lunedì 27 ottobre 2025

Il caffè in Italia fa davvero schifo?

 

Il caffè in Italia 

fa davvero schifo? 

La denuncia 

che ha fatto rumore 

(e dato fastidio)

Alla fiera Host di Milano, la divulgatrice Valentina Palange ha visto sparire la sua pagina Instagram proprio nel giorno in cui presentava la versione inglese del suo libro “Il caffè in Italia fa schifo”. Un segnale, dice lei, di quanto certe verità diano fastidio. Oggi chiede più coraggio, formazione e rispetto per chi il caffè lo produce e lo beve davvero

di Nicholas Reitano
Redattore

Il caffè in Italia fa davvero schifo? La denuncia che ha fatto rumore (e dato fastidio)

Certe volte dire la verità può dare fastidioSoprattutto quando quella verità tocca un sistema che da anni si racconta perfettoma che perfetto non è. È quello che è successo a Valentina Palangedivulgatrice del caffèconsulente e autrice del libro "Il caffè in Italia fa schifo", una denuncia frontale contro la diffusa mediocrità che domina la filiera italianadal chicco alla tazzinaIl 17 ottobrementre a Milano si apriva la fiera internazionale Hostqualcuno ha provato a farla tacere.

Proprio mentre era pronta a presentare la versione inglese del suo saggiola sua pagina Instagram Specialty PaL” - seguita da migliaia di persone e punto di riferimento per chi vuole capire davvero cosa c’è dietro un espresso - è stata infatti hackerata e cancellata. «Primo giorno di fieralancio del libro in inglese, e mi buttano giù la paginaNon mi pare una coincidenza» racconta con amarezza a Italia a Tavola. «È stato un colpocertoma non mi sono fermataSe pensavano di farmi tacerehanno sbagliato persona».

Una voce libera che dà fastidio

Valentinanata a Taranto e ormai di casa a Milanoha incontrato il caffè per casoprima nelle venditepoi dietro al banconedove ha imparato a conoscerlo davveroOggi è una delle voci più seguite del compartocampionessa italiana di AeroPress 2024 e quarta classificata ai campionati barista della Specialty Coffee AssociationMa più di tutto è una voce libera, e questo dà fastidio: «Il mio libro racconta quello che tanti nel comparto non vogliono sentirsi direIn Italia, nella maggior parte dei bar, beviamo caffè mediocreE il problema non è solo nei baristima in tutta la filieramaterie prime scadentitostature sbagliatedisinformazione e mancanza di formazione. È un sistema che si regge sull’abitudinenon sulla qualità».

Il caffè in Italia fa davvero schifo? La denuncia che ha fatto rumore (e dato fastidio)

La copertina del libro “Il caffè in Italia fa schifo”

L’attacco al suo profilo è arrivato nel momento più visibile della sua carrieraproprio quando il libro tradotto in inglese stava per raggiungere un pubblico internazionale: «Ho parlato con Metami hanno confermato che non si tratta di un errore tecnico né di segnalazioni di massaÈ stato un attacco miratoE sìpenso che c’entri con quello che scrivoIl caffè in Italia fa schifo è un titolo che molti non perdonano». Nonostante tutto, Palange non ha arretrato di un millimetroHa riaperto un profilo nuovo e ha continuato a denunciare: «Mi hanno tolto un accountnon la voceE se qualcuno crede di potermi spaventaredovrà provarci meglio».

Nel caffè si fa disinformazione da anni

Il suo libro, uscito lo scorso maggio, è una fotografia cruda del sistema italiano del caffèuna filiera spesso opacache si regge sulla retorica dell’espresso perfetto ma offrenella maggior parte dei casiun prodotto di scarsa qualità: «Oggi in gran parte dei bar italiani beviamo caffè mediocreL’aumento dei costi della materia prima ha peggiorato ancora di più la situazionesi risparmia sul chicco, e il risultato si sente in tazza». Le reazioni al libro sono state immediate. C’è chi l’ha accusata di essere anti-italiana, e chi l’ha ringraziata: «Molti mi hanno dettofinalmente qualcuno lo dicePerché è cosìnel caffè si fa disinformazione da anni, e la gente non sa nemmeno cosa sta bevendo».

