Ristoranti: ecco le giuste tecniche di vendita
che fanno crescere
lo scontrino
Giacomo Pini, consulente ed esperto di marketing della ristorazione svela alcuni degli “ingredienti segreti” in grado di rilanciare un locale o di far fare un vero e proprio salto di qualità a un’attività. Il fine è sempre lo stesso: conoscere bisogni e gusti del cliente, in modo da conquistarne non solo il palato, ma anche la sua anima
Siamo davanti a due oggetti, con due prezzi differenti e uno stesso scopo di utilizzo. Ma uno è dentro una scatola di cartone mezza rotta, l’altro è all’interno di una confezione che presenta tutte le informazioni rilevanti per il suo utilizzo e in più viene direttamente consegnata da un tecnico che ne illustra i vantaggi e risolve ogni dubbio. Fosse anche che il primo costasse la metà del secondo, quale si sceglierebbe?
Ognuno, quando si trova a dover prendere una decisione, sovente è preso da dubbi. Lo stesso vale per i clienti dei ristoranti. “Perché il prezzo è così alto? Sarà buono il rapporto qualità prezzo?”, oppure ,“Che vino prendo insieme al piatto ordinato? Non so scegliere; forse è meglio ordinare soltanto l’acqua”.
Cosa è possibile fare per supportare il cliente e guidarlo verso una scelta soddisfacente per lui e redditizia per il locale?
Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L’Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali". Insieme al suo staff, grazie a una lunga esperienza nel comparto, ha individuato le strategie di vendita più efficaci per rilanciare un’attività o per contribuire a mettere in atto un vero e proprio salto di qualità.
Giacomo Pini
Approfondiamo l’ultima intervista, dove parlavamo di customer experience e di formazione del personale alla vendita. Quali sono i segreti per aumentare lo scontrino medio in un locale?
Aumentare lo scontrino medio è una sfida interessante, perché ovviamente il risultato è legato a un aumento del fatturato e del margine. Aumento che diventa ancora maggiore se si impara a vendere in maniera strategica. Ad esempio, se aumento lo scontrino medio vendendo più piatti di una portata in menu che però risulta essere la più gravosa in termini di costo per la lavorazione che richiede, allora vedrò sì aumentare il fatturato, ma non il margine. Questo verrà infatti corroso dalla serie di costi che mi trovo ad affrontare. È quindi questa una soluzione consigliabile? Assolutamente no; specialmente non ora con i costi delle materie prime e dell'energia che continuano a crescere. Si rischia infatti di perdere totalmente il controllo della gestione economica del ristorante. È quindi ovvio che per riuscire ad aumentare lo scontrino medio devo prima conoscere a fondo il locale, la sua proposta culinaria e tutti i “numeri” che è in grado di generare.
Conta quindi anche costruire un buon menu per vendere bene?
La carta è fondamentale: il menu deve essere costruito per esser funzionale alla vendita. Certo, deve rispondere a parametri legati all’estetica e rispecchiare l’immagine del brand e del locale, ma prima di tutto deve aiutare a vendere. Se si riescono a mettere insieme numeri, formato e contenuto allora si è sulla via della carta vincente.
Secondo la tua esperienza, ci potresti fornire un esempio concreto?
Prendiamo come caso pratico un format di ristorazione con offerta verticalizzata sul sushi seguito dal nostro team in GpStudios. Il menu utilizzato era abbastanza standard, il problema era che c’erano troppe referenze; in altre parole, un’esagerazione di proposte che non erano nemmeno così popolari tra la clientela, gravando quindi per due volte sui costi (spazio occupato inutilmente sul menu, ingredienti comprati in quantità eccessiva e utilizzati solo in poche preparazioni, alti sprechi e basso potenziale di vendita). Come abbiamo agito quindi? Prima di tutto abbiamo analizzato tutte le referenze e a ciascuna abbiamo assegnato un punteggio per individuare in classifica quelle più popolari e redditizie. Dopodiché le abbiamo messe in evidenza tramite elementi grafici in un più ampio progetto di restyling della carta. Il risultato? Un aumento del 14% delle vendite nel brevissimo tempo, e un aumento altrettanto cospicuo del margine perché sono stati venduti più piatti redditizi. Tutto questo grazie a una strategica valorizzazione delle referenze presenti sul menu.
I menu digitali hanno la stessa efficacia di quelli cartacei?
