Coi bambini
al ristorante? Ecco come comportarsi
Per molti genitori andare al ristorante con i figli piccoli può essere un'esperienza scoraggiante o faticosa. Non riuscire a gestirli al meglio può diventare un problema. Per Valerio Beltrami, presidente dell'Associazione maitre italiani ristoranti e alberghi, l'attenzione nei loro confronti deve venire prima di tutto
Come spesso accade, anche su questo tema si sono formate due opposte fazioni, una sorta di tifoseria da stadio: da una parte i child-free; dall’altra le famiglie che vogliono sentirsi libere di portare i propri pargoli anche al ristorante.
Valerio Beltrami, presidente di Amire, l'Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi, invece «i bambini hanno tutto il diritto di stare al ristorante. Sono dei veri e propri clienti speciali».
Però bisogna sapersi comportare nel modo giusto in sala. Vediamo come.
Coi bambini al ristorante? Vediamo cosa dice la legge
Innanzitutto è necessario porsi un fondamentale questito: è legale vietare l’accesso ai bambini a un pubblico locale?
Partiamo dalle basi, ossia da quello che dice la legge: “Salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del Codice penale, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Così recita l’articolo 187 del Tulps, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza. Quindi, in breve: no, non è legale escludere a priori una categoria di persone da un pubblico esercizio, e per pubblico esercizio si intendono pensioni, alberghi e ovviamente ristoranti. Nello specifico l’articolo 689 dice che: “L’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a un minore di anni sedici, o a persona che sappia affetta da malattia di mente o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, è punito con l’arresto fino a un anno”. Quindi, nessun ristoratore o albergatore può rifiutarsi di servire un cliente.
Attenzione al “legittimo motivo”
Bisogna fare grande attenzione e all’interpretazione dell’espressione “legittimo motivo”, che in questo caso deve essere valutata considerando i diritti tutelati dalla Costituzione: il divieto non deve essere discriminatorio. Non può quindi essere considerato legale il fatto di vietare ai bambini l’accesso a un ristorante per il semplice fatto che possano infastidire altri clienti con la loro semplice presenza. Si tratterebbe infatti di un motivo discriminatorio. Un po’ come escludere a prescindere gli anziani, o gli stranieri. Diverso è il discorso quando il divieto si riferisce a una sola area di un albergo, come una Spa, o a una parte riservata di un locale.
Il buonsenso ci salverà
Abbiamo visto, dunque, che vietare per partito preso a una famiglia di portare il proprio figlio al ristorante non solo non è possibile, ma va in tutto e per tutto contro la Costituzione italiana. Quindi, nessuno potrebbe impedire l’ingresso di un bambino in un locale pubblico.
I puristi del no-child motivano la loro necessità di escludere i più piccoli parlando di schiamazzi, corse fra i tavoli, volume troppo alto di tablet e smartphone. In altre parole: mancanza di educazione. Ma i responsabili, senza alcun dubbio, in questi precisi casi sono solo ed esclusivamente i genitori.
Quindi che fare? Non resta che appellarsi al buonsenso di tutti: dei clienti senza figli, che anche loro potrebbero recare fastidio ad altri commensali con risate troppo forti, urla, schiamazzi; dei genitori, che dovrebbero saper governare i propri figli per far sì che non siano d’intralcio a nessuno; e del personale di sala, che talvolta deve pazientemente gestire sia l’una, che l’altra categoria sopracitate.
I bambini hanno diritto di andare al ristorante
«Ai miei colleghi dico sempre che il nostro lavoro è fatto di cortesia e se ci sono dei bambini dobbiamo riservare anche a loro le attenzioni che riserviamo a qualsiasi altro cliente». A parlare è il presidente dell’Associazione Maitre Italiani Ristoranti e Alberghi Valerio Beltrami, che non ha nessun dubbio: «I bambini hanno tutto il diritto di stare al ristorante. Senza se e senza ma».
«Quando tratti bene il figlio al tavolo la famiglia poi ti è riconoscente - continua il presidente di Amira - Per questo l’attenzione ai bambini deve venire prima di tutto: lo dico sempre al mio personale. È fondamentale saper gestire ogni singolo cliente».
Per Beltrami un giovane ospite dev’essere trattato con maggiore riguardo per rendere speciale l’esperienza del resto della famiglia: «I bambini sono clienti speciali, come può essere una persona anziana, ad esempio - sottolinea - Quando ci sono questi ospiti è sempre bene riservare loro delle attenzioni ulteriori: possono essere serviti per primi o possono aver bisogno di un determinato tavolo posizionato in una zona speciale del ristorante. Noi personale di sala dobbiamo essere sempre pronti ad accontentare, nel limite del possibile, tutti i clienti. È questo che differenzia un cameriere normale da un grande cameriere. Per qualcuno è un disturbo? Per me no, non lo è mai stato e mai lo sarà: io porto al tavolo con la stessa passione un piatto di caviale e un piatto di pasta al pomodoro».
Noi personale di sala dobbiamo essere sempre pronti ad accontentare, nel limite del possibile, tutti i clienti. È questo che differenzia un cameriere normale da un grande cameriere. Per qualcuno è un disturbo? Per me no, non lo è mai stato e mai lo sarà: io porto al tavolo con la stessa passione un piatto di caviale e un piatto di pasta al pomodoro.
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