Il caffè in Italia fa davvero schifo? La denuncia che ha fatto rumore (e dato fastidio)

Per Valentina Palange nel mondo del caffè si fa disinformazione da anni

«Le torrefazioni - prosegue - comprano spesso caffè verde di bassissima qualità per risparmiare, e i bar non sanno gestire i contiC’è chi oggi vende una tazzina a 50 centesimiè follia puraNon si fa del bene né alla filiera né al proprio business». I dati dicono tuttoin dieci anniin Italiahanno chiuso più di 20mila bar. «E continueranno a chiudereSe non si fanno i conti per davverose non si pianifica con un business plan serionon si va da nessuna parteIl futuro sarà dei locali che puntano sulla qualitànon sul prezzo». E respinge un’etichetta che le è stata spesso affibbiata: «Non sono contro la miscela italianaanziMi piaceMa voglio che sia fatta benecon materia prima selezionata e tostatura corretta. La miscela non è il problemalo è chi la rovina».

Il cambiamento deve partire dal basso

Per lei il nodo è anche culturale: «Molti dicono che la formazione deve partire dalle aziendeIo credo il contrariodeve partire dal bassodal consumatoreÈ lui che deve smettere di accettare un espresso bruciato o amaroCome mandiamo indietro una pizza mal fattadovremmo fare lo stesso con il caffè». È un gesto piccolo, ma rivoluzionario: «Se il cliente comincia a pretendere qualitàallora il barista e la torrefazione sono costretti a cambiareMa se non c’è attenzionenessuno ha interesse a migliorarePer questo dico che il caffè è politicariguarda tutti, ogni giorno». 

Gli italiani, aggiunge, hanno smesso di interrogarsi su ciò che bevono: «Beviamo il caffè solo per svegliarciSiamo abituati a quel sapore amaro e bruciato e pensiamo che sia normaleMa non lo èIl caffè entra nel nostro corpo e merita rispettocome qualsiasi altro alimentoDietro una tazzina ci sono manifaticaraccoltaprocessi di lavorazione che quasi nessuno conosce».

Come riconoscere un buon caffè

Per chi vuole imparare a distinguere la qualitàPalange parte dalle basi: «La prima cosa da guardare è la macchina del barse è sporca, se la lancia a vapore è incrostata, scappaQuella ti dice tutto sul tipo di caffè che ti serviranno». Poiinformarsi: «Chiedere che miscela viene utilizzatada dove arrivaSe non sanno rispondereè già una risposta. Anche a casa, al supermercato, scegliete caffè tracciabili: sapere da dove viene è il primo passo verso la qualità».

Il caffè in Italia fa davvero schifo? La denuncia che ha fatto rumore (e dato fastidio)

Caffè buono? La prima cosa da guardare, per Valentina Palange, è la pulizia della macchina del bar

sul gusto: «Un espresso non deve essere solo amaroDeve essere equilibratocon un minimo di dolcezza e un po’ di acidità. In Italia confondiamo l’acido con il rancidoil caffè bruciato è quello che ti lascia tachicardia e bruciore di stomacoma continuiamo a chiamarlo "buono"».

Una voce che non si spegne

Il problema, alla fine, è sempre lo stessoabbiamo trasformato il caffè in un’abitudine e smesso di considerarlo un prodotto da conoscerestudiare e rispettare. Eppure basterebbe poco per invertire la rotta, come ricorda Valentina Palange: imparare a guardarechiederericonoscereIl caffè, in Italia, non è solo una bevandaè un gesto collettivoun rito quotidianoquasi un simbolo nazionaleMa un simbolose svuotato di significatoperde valore.

Continuare a ripeterci che «l’espresso italiano è il migliore del mondo» mentre in molti servono caffè bruciati e privi di identità è un’illusione comodama pericolosaLe parole di Palange non sono un attaccosono uno specchiomostrano un Paese che ha smesso di interrogarsi sulla qualitàrifugiandosi nella nostalgia di un mitoGuardarsi dentro può far malema è l’unico modo per cambiare davveroPerché quando si smette di accettare la mediocritànon migliora solo una tazzina: cresce un’intera cultura.

Nessun commento:

Posta un commento