Acqua gassata o liscia? È la prima domanda che ci pongono quando ci sediamo ad un tavolo. Dietro a quella bottiglia di vetro c’è un mondo da raccontare. C’è una ricerca della perfezione e della salubrità del prodotto. C’è il bisogno di fornire al cliente finale una bevanda che rispecchi le sue tendenze e, in alcuni casi, le sue necessità mediche. Da almeno un decennio anche quelle bottiglie che troviamo sulla tavola apparecchiata, che sia quella di casa o di un ristorante stellato, deve rispettare un design accattivante perché anche l’acqua può dare emozioni a chi l’assaggia. Quasi come un vino. Come testimoniano i sommelier dell’acqua capaci di raccontare sentori e sfaccettature racchiusi in un bicchiere rigorosamente di vetro. L’Italia, secondo un report che porta la firma dell’Area Studi di Mediobanca, è il nono mercato globale per dimensione, secondo esportatore europeo e terzo al mondo di acqua minerale. Un primato che ha dovuto fare i conti con la frenata del 2020, a causa della caduta dei consumi nei canali del “fuori casa”; il mercato si è ripreso nel corso del 2021 con crescita nella Gdo e parziale recupero nell’Horeca.
Il comparto delle acque minerali ha retto alla crisi pandemica
A tracciare uno spaccato dettagliato del mercato è Acquitalia 2021-22, un vademecum ricco di contenuti e dati che traccia il mondo delle acque minerali, pubblicato da Mineracqua, l’associazione imprenditoriale delle industrie italiane di acque minerali naturali e acque di sorgente. Complessivamente, nel 2020 il consumo annuo di acque minerali è stato di 13 miliardi di litri, in diminuzione del 4% rispetto al 2019, a causa del crollo dei consumi fuori casa, solo in parte compensati dall’incremento dei consumi domestici. Dal canto suo, il consumo pro capite si è portato a 221 litri annui, rimanendo ancora il più alto a livello europeo. Il giro d’affari complessivo del settore in Italia si pone intorno ai 2,8 miliardi di euro. L’industria dell’acqua minerale è anche forte esportatrice (oltre 1,5 miliardi di litri), con un totale dei volumi produttivi (consumi interni più export meno import) che raggiunge i 14,5 miliardi di litri. I dati Iri (relativi alla moderna distribuzione) evidenziano a fine agosto 2021 una crescita dei volumi di oltre il 4%. In ripresa anche i consumi fuori casa ma non ancora sufficienti per recuperare a pieno i volumi pre-pandemici. A livello generale sono 235 le marche di acque minerali e di sorgente, mentre le aziende imbottigliatrici e fonti sono circa 130.
«Possiamo dire che nell’anno 2020 il comparto delle acque minerali ha nel complesso retto bene nel canale retail, ma abbiamo pagato un caro prezzo nell’Horeca: il lockdown, con il conseguente crollo dei consumi fuori casa, la chiusura di ristoranti e dei bar, hanno fortemente penalizzato questo canale. Si pensi che alla fine del lockdown l’Horeca è ripartita da -90%», commenta Ettore Fortuna, vicepresidente di Mineracqua nel redazionale di apertura dell’annuario. «Anche la nostra bottiglia in Pet da mezzo litro ha risentito del crollo dei consumi on-the-go. L’anno 2021 segna sin qui una riscossa del canale Horeca che si stima possa crescere del 16-18% a fine anno ed anche del canale retail per il quale la previsione è di una crescita del 3-4%».
Buona, salutare e sicura
Secondo un’analisi del Censis si evince quanto l’acqua minerale sia parte integrante della vita alimentare per gli italiani. Si legge che «fondamento del valore sociale rivelato dell’acqua minerale è l’elevato valore soggettivo che le viene attribuito dai consumatori che nel tempo, anche nella crisi, ne hanno sempre e comunque ampliato il consumo, collocandola nel ristretto novero dei beni da non tagliare e sui quali, semmai, spendere qualche euro in più. Considerata buona, salutare e sicura gli viene implicitamente riconosciuto il merito di rendere migliore la qualità della vita quotidiana, quella che per milioni di persone in fondo dipende anche dalla somma di tante piccole gratificazioni».
