Endoscopia anti-fame
al Gemelli: efficace,
ma l'obesità resta
una malattia complessa
Al Policlinico Gemelli di Roma è stata sperimentata una procedura endoscopica combinata che riduce il volume dello stomaco e agisce sulla produzione di ghrelina, l'ormone della fame. Promette risultati simili alla chirurgia, ma l'esperto Pierluigi Rossi avverte: l'obesità non si risolve agendo su un solo meccanismo
«L'obesità è una malattia fenotipica complessa che coinvolge l'intero organismo. Qualsiasi intervento che può portare a un miglioramento è positivo, ma serve misura anche nelle affermazioni scientifiche». Lo sottolinea il professor Pierluigi Rossi, medico specialista in Scienza dell'alimentazione, che guarda con attenzione - ma anche con prudenza - alla nuova procedura anti-obesità sperimentata al Policlinico Gemelli di Roma.
Qui, per la prima volta al mondo, è stata infatti utilizzata una sonda di ultima generazione (Moviva®) per amplificare l'effetto combinato di due tecniche endoscopiche: la gastroplastica verticale endoscopica (Endosleeve) e la Gastric mucosal ablation (Gma), un'ablazione termica della mucosa del fondo dello stomaco, dove si trovano le cellule che producono la ghrelina, l'ormone che stimola l'appetito. L'obiettivo? Ridurre lo stomaco e, allo stesso tempo, agire direttamente sul meccanismo della fame. Ma come avverte Rossi, non è spegnendo un solo ormone che si risolve un problema clinicamente complesso come l'obesità.
Cucire lo stomaco, spegnere l'appetito
La base della procedura, ricordiamo, è l'Endosleeve, una tecnica mini-invasiva praticata attraverso un gastroscopio dotato di una suturatrice. L'intervento - eseguito in anestesia generale o sedazione profonda - consiste nel restringere internamente lo stomaco, rallentandone lo svuotamento e aumentando il senso di sazietà. Dura circa 25-30 minuti, non comporta tagli esterni e richiede tempi di recupero molto rapidi. Al Gemelli, questa tecnica viene applicata dal 2013: primi in Europa e secondi al mondo, subito dopo gli Stati Uniti.
Da sola consente una riduzione del peso tra il 14 e il 20%, ma negli ultimi anni si è cercato di potenziarne l'efficacia associandola a un secondo intervento: la Gastric Mucosal Ablation. Si tratta di una cauterizzazione controllata del fondo gastrico, effettuata con plasma di argon, che mira a distruggere le cellule responsabili della produzione della ghrelina. “Bruciando” la mucosa, si riduce la produzione dell'ormone, con un effetto aggiuntivo sul controllo dell'appetito.
I risultati: promettenti, ma preliminari
Secondo i dati raccolti dal team del Gemelli su oltre 20 pazienti, la combinazione Endosleeve + Gma ha portato a una riduzione del Bmi (Indice di massa corporea) del 28% a 12 mesi e del 32% a 18 mesi. Numeri importanti, che si avvicinano a quelli delle tecniche chirurgiche più invasive, ma ottenuti con procedure meno rischiose, più accessibili e potenzialmente sostenibili anche in ambito pubblico. L'introduzione della nuova sonda Moviva®, utilizzata nei giorni scorsi per la prima volta al mondo, ha inoltre permesso di trattare una porzione più ampia di mucosa in meno tempo, aumentando l'efficacia dell'ablazione e riducendo i margini di rischio.
Il dottor Rossi avverte: «Attenzione a non semplificare»
Ma si può davvero “zittire la fame” agendo su una singola zona dello stomaco? E ha senso concentrare tutta l'attenzione sulla ghrelina? A invitare alla cautela è lo stesso professor Rossi, che propone una lettura più ampia del fenomeno. «L'intervento mirato alla rimozione delle cellule del fondo gastrico che producono grelina può essere un'opzione in casi particolari. Ma dobbiamo sempre ricordare che la ghrelina viene prodotta anche da altri organi, ovviamente in quantità minore rispetto allo stomaco».
«Inoltre, un quadro complesso di obesità noi dobbiamo inserirlo in un quadro di sindrome metabolica di insulino resistenza. Quindi ci sono altri aspetti clinici da considerare, non solamente una rimozione di cellule del fondo gastrico produttrici di ghrelina». In altre parole, pur riconoscendo l'interesse e il potenziale della tecnica, l'esperto mette in guardia contro le semplificazioni: «L'obesità è una malattia fenotipica complessa che coinvolge l'intero organismo. Qualsiasi tratto che può portare a migliorare le condizioni dell'obesità è favorevole, è positivo, ma cerchiamo di mantenere la giusta misura anche in queste affermazioni scientifiche».
Endoscopia bariatrica: una “terza via” promettente
Resta il fatto che l'endoscopia bariatrica, che si colloca tra farmaci e chirurgia, sta guadagnando terreno, anche per la sua minore invasività e per l'accessibilità nei sistemi sanitari pubblici. Le linee guida italiane della SICOB prevedono il suo utilizzo nei pazienti con obesità di classe I e II, mentre le linee guida internazionali Asge/Esge ne raccomandano l'uso anche nei soggetti in sovrappeso con comorbidità, già a partire da un Bmi di 27. È, quindi, un'opzione in più per chi affronta la sfida dell'obesità. A patto, come ricorda ancora Rossi, di considerare la persona nella sua complessità, e non solo come uno stomaco da restringere o un ormone da spegnere.
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