domenica 26 ottobre 2025

Per essere sommelier o camerieri...

 

Per essere sommelier 

o camerieri, 

bisogna prima innamorarsi dell’Italia

Il sommelier abruzzese Mario Ippoliti racconta il suo percorso: dai banchetti di provincia alla guida del beverage del ristorante di Sadler a Milano. La sua filosofia è chiara: la sala non è un semplice luogo di servizio, ma uno spazio di cultura, emozione e identità italiana. E prima ancora di parlare di vino, bisogna innamorarsi del Paese che lo produce

di Nicholas Reitano
Redattore

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

«Prima di parlare di cibo o vinobisogna innamorarsi dell’ItaliaÈ impossibile conoscerla tuttama ogni volta che scopri un vitigno o un borgo nuovo capisci quanta ricchezza abbiamo». Non è uno sloganma la bussola con cui Mario Ippoliti orienta ogni servizio in salaSommelier abruzzese classe 1990oggi alla guida della parte beverage del ristorante di Claudio Sadler a Milanoincarna una nuova generazione di professionisti che non si limitano a servire un calicelo raccontanolo fanno vivere, lo trasformano in un viaggio dentro territori, storie e persone. La sua è la parabola di chi è partito dai banchetti di provincia per approdare ai ristoranti stellatima senza mai perdere di vista ciò che conta davverol’Italiala sua ricchezza e la capacità di trasmetterla con semplicità e passione.

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

La sala del ristorante di Claudio Sadler a Milano

Nel corso dell’intervista Italia a Tavola, Ippoliti racconta sì le tappe del suo percorso, ma soprattutto riflette sul ruolo del sommelier oggi: la necessità di saper comunicare il vino con semplicità, l’importanza della formazione e il valore del lavoro in sala come forma d’arte e di relazione umana. Un dialogo che tocca temi attuali come il rapporto fra giovani e vinoil cambiamento del pubblico dopo la pandemiala (ormai arcinota) difficoltà nel trovare personale qualificato e la rinascita della sala come spazio di culturafiducia e bellezza.

Dalla banchettistica ai ristoranti stellati

Il primo amore, ricorda, è stato proprio per l’ospitalità. «Quando si ricevevano persone a casaprovavo piacere nel poter condividere ciò che si era preparato - racconta. Mi affascinava l’idea di trasmettere un’emozione attraverso il cibo e l’accoglienza». Un’attitudine naturale che si è radicata fin da bambinoanche se il suo percorso di studi inizialmente sembrava portarlo altrove: un diploma tecnico commerciale, l’amore per la matematica e un orientamento da programmatore informaticoNel fine settimanaperòla passione prendeva il sopravventoA soli 15 anni comincia a lavorare nella banchettistica: «Quel lavoro del venerdì, sabato e domenica mi entusiasmava sempre di più - ricorda. A 21 anni l’azienda per cui lavoravo mi propose di diventare responsabile di salaDa lì ho iniziato a gestire la ristorazione, i banchetti e tutto ciò che ruotava intorno all’esperienza dell’ospite». Parallelamente cresceva la curiosità per la cucinaconoscere i prodotti, le tecniche, le materie prime.

La svolta milanese e la chiamata di Claudio Sadler

Nel 2016 arriva il diploma da sommelier Ais: «Volevo completare la mia visionedall’accoglienza e dal servizio fino alla direzione di sala e alla cucinail vino era l’anello mancante». L’esordio, qui, arriva con piccoli eventi e degustazioni nella sua cittàdove organizza i primi aperitivi tematiciPoinel 2018la svolta: «Mi chiamò Federica Racinellial tempo maestra di lievitazione di un molinoMi disse che a Milano stava aprendo una pizzeria gourmet con cucinaguidata dall’executive di Jamie OliverNon ci ho pensato due volte». Milanocapitale del fine dininglo accoglie in un contesto in cui pizza e alta cucina convivono con naturalezzaDopo un anno e mezzo al ristorante Cenerè, in zona Cadorna, arriva la telefonata che cambia tuttoquella di Claudio Sadleruno dei maestri della cucina italiana: «Era proprio lui, al telefono. Mi disse che cercava un sommelierAll’inizio ero titubantenon sapevo se fossi davvero pronto per un ristorante stellatoMa ho accettatoEd è iniziata una nuova avventura».

