Sulle rive del Lago di Garda, a Desenzano (Bs) sorge Mos: un luogo libero da sovrastrutture e dove un approccio culinario spontaneo ne identifica la filosofia gastronomica. Potente interprete di una cucina che legge le radici e le valorizza rendendole complementari: il titolare e cuoco Stefano Zanini. Mos è il foglio bianco su cui scrivere una storia: la materia prima lacustre viene plasmata in maniera appassionata e creativa, unendo origine e futuro nello stesso piatto.
Stefano Zanini e la libera interpretazione della cucina
Il cuoco Stefano Zanini è nato a Peschiera del Garda (Vr), classe 1995; dal 2010 al 2015 ha frequentato l’Istituto Alberghiero Ipsar Carnacina a Valeggio sul Mincio (Vr), dando importanza alla parte formativa del percorso e cercando di capire come sviluppare le successive fasi di crescita personale e conoscenza professionale affinché una passione potesse essere trasformata seriamente in professione, acquisendo tutte le nozioni possibili per potere un giorno aprire un luogo tutto suo.
Terminata la scuola è partito per il primo viaggio ad Helsinki in Finlandia al Palace Restaurant, ristorante stellato di taglio nordico francese con un’organizzazione prettamente orizzontale: benché ci fossero ruoli ben stabiliti ognuno doveva essere in grado di saper fare tutto, rigidità e sistema ferreo erano i punti cardine. Una cucina fatta di crescita, comprensione del prodotto e ricerca delle lavorazioni per esprimerlo al meglio.
Arriva poi al St. Hubertus da Norbert Niederkofler che per me ha significato prendere contatto con il rigore di un ristorante e con una brigata importante e numerosa, in cui il prodotto viene maniacalmente selezionato, lavorato con tecniche altissime e rispettato pienamente nella sua identità montana. Parigi alla Brasserie Thomieux è stata probabilmente l’esperienza più illuminante: un’antica Maison che ha fatto la storia a Parigi: centoventi coperti, cotture al momento “à rosé”, al burro, al Josper, alla plancha… insomma l’orchestra doveva suonare perfettamente sempre all’unisono. Poi Le Meurice chez Alain Ducasse, dove giro tutte le partite riuscendo a capire il possibile e l’impossibile di quella mitica cucina.
Le Isole Eolie a Salina insieme a Martina Caruso all’Hotel Signum sono arrivate come una ventata di calore e di scatto di ruolo: libertà estrema di espressione che accarezzava la casualità nell’accostare eccellenze di una terra magica come la Sicilia; il Signum è arrivato anche per “sfiatare” dopo il nord e tanto freddo, necessitavo “scaldare” tutto quello che aveva accumulato negli anni precedenti, farlo emergere e capire di lì in poi il suo futuro. Se definisce Alain Ducasse il suo maestro professionale, la famiglia Caruso è stata la sua maestra di vita, punti fermi e indelebili del suo percorso di crescita e apprendimento.
Alla fine di questo indimenticabile viaggio durato sei anni, arriva l’apertura di Mos nel maggio 2021 (dal latino mos, mores, maiorum, il costume degli antenati). Zanini decide di tornare da dove è arrivato, dal Lago di Garda e sceglie Desenzano perché è bella, virtuosa 12 mesi l’anno, variegata e priva di un’offerta di fine-dining.
Zanini definisce i punti cardine del suo pensiero gastronomico, i suoi valori, legati profondamente alle sue esperienze pregresse: l’applicazione di un rigore naturale nella quotidianità in cucina, l’importanza al fattore umano e alla libertà individuale e la spontaneità nell’approccio culinario di tutti i giorni. La spontaneità la trova nelle scelte alla base di un piatto, dei fornitori, di una linea che lo identifichi al meglio, nell’apprendere che la materia prima lacustre sta nelle mani in maniera spontanea e naturale; da qui il legame intrinseco alla concezione della cucina italiana che arriva dagli orti e dai cortili dove, una volta, quando dovevi creare un piatto e non avevi un ingrediente lo sostituivi con un altro trovato nell’orto, come ad esempio nello spaghetto al pomodoro, se non ha il basilico il cuoco può andare a raccogliere qualche foglia di origano fresco.
La libertà di interpretazione è la chiave del suo racconto di lago. Le sue fonti d’ispirazione per il processo creativo provengono dal mondo dell’arte, della musica e soprattutto della narrativa di qualsiasi genere poiché crede profondamente che «la cultura crea un pensiero. Leggo le mie radici e le valorizzo rendendole complementari».
Lago e terra, cucina complementare
Il cuoco è arrivato sul lago attraverso un moto spontaneo che lo ha riportato alle origini, pur non conoscendo i suoi segreti, ha deciso di ripartire da qui e dal suo bagaglio umano e culturale acquisito per costruire la sua realtà. Sei mesi di studio e ricerca sul territorio a Verona sono stati la linea di partenza, il motore ideativo che si è concretizzato in seguito parlando alle persone del luogo, scoprendo il valore del racconto di un territorio ancora enogastronomicamente poco valorizzato. «Ho pensato dunque che il binomio “lago e terra” fosse un elemento che oltre a coesistere nella realtà dovesse coesistere anche nel piatto attraverso il concetto di complementarietà».
Mos nasce così in una calda giornata di primavera 2021: trenta coperti, coraggio e passione per un territorio ancora parzialmente inesplorato. Il ristorante è stato rilevato da una coppia di signori anziani, in una posizione particolarmente bella, “Il Molo Vecchio” di Desenzano. «Concentro la mia vena creativa nel territorio, nel lago, nella terra, nelle persone e nel cercare la complementarietà di tutti questi elementi: partendo dalle origini, passando per le esperienze e creando connessioni», spiega il cuoco. italiaatavola
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