NELLE LIBRERIE
BELLUNESI C'E'
L'ULTIMO LIBRO
DI SOSTENE SCHENA:
"NON E' UN ROMANZO"
Non è un romanzo. Allora è un’autobiografia? Certamente sì, se stiamo a quanto asserisce l’Enciclopedia Treccani: «Narrazione della propria vita o di parte di essa, soprattutto come opera letteraria». Ma anche in parte autobiografia spirituale, intellettuale se «più che gli avvenimenti esterni ripercorre le vicende dello spirito, del pensiero, l’attività di studio e di ricerca».Detto
ciò, appare evidente che Sòstene Schena,
all’approssimarsi delle sue 84 invidiabili primavere, ha fatto come fanno molti
quando “arrivano ad una certa età”: si raccontano dando la stura ai ricordi.
Senza falsi pudori, senza reticenze, magari anche con un pizzico di orgoglio.
Sì, perché è importante essere titolari di un’esistenza da raccontare. Vuol
dire che si possiedono ricordi da condividere con altre persone. Vuol dire che
non si è vissuti nell’aridità del binomio casa-bottega e non si è escluso qualsiasi
altro ambito sociale entro il quale essere riusciti a sviluppare rapporti interpersonali,
amicizie, amori. Ma anche avere perseguito, e in parte raggiunto, obiettivi
comuni e avere praticato interessi comuni, quelli che ti danno soddisfazione,
che ti arricchiscono e ti aprono sempre nuovi orizzonti.
Siamo
abituati, però, a considerare l’autobiografia come un terreno esclusivo di chi
“conta” o è destinato a passare la storia per azioni e circostanze che lo hanno
visto protagonista. Ma perché? Chiunque di noi, se ha davvero qualcosa di
interessante da raccontare, ha tutto il diritto di cimentarvisi senza temere
accuse di presunzione o di vanagloria. Poi sarà il lettore a giudicare se
abbiamo fatto centro oppure no.
Sòstene aveva da raccontare soprattutto una vita
professionale assai lunga e non ancora arrivata al capolinea, ovvero quella di
colui che pratica il cosiddetto “mestiere più bello del mondo”. E le pagine di
questo libro, al lettore che giornalista non è, danno la spiegazione di che
cosa significhi il “mestiere più bello del mondo”. Nel contempo smentiscono la
retorica definizione di giornalismo secondo la quale è “sempre meglio che
lavorare”.
Qui
il nostro autore dimostra che, come tutte le professioni, se svolto con senso
di responsabilità, è lavoro a tutti gli effetti, talvolta faticoso, altre volte
piacevole, in qualche frangente anche frustrante, altre volte ancora
gratificante. E diventa il “più bello del mondo” quando ti dà la possibilità di
conoscere molte persone, di accostarti alle più disparate realtà, di capire ciò
che ti circonda e di implementare il tuo bagaglio culturale ogni giorno di più.
In questo libro tutto ciò è sapientemente narrato e compreso in una sorta di film
la cui sceneggiatura si sviluppa nello stesso modo di un’esistenza umana. E
l’autore, nel medesimo tempo, firma il soggetto, ne è protagonista, dà il
proprio nome alla regìa, in qualche passaggio ne è addirittura spettatore e con
il fluire delle parole ne compone pure la colonna sonora.
Esperto di enogastronomia e turismo, blogger, sommelier, con qualche digressione nell’esoterismo, Sòstene si è raccontato con coraggio ed autoironia. Se questo suo libro è un film non si può non augurargli che i titoli di coda siano ancora lontani. Se, invece, è un lungo articolo di giornale, diciamo che vi sono ancora indefinite colonne bianche da riempire. Mettiamola così, giacché si tratta di un collega giornalista!
Dino Bridda
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