Le opinioni sono contrastanti su questo punto. Logicamente dipende da come sono costruiti. Pensiamo ai kiosk menu di McDonald’s. Sono fatti benissimo se analizzati dal punto di vista delle vendite. Il loro approccio può risultare un po’ aggressivo, ma funziona. Prima di farti pagare e chiudere l’ordine il menu segnala una serie di proposte e a ogni passaggio applica tecniche di vendita suggerita da manuale. Clicchi per ordinare un panino e ti chiede se “sei sicuro di” non voler scegliere il menu con patate fritte e bibita, perché “così risparmi”. Poi, una volta scelto il panino ti chiede se vuoi aggiungere formaggio, bacon o togliere i cetriolini; dopodiché si passa alle salse, ai dolci, alle bevande calde e così via. Quindi il menu digitale è decisamente vantaggioso per alcuni aspetti. Basti considerare i costi irrisori per aggiornarlo, molto più bassi rispetto alla carta stampata. È anche molto più facile da condividere tramite QRcode e link. Ma se non è costruito secondo le regole dell'ingegneria del menu, sarebbe un errore pensare che sia automaticamente più funzionale alla vendita.
Cosa suggerire invece a quei locali che non hanno il menu?
In questo caso è tutto nelle mani del personale di sala. Parliamo di veri e propri professionisti capaci di dare un reale valore aggiunto all’esperienza del cliente nel ristorante, se formati adeguatamente. Mettendo in pratica un mix di tecniche di storytelling e di suggestive selling riescono a mantenere alto lo scontrino medio del locale, che si tratti di bassa affluenza o di un momento di punta. Anzi, in questi momenti sono anche in grado di consigliare quei piatti che riescano a soddisfare la clientela senza ingolfare la cucina. A volte basta un sorriso in più, un modo di parlare che persuade il cliente che finisce per fidarsi completamente di chi lo sta sapientemente consigliando. Questo vale nel modo di porsi e nel tono utilizzato tanto quanto nelle parole utilizzate.
Potresti fare un esempio di tecnica di vendita usata dal personale?
In pizzeria ad esempio: un tavolo, 4 coperti, due coppie di amici, età sui 30 anni, ordinano 4 margherite. Applicare una tecnica di vendita efficace ad aumentare lo scontrino medio come l’upselling significherebbe riuscire a inserire in comanda almeno una pizza speciale del mese, individuando chi tra i 4 sarebbe disposto ad assaggiare qualcosa di diverso dal solito, oppure una margherita con bufala, convincendone un altro con la freschezza del prodotto, e in più un fritto misto, per ingannare l’attesa. E sulle bevande? Se il format lo permette, si potrebbe trasformare una birra alla spina in una birra artigianale oppure in un cocktail in pairing.
Queste tecniche sono realmente efficaci?
Assolutamente sì. Ci sono diversi studi sul tema dell’utilizzo del linguaggio positivo e dell’influenza che riesce a generare sul cliente in termini di processi decisionali in fase di acquisto. In un altro progetto che abbiamo seguito abbiamo creato un intero manuale pensato proprio per la sala, mettendo a punto standard di accoglienza e gestione del cliente che tenessero conto di questo. Anche qui, i benefici di questo sono stati diversi e considerevoli. Innanzitutto, il personale si è trovato più self-confident davanti al cliente, più preparato e capace di gestire ogni servizio. Sapendo come muoversi, cosa dire e come gestire imprevisti o richieste particolari, ogni addetto in sala ha saputo aumentare lo scontrino medio dei clienti personalmente seguiti di quasi un 10%. Senza tralasciare il fatto che i social si sono riempiti di recensioni positive per l’ottimo servizio, instaurando così un passaparola positivo.
Un esempio di linguaggio positivo?
Il linguaggio positivo è anzitutto verbale: l’utilizzo di espressioni come “vantaggioso”, “risparmio”, “garantito” centrano l’obiettivo, così come gli aggettivi sensoriali che arricchiscono la descrizione del piatto. Attenzione però anche alla dimensione para-verbale e non verbale, quindi all’atteggiamento, alla postura, al tono di voce. Aspetti che dovrebbero essere adattati rispetto al cliente che si ha di fronte affinché le tecniche di vendita messe in atto possano essere più efficaci. Ad esempio, è permesso usare un tono frizzante e informale davanti a un tavolo di ragazzi, mentre bisognerebbe essere molto più attenti ai dettagli e ad ogni esigenza se si ha di fronte un cliente pignolo e aggressivo. In linea di massima e in ogni caso, sorriso, entusiasmo e professionalità non devono mai mancare. Iat
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