì ti chiedo l'abbinamento più intrigante che ti viene in mente
Ritengo che non ci sia niente di meglio che abbinare quello che si desidera e si ama mangiare. Non mi piace suggerire agli altri cosa è giusto fare, non ritengo di averne le competenze. Me la cavo citando Emile Peynaud: “Ognuno beve il vino che merita”.
Ci si accomiata dal winemaker Vincenzo Mercurio arricchiti di concetti e di nozioni ed ancor più ottimisti circa la percorribilità di un far giungere a compimento la rete dei vini vulcanici.
Si
dice, ed è senz'altro vero, che la qualità del vino nasce nel vigneto.
Con ciò si intendono le cure che si prestano al vigneto ma a monte c'è
proprio il “vigneto” in sè: la sua vigna ed il suo terreno. Ecco, quanto
incide il suolo?
“Il vino è storia di terra,
vitigni e di uomini”, in questo che è il mio motto vi è racchiuso il
complesso concetto di terroir. Nel suolo, supporto naturale dove le viti
crescono ed esprimono il loro carattere, ci sono informazioni di grande
preziosità che le radici traducono in un linguaggio magico ed
universale che si chiama mineralità. Opinione di molti ricercatori è che
la composizione del suolo sia assolutamente scollegata dalla sensazione
minerale che secondo altri addirittura non sarebbe nemmeno da
considerare valida. La mia invece è una convinzione nata dall’esperienza
vissuta sui vulcani (alle falde di uno di questi, il Vesuvio, ci ho
vissuto per 25 anni). La mia prima vendemmia con mio nonno e mio padre
fu proprio lì sul Vesuvio nel 1979, quella luce, quei profumi e quella
terra nera non li dimenticherò mai. Il suolo è uno degli elementi
fondamentali costituenti il terroir.L'Italia è territorio vulcanico. Dai vigneti posti in terre vulcaniche sortiscono vini particolari?
Assolutamente sì, seppure l’essere particolare non è inquadrabile in un descrittore comune. Sicuramente i vini vulcanici sono caratterizzati da note sulfuree, di caucciù, di pietra focaia, di ferodo, di alabastro, ardesia, legate a mio avviso dalla composizione del suolo e soprattutto per la natura sabbiosa sciolta dello stesso. È una questione di disponibilità idrica che gioca un ruolo fondamentale sull’accumulo di metaboliti secondari aromaticamente attivi e di tannini, e sostante azotate.
Vincenzo Mercurio
Insomma è una questione di chimica e di fisica?Sì, proprio così, è una questione di chimica e di fisica!
La Campania felix, ci piaccia o meno, di vulcani se ne intende. Ci dai una mappa dei vini vulcanici della Campania?
La Campania di Vulcani ne ha 3 evidenti, altri nascosti e altri luoghi, inconsapevolmente, sono i custodi dei frutti della loro potenza eruttiva. Mi spiego meglio. Roccamonfina (precedenza ai più anziani) vulcano spento al confine con il Lazio nell’Ager Falernum, Il Vesuvio Monte Somma, la caldera dei Campi flegrei; quest’ultimo è il vulcano più grande d’Europa per estensione ed è anche il più pericoloso. Altri areali sono vulcanici grazie alla contaminazione delle eruzioni vulcaniche.
Quali?
Ti racconto due episodi forse ignoti ai più: 19mila anni fa un ‘eruzione che per la direzione dell’enorme cono di ceneri fu chiamata eruzione di Avellino; 39mila anni fa l’ignimbrite Campana, eruzione con lava da flusso, fenomeno di una potenza distruttiva impressionante, ci ha regalato blocchi di tufo vulcanico in luoghi lontani dai vulcani sopra citati e ne sortirono le falesie della Penisola Sorrentina e di Sant’Agata dei Goti, nel Sannio. Nell’eruzione pliniana più recente del 79 d.C. nota come eruzione di Pompei una straordinaria quantità di lapillo ha reso unici i territori della tua amatissima Penisola Sorrentina.
Vigneto sulle pendici del Vesuvio
Hai un'esperienza particolare da raccontare che ti ha visto coinvolto con i vini vulcanici? Oltre ai ricordi d’infanzia, delle mie prime ed inconsapevoli vendemmie, quella che feci con cognizione durante gli studi universitari fu proprio sul Vesuvio a Trecase in via Tirone della Guardia grazie alla curiosità ed all’affetto di zio Raffaele che mi ha sempre seguito. La prima uva fu la Caprettona del Vesuvio, un’uva molto interessante; i profumi di prugna gialla, mandarinetto, pinoli tostati, melone, li ricordo ancora con emozione.
Ma, in definitiva, tutti i vini vulcanici si somigliano oppure ci sono significative differenze gli uni dagli altri?
Una traccia comune c’è: complessità, mineralità, sapidità, leggerezza, acidità moderate, salinità (talvolta) e tanta grinta.
Il territorio vulcanico è di per sè attrattivo, non fosse altro paesaggisticamente. Potremmo parlare di enoturismo di nicchia laddove esso si espleti nelle aree vulcaniche? Hai un caso specifico da porre all’attenzione?
Sì. Assolutamente sì: la grande potenzialità dei vulcani campani: Roccamonfina, Vesuvio, Campi Flegrei, Penisola Sorrentina, Sant’Agata dei Goti, l’Irpinia. Per cominciare bene, credimi, ci vorrebbe una bella interazione con i geologi, che sono profondi conoscitori del mondo vulcanico.
Vigneti sull'isola di Ponza
Una
rete tra i vitivinicoltori delle aree vulcaniche che abbracci tutto il
Bel Paese è in fieri, quando la si può ritenere completa?Ci sono alcune lodevoli iniziative work in progress, ma mai rete dei vini vulcanici potrà dirsi completa se non si inserisce un vino come il Falerno, tra i vini più antichi della storia, non a caso il preferito da Orazio. Insomma, il vulcano di Roccamonfina non può essere assente dalla rete.
Tra tutti i vini vulcanici che tu conosci, non ti chiedo il tuo preferito, bensì ti chiedo l'abbinamento più intrigante che ti viene in mente
Ritengo che non ci sia niente di meglio che abbinare quello che si desidera e si ama mangiare. Non mi piace suggerire agli altri cosa è giusto fare, non ritengo di averne le competenze. Me la cavo citando Emile Peynaud: “Ognuno beve il vino che merita”.
Ci si accomiata dal winemaker Vincenzo Mercurio arricchiti di concetti e di nozioni ed ancor più ottimisti circa la percorribilità di un far giungere a compimento la rete dei vini vulcanici.
di Vincenzo D’Antonio
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