Sta facendo scalpore un articolo pubblicato su “The Times”, tra i più autorevoli quotidiani del mondo, in cui il famoso (non solo nel Regno Unito) chef stellato Jason Atherton afferma di non aver mai visto sessismo in cucina.
Sessismo in cucina, un problema “invisibile”
Farei due considerazioni iniziali di cui la prima, spero di essere perdonato, è pura facezia: sarebbe ora, e con tutti i soldi che ha Mr. Jason se lo può permettere, di farsi visitare dal migliore oculista di Londra e farsi prescrivere occhiali che gli consentano di vedere bene e, partendo dal prerequisito irrinunciabile di vedere bene (un bel dieci decimi per entrambi gli occhi), imparare così anche a guardare, e dal guardare all’osservare, e dall’osservare a riflettere per poi, eventualmente anche parlare (non sproloquiare) ed esprimere la propria argomentabile opinione. La seconda considerazione è circa la saggezza evergreen che sta in quanto la volpe disse al Piccolo Principe: "L’essenziale è invisibile agli occhi". Sembra quasi impossibile che Atherton non abbia mai assistito al sessismo nel suo settore. Che sia stato in grado di identificarlo come tale è tutta un'altra questione. Appunto, l’essenziale invisibile agli occhi.
Lo chef Jason Atherton gestisce i suoi ristoranti da 15 anni, ma ha vissuto la vita quotidiana in molte cucine per diversi decenni, prima di diventare patron del suo primo ristorante. Ciò gli ha consentito di incontrare anche chef donne in cucina, sebbene un’esigua minoranza, dato che le chef donna nell’UK (Regno Unito) sono circa il 17% del totale degli chef. Qualora, come ci si auspica, quest’avventata uscita di chef Jason, sortisse l’effetto di innescare una sorta di #MeToo di donne chef UK contro l’ennesimo uomo famoso che nega il sessismo, e qualora ciò esondasse dall’UK per giungere sul Continente, e quindi anche da noi in Italia, allora sì che scopriremmo cosa accade anche nelle cucine dei nostri ristoranti.
Sessismo in cucina, come si manifesta
Come si manifesta il sessismo in cucina? Ahinoi, nella gran parte dei casi in modalità per nulla differenti rispetto agli altri ambienti di lavoro. Diremmo, sbrigativamente, lo chef che palpeggia. La reazione delle vittime nella gran parte dei casi è stata (e quanto ci cruccia doverlo dire): tenere la testa bassa, non lamentarsi, non attirare mai l'attenzione sul proprio corpo. Perché non ne hanno parlato? Perché per continuare a lavorare nelle cucine bisogna restare in silenzio. E se invece avessero parlato? Al danno avrebbero aggiunto la beffa di non essere credute. Non solo, l’accusato avrebbe anche assunto la postura di chi è vittima di dicerie gratuite, pettegolezzi, cattiverie. Gli si sarebbe offuscata la reputazione? Giammai, si sarebbe forse addirittura innalzata.
La chef Poppy O'Toole ha scritto in un post: «È deludente vedere un leader del nostro settore sminuire le esperienze di coloro che hanno parlato apertamente del sessismo nel settore dell'ospitalità. Parlando delle mie esperienze nelle cucine stellate Michelin, ho avuto un datore di lavoro che mi ha afferrato il culo durante un evento pubblico, mi ha detto in quali posizioni sessuali mi avrebbe voluto di fronte a tutto il mio gruppo (che è rimasto in silenzio) e poi ha continuato a inviarmi proposte sessuali fuori dall'orario di lavoro».
Sessismo, non solo palpeggiamenti
Ma, un momento, mica il sessismo è solo questo. Mica è solo palpeggiamento. Sessismo è anche scoraggiare la maternità. Sessismo è anche vedersi preclusi step di carriera. Torniamo al pezzo su The Times. Nell'articolo lo chef Atherton ha applaudito il fatto che «ora si può essere di qualsiasi genere nel nostro settore e prosperare». Che si fa, si ride o si piange? Eh sì, perché affermando che ora puoi essere di qualsiasi genere implicitamente ammette che prima non era possibile e di conseguenza contraddice la sua precedente affermazione secondo cui non ha mai assistito al sessismo nel settore.
Ma l’uscita dello chef Atherton, e in pochi hanno fatto caso a ciò, non si è limitata al pezzo su "The Times". In un post su Instagram spiegando la sua versione della vicenda, arriva a dire che non "assistere" al sessismo non significa che non ci sia. Ma non finisce qui. Lo chef Atherton sul London Standard scrive: «Il titolo recita “Non ho visto alcun sessismo in cucina”, ma non ho mai detto quelle parole, e non ho detto che non esisteva. Non credo categoricamente che non ci sia sessismo nell'industria, certo che c'è. C'è in ogni settore. Semplicemente non l'ho visto personalmente. Rispondevo per me, per nessun altro». E poi quasi schernendosi scrive: «Sono solo uno chef. So di essere visto come uno chef di alto profilo, ma il mio lavoro è solo andare in cucina». Il che non è del tutto vero. Atherton non è solo uno chef, è un ristoratore, un imprenditore, un datore di lavoro. In una lettera condivisa con The Telegraph, 70 chef donne hanno co-firmato una chiamata alle armi chiedendo ai colleghi e agli addetti ai lavori della ristorazione di "sfidare e smantellare le pratiche dannose" e aiutare a "creare un futuro più luminoso e inclusivo per il nostro settore".
Sessismo in cucina, un morbo da debellare
Cosa accadrà adesso? Si placano le acque e tutto torna come prima? Saranno gli assordanti silenzi sempre più presenti e pesanti rispetto alle rare denunce? Un’ultima considerazione. È notizia di tutti i giorni che non si trova personale. Laddove per personale si intendono persone atte ad espletare mansioni precise nel settore della ristorazione. Soprattutto, guarda caso, le carenze più vistose sono proprio nelle cucine. E se avessimo individuato, grazie all’articolo citato in apertura, che tra le concause del “personale che non si trova” ci fosse anche la “grande paura” delle lavoratrici, chef incluse, di ritrovarsi in ambiente di lavoro affetto da sessismo? Un po’ della serie “siccome lo so che mi succede, neanche mi ci arrischio”. A quanti hanno ruoli di responsabilità nel settore, associazioni datoriali incluse, spetta il compito di agire affinché siano ritenuti fantasiosi ed eccessivi questi timori. Detta diversamente, si tratta di debellare il morbo del sessismo. La società civile ha saputo vincere sfide parimenti ardimentose. Gliela faremo anche questa volta, agendo coralmente e innescando la necessaria ed irrimandabile call to action.
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