Abbiamo ricevuto un sacco di critiche per aver scritto sull’ultimo e-zine di MELIUS che l'unico futuro per l’Ho.Re.Ca, nel mondo e in Italia, è quello che parte da come eravamo prima del coronavirus. Tutto il resto non ha senso e lo dimostra chiaramente la nota tradotta qui in italiano.
È più giusto e onesto dire questa verità che illudere la gente. Come per esempio stanno facendo i “consulenti” che offrono webinar (a pagamento) su come i ristoranti devono gestire la crisi del coronavirus. Ma come si fa? |
Questo non è assolutamente un invito a non rispettare leggi, regole o decreti di nessun Paese né è una istigazione alla disobbedienza.
Questo è solo un appello a non smettere di pensare criticamente e a non accettare passivamente quello che Governi, politici e sedicenti esperti stanno pianificando per il futuro della Ristorazione a seguito della pandemia Covid-19.
È un appello che nasce da discussioni con i membri di MELIUS, la rete dei World’s 100 Best Italian Restaurants e quella dei Leading Italian Restaurants. È un appello nato per loro ma in realtà va a tutti coloro che formano l’universo della Ristorazione a livello mondiale, quelli che ci lavorano, i proprietari e i fornitori.
Non prendiamoci in giro e soprattutto non facciamoci prendere in giro. La verità è solo una: non c’è futuro sostenibile per la ristorazione se non si ritorna a dove eravamo prima della pandemia. E bisogna tornarci prestissimo. I Governi, gli scienziati, gli esperti hanno il compito di lavorare per trovare il modo di come farlo. È la loro responsabilità, sono stati eletti, selezionati e pagati per trovare soluzioni in situazioni del genere. Se non ne sono capaci si facessero da parte, lasciassero provare a chi è più capace di loro. È troppo facile indicare come soluzione la distruzione di una enorme fetta dell’economia, l’Ho.Re.Ca.
Qui non stiamo parlando di un Paese in particolare, stiamo parlando di tutti quei Paesi in cui i governi hanno imposto un lock down totale ai ristoranti e stanno pensando a riaperture a condizioni impossibili oltreché ingiuste. Titoli nei media del tipo: “Le cose non torneranno mai come prima” non solo sono privi di senso ma sono anche criminali. I clown che li fanno non si rendono conto che sono in ballo milioni di aziende e intere economie. Una cosa è uno stop temporaneo un’altra l’introduzione di cambiamenti radicali. Ogni cambio forzato e improvviso al settore dell’Horeca, anche il più piccolo, porta con sé devastanti effetti finanziari, distruzione di cultura e perdita di vite umane in numeri anche molto più grandi di quelli attribuiti al Covid-19.
Si certo, la sicurezza sanitaria prima di tutto, per i clienti, lo staff e la comunità intera. Dobbiamo proteggerci dal Covid-19 ma anche da tutte le altre infezioni, come abbiamo sempre fatto. Dov’è la novità? La sicurezza sanitaria non può venire all’inaccettabile costo della chiusura dei ristoranti o delle vessatorie restrizioni che si pensa di applicare alla loro riapertura. Anche perché sarebbero inutili. È ampiamente provato che in molti Paesi la gente non rimane contagiata perché va al supermercato o al ristorante.
Facciamo sentire la nostra voce
Parlando con molti associati a Melius abbiamo notato una sorta di rassegnazione collettiva ad accettare gli apocalittici e mortiferi scenari che i media – con la complicità dei cosiddetti esperti – dipingono per il futuro della Ristorazione. Un atteggiamento senza spiegazione apparente, considerato che molti di loro sono sul punto di perdere il loro lavoro e/o il loro business o condannati a bruciare ricchezza, risparmi e stabilità finanziaria delle famiglie costati anni di duro lavoro.
Quasi tutta la ristorazione mondiale, in realtà, ha avuto lo stesso atteggiamento, particolarmente nelle prime settimane della pandemia. Perché’? Perché come i membri di Melius, le donne e gli uomini al comando, nella Ristorazione nel mondo, sono prima di tutto cittadini responsabili che rispettano leggi e decreti.
Ma rispettare le restrizioni non significa rinunciare a pensare criticamente o al diritto di dissentire, privatamente e pubblicamente, con quelle misure. Purtroppo troppi rappresentanti della Ristorazione, incluso molti membri di Melius ma anche del network itchefs-GVCI, hanno fatto esattamente quello. Chef rispettati, ristoratori, direttori di sala, hanno scelto di buttare via tempo prezioso in infantili “sfide” sui sociali media o, peggio ancora, condividendo notizie fake - alimentando la interminabile isteria pubblica sul virus - piuttosto che criticare gli indiscriminati e prolungati lock down imposti alle loro aziende o gridare la loro opinione contro la idea suicida che vuole il Ristorante del futuro come la corsia di un ospedale.
Molti sono stati zitti per paura di diventare nei social media un bersaglio dei denigratori shit-storm (come li chiama il filosofo Buyng-Chul Han) promossi dagli zeloti del lock-down. Quelli che ovviamente non hanno nulla da perdere se la Ristorazione non si riprende e subito.