Sempre dalla ricerca Censis emerge anche l’importanza dell’aspetto salutistico che ha l’acqua minerale nella concezione degli italiani. «Per la maggioranza degli italiani - si legge nell’analisi Censis - la ragione più importante del consumo di acqua minerale è il gusto e il piacere, riferimenti che prevalgono su altri che pure rinviano a trend sociali molto forti come il salutismo, la sicurezza o la caccia alla convenienza economica. Tra le motivazioni di consumo indicate dai cittadini, come si è visto, c’è il positivo impatto sulla salute delle persone, che è richiamata come seconda motivazione e la sicurezza come terza motivazione».
Il valore del Made in Italy, legato anche a packaging e innovazione
Interessante anche il tema delle esportazioni. Dopo anni di crescita, gli ultimi due caratterizzati dalla pandemia Covid hanno fatto registrare una perdita, a partire dal 2020, di circa il 9%, circa 1.500 milioni di litri, quantificabile come il 10-11% della produzione totale. Situazione imputabile ovviamente alla situazione pandemica che ha imposto la chiusura delle serrande di tantissime realtà ristorative. È importante sottolineare come le aziende italiane si presentano sui mercati con posizionamenti premium e di alta fascia grazie alla possibilità di disporre di acque con eccelse caratteristiche qualitative, magari racchiuse all’interno di confezioni che esprimono al meglio il Made in Italy in termini di design. Non a caso il packaging nel settore delle acque minerali rappresenta un valore aggiunto, inteso come innovazione. Interessanti sono gli studi delle più importanti aziende italiane nel campo del design della bottiglia che deve necessariamente soddisfare le tante esigenze del mercato.
Un particolare interesse ricade sulla differenziazione dei materiali utilizzati, sui formati, sull’etichettatura e la presentazione. Il packaging diventa il biglietto da visita essenziale per presentarsi sul mercato in modo più incisivo e competitivo con l’obiettivo, oggi più che mai, di orientarsi verso un approccio più sostenibile. Non è un caso che le aziende stanno lavorando per introdurre sul mercato, ormai da anni, nuove tecnologie di produzione delle bottiglie Pet, con un fondamentale calo del consumo di plastica e di consumi energetiche. I principali produttori hanno avviato l’imbottigliamento in confezioni di Pet riciclato, il cosiddetto R-Pet. Altri hanno puntato tutto sulle bottiglie di bio-bottiglie utilizzando plastica vegetale nonostante i costi per la produzione sono sicuramente più elevati.
Sostenibilità ambientale e risparmio energetico sono i due temi chiave su cui la comunicazione delle aziende fa leva per promuovere il prodotto finale a dimostrazione che la sensibilità su queste argomentazioni è diventata una delle argomentazioni in chiave commerciale. Nonostante le bottiglie in Pet rappresentano i 4/5 del totale consumo di acque confezionate, le bottiglie di vento dominano nella ristorazione e nella consegna a domicilio. Qui la corsa ad individuare un design accattivante rappresenta l’opportunità di migliorare il proprio posizionamento sul mercato attraverso lo studio meticoloso di bottiglie artistiche e di prestigio che ben si presentano sul tavolo. Poca fortuna stanno avendo alcune sperimentazioni di confezioni brik in cartone poli-accoppiato e quelle in lattina.
I vantaggi della caraffa filtrante
Passare da un’acqua in bottiglia a una caraffa filtrante è un gesto semplice che può significare ridurre le emissioni di CO2 del 90%, la plastica del 98% e risparmiare, al litro, fino al 70% secondo i dati di Brita, azienda leader mondiale nel campo dell’ottimizzazione dell’acqua che oggi opera in ben 69 Paesi in cinque continenti. Utilizzando una caraffa filtrante, una famiglia italiana di 4 persone, considerato un consumo pro capite d’acqua annuo di 221 litri, può evitare all’anno circa 600 bottiglie di plastica. Evidenze che, come testimonia la crescita di Brita, sono state comprese e valorizzate dai consumatori, orientati a una vita più attenta alla qualità e all’ecologia. In un momento storico di cambiamenti profondi, il dibattito sulle tematiche relative alla sostenibilità ha destato nuova attenzione, mettendo in luce le difficili problematiche ambientali che dovremo affrontare. In questa direzione di sostenibilità le soluzioni filtranti e professionali possono essere una valida proposta che si concretizza anche nelle politiche di riciclo dei filtri usati. Dopo l’uso, infatti, i carboni attivi ritornano materia prima e sono destinati al trattamento delle acque reflue, mentre le resine a scambio ionico vengono ritrattate fino a riacquisire pienamente le caratteristiche performative, per essere riutilizzate in nuovi filtri. Non solo, ma anche la plastica presente nei filtri viene riciclata e reimpiegata.
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