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

Claudio Sadler e Mario Ippoliti

Dal gennaio 2019 Ippoliti lavora al fianco di Sadlerdiventando negli anni sempre più una figura chiave del suo ristoranteNel 2021 i due aprono insieme un locale in Sardegna (Gusto by Sadler, ndr), che in soli sei mesi conquista un’altra stella Michelin. Oggi Ippoliti dirige la parte beveragecoordinando tutto ciò che riguarda vinobirraacqua e caffè, la sua grande passione. Con lo chef costruisce una carta vini che passa dalle 500 etichette iniziali alle oltre 1.400 del 2025: «All’inizio il budget era limitatoserviva a coprire le bottiglie iconichequelle di comfort zone - spiega. Ma io volevo cercarescoprireraccontare l’Italia più autenticaCosì ho iniziato a viaggiare e a dare voce ai piccoli produttori».

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

Gusto by Sadler in Sardegna

Un wine pairing che racconta l’Italia

Nasce così un approccio personale e sperimentale al wine pairing: «Non imposto regole. L’obiettivo è costruire un’esperienza che permetta al cliente di viaggiare nel bicchiere». La sua ricerca lo porta a valorizzare vitigni poco noti: «Oggi al calice propongo senza problemi Magliocco calabreseBiancolella campanavini marchigianiumbriabruzzesi e sardiMi interessa ciò che è veroterritoriale, sincero. Il calice è un biglietto da viaggioQuando scelgo un vinoparto dal produttore, che dev’essere umile e sincero, poi guardo la zona, l’annata e il motivo per cui lo stiamo aprendo». Persino la temperatura diventa parte del percorso: «La stessa bottiglia, servita a due gradi diversi, cambia completamente. A volte utilizzo lo stesso vino su due piatti differentiper mostrare come il gusto possa virare dal centro bocca alla nota aromatica». Questa sensibilità lo ha portato a costruire una sommellerie d’esperienza: «Mi piace raccontare il vino come se fosse un viaggionon un dogma - spiega. Il mio lavoro è creare emozionefar dialogare il gusto con la memoria».

Comunicare il vino alle nuove generazioni

Secondo Mario, però, oggiil mondo del vino sta attraversando una fase di transizione profondasoprattutto nel modo in cui viene percepito e comunicato. «Oggi convivono due tendenze molto diverse - spiega -. Da un latoi social come Instagram veicolano messaggi velocispesso semplificati o confusi. Si parla di Chianti o di Sangiovese in pochi secondi, ma senza approfondire davvero. Dall’altrocresce il bisogno di chiarezzadi curiosità e di accessibilitàSe comunico il vino con troppa complessitàrischio di allontanare chi non si sente all’altezza di capirlo». Per Ippoliti, quindi, il ruolo del sommelier moderno è proprio quello di trovare un equilibrio tra competenza e leggerezza: «Serve umiltàun linguaggio diretto e la capacità di creare confidenza. A volte basta dire al cliente: “Ho un’idea per te, fidati, se non ti piace ne apriamo un’altra”. Quello che conta è far nascere la conversazione, perché è dal dialogo che nasce la curiosità. Magari uno assaggia un vino calabrese e il giorno dopo decide di partire per scoprire i vigneti di quella regione».