Hanno sbagliato, abbiamo sbagliato e sbagliamo anche adesso se non ci facciamo sentire. Lo dobbiamo fare a tutti i livelli: personale, come gruppo di ristoranti, ma anche come Ristorazione nel suo insieme. In Italia per esempio finalmente qualcosa sta succedendo con il gruppo Facebook Ho.Re.Ca Unita (https://www.facebook.com/
Chiunque lavora nella Ristorazione, non solo nei ristoranti di Melius, dovrebbe dedicare quanto più tempo è possibile a pensare criticamente alla situazione e a sostenere concretamente la unica e sola possibile uscita da questo incubo: il futuro, il nostro futuro, inizia prima del Covid-19, bisogna ripartire da lì. Non ci sono alternative. Non è corporativismo, è brutale buon senso.
Proteggiamo il nostro futuro
Se tu, come ristoratore/cuoco/ cameriere, pensi che “questa idea del distanziare i tavoli al ristorante è una cretinata” lo devi dire pubblicamente. Non importa quello che dicono i virologi e gli altri esperti. Se tu, come la stragrande maggioranza degli operatori della ristorazione, sei convinto che il “Rischio Zero” non potrà mai essere raggiunto o se pensi che obbligare un ristorante a dimezzare i suoi posti non ha nessun senso, specialmente se quel locale fa un utile solo quando è pieno, allora non esitare: dillo. Non privarti del diritto di scrivere nei social media (se lo pensi) che il ristorante – il tuo prima di tutto - non può diventare una corsia di un ospedale, che la vita non può essere questa e che non è la distanza tra i tavoli che garantisce la protezione. I clienti possono contagiarsi nel bagno, quando arrivano o quando escono, toccando la sedia dove si è seduta un’altra persona (cose che poi sono ancora da dimostrare scientificamente). Dobbiamo farci sentire. Adesso, prima che sia troppo tardi.
Solo informazioni utili al ritorno alla normalità
Dobbiamo stare attenti alle informazioni che assorbiamo. Dobbiamo combattere quelle false. Sì, c’è confusione spesso, troppe fonti che per giunta si contraddicono tra di loro. Nel dubbio selezioniamo e condividiamo solo quelle che sostengono il nostro business, il nostro network e la ristorazione. Non è corporativismo, è legittima difesa. Qualche esempio? Apprendiamo di più sulle ricerche di scienziati come il Professor Hendrik Streeck, il rispettato virologo dell’Università di Bonn, che ha studiato il caso di Heisenberg, la Wuhan della Germania. Streeck ha concluso che lì era più facile essere contagiati in ospedale che al supermercato o al ristorante.
Leggiamo di più sulle ricerche di John Ioannidis, Professore di Medicina, Health Research Policy e Biomedical Data Science, alla Stanford University School of Medicine. Basandosi sui suoi calcoli della differenza tra il tasso di mortalità del covid-19 in Spagna, Germania e New York Ioannidis ha concluso che abbiamo bisogno di dati più accurati, quelli raccolti casualmente e che abbiamo usato finora non servono o quasi, confondono le statistiche. Il ricercatore è convinto che il tasso di mortalità del 3,5% calcolato dall’OMS, su dati casuali, non sia veritiero. Secondo lui un tasso tra lo 0,05% e l’1% è molto più realistico (e non è lontano peraltro da quello delle influenze stagionali). Se le sue stime saranno confermate le misure di lock down prese in tutto il mondo sarebbero a dir poco eccessive e nessuna, nessuna futura forma di restrizione per i ristoranti sarebbe giustificata.
Per cominciare, una prima conferma indiretta è venuta proprio dai suoi colleghi della Stanford University. Eran Bendavid, professore associato di Medicina, ha svolto di recente una ricerca nella Contea di Santa Clara (California). Conclusioni? il numero di persone contagiate dal coronavirus sarebbe decine di volte più alto di quanto stimato prima. In altre parole il contagio è dalle 50 alle 85 volte più comune di quanto le statistiche ufficiali dicano. Questo significa che il virus è potenzialmente molto meno mortale di quanto ritenuto inizialmente: solo dallo 0,12 allo 0,20 invece del tasso del 4,01 % di tutti gli Stati Uniti.
Se le conferme arriveranno anche da altri Paesi, questa sarebbe la prova definitiva che lo scopo principale dei lock-down nazionali è stato quello di prevenire il sovraccarico delle strutture ospedaliere e dei servizi sanitari nazionali. Sacrificare i ristoranti non avrebbe nulla a che fare con le misure per debellare il virus.
Ci sarebbero tanti altri esempi ma questi sono molto eloquenti perché mostrano anche quanto sia necessario combattere e fermare l’ossessione dei media, specializzati o no, per il futuro dei ristoranti. Le separazioni ai tavoli con il plexiglass, le macchinette che fanno suonare la sirena se un cliente ha la febbre, l’annuncio della fine del caffè al banco, sono solo cretinate. Le alimenta la peggior generazione giornalistica dell’ultimo secolo (con le dovute eccezioni) che ha enormi responsabilità per la perniciosa infodemia che ha diffuso in queste settimane.
Per la Ristorazione, per quella in generale e per quella del nostro network, in futuro sostenibile è uno solo: ripartire da dove eravamo prima del coronavirus. E farlo al più presto possibile con il giusto, significativo e tempestivo supporto dei Governi. Ogni altra soluzione sarà solo un enorme suicidio collettivo che né noi e né soprattutto i nostri clienti possiamo accettare.
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