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

Per Ippoliti, il mondo del vino sta attraversando una fase di transizione profonda

Proprio questo senso di distanza e complessità, osserva Ippoliti, ha contribuito ad allontanare anche i giovani dal mondo del vino: «Oggi molti preferiscono scelte più immediatecome la birra o la mixologyperché il vino viene ancora percepito come qualcosa di troppo complesso o elitario». Eppure, sottolinea, proprio la mixology può rappresentare una porta d’ingresso preziosa per riavvicinarli: «Il linguaggio dei cocktail è immediatovisivocuriosoriesce a coinvolgere chi magari non si è mai accostato al vinoDovremmo imparare da questo approccioraccontando il vino con la stessa freschezzama senza perdere profondità. La spontaneità non deve mai sostituire la conoscenza: studio, geografia e produttore restano fondamentali».

Giovani, formazione e cultura del lavoro

Ma il tema dei giovani torna anche su un altro frontequello della formazione e dell’ingresso nel mondo della ristorazioneLa carenza di personale qualificato è una realtà che Mario Ippoliti vive ogni giorno: «Il primo grido d’aiuto lo rivolgo agli istituti - spiega. Molti ragazzi arrivano in sala o in cucina senza una preparazione concreta al mondo del lavoroLe scuole dovrebbero trasmettere non solo le regole del servizioma la cultura della professionalità: la puntualità, la cura personale, il lessico, l’inglese, l’amore per la divisa». Secondo lui, serve un collegamento più reale fra scuola e ristorazionefatto di esperienze e formazione sul campo. «Tanti studenti pensano che basti impiattare, ma non sanno che dietro c’è la scelta di un ingrediente, la tecnica di cottura, la gestione della cantina, il bilanciamento dei costiDovremmo insegnare anche questi aspetti: come costruire una carta vini coerente con la cucina del ristorante, come rispettare un budget. Spesso vedo carte chilometriche, bellissime ma inutili, perché mancano di logica e di equilibrio».

Per essere sommelier o camerieri, bisogna prima innamorarsi dell’Italia

Secondo Ippoliti, molti giovani arrivano in sala senza una preparazione concreta al mondo del lavoro

Alla baseperò, per Ippoliti manca qualcosa di più profondola cultura del lavoro. «I giovani hanno perso il concetto stesso della parola “lavoro”. Lavorare significa sacrificioe il sacrificio porta felicitàMa oggi si cerca l’immediatezzasi vuole arrivare subito al risultatomentre per costruire qualcosa di solido serve tempo. Un servizio in sala dura due ore, ma è il frutto di un intero pomeriggio di preparazione. Bisogna tornare ad amare questo mestierea viverlo come uno scambio di emozioniIl cliente viene da tee tu sei il tramite tra lo chefil produttore e la sua esperienzaÈ un privilegio enorme». Per il sommelier abruzzese, la sala deve tornare a essere percepita per ciò che èil cuore dell’accoglienza italiana. «È il luogo in cui si uniscono mondi diversi - dice -: il lavoro del vignaiolo, la creatività dello chef, la sensibilità di chi serve e racconta. I giovani dovrebbero capire che non si tratta di un mestiere secondarioma di un’arte umana e relazionale».

La passione come chiave del futuro

Per lui, la passione è la vera discriminante: «Chi è tenace resisteI ragazzi che hanno scelto di restareoggistanno raccogliendo i frutti della loro dedizione». E ai giovani che si affacciano a questo mondoil consiglio è chiaro: «L’amore per questo mestiere non si insegnama si coltivaAvere la possibilità di far sorridere qualcunodi trasmettere benessereè qualcosa di prezioso. Lavoriamo con due elementi universali: la fame e il pensiero. Siamo lì per nutrirli entrambi. È un lavoro che ti mette in contatto con il mondoTi permette di viaggiaredi conoscere produttoridi parlare con persone diverse ogni giornoÈ un mestiere dinamicomai uguale a se stessoanche se il piatto è lo stessocambia l’ospitecambia il raccontocambia l’energia». Il suo invito finale è un atto d’amore verso il Paese che rappresenta ogni giorno in sala: «Prima di parlare di vinobisogna innamorarsi dell’ItaliaÈ impossibile conoscerla tuttama ogni volta che scopri un vitigno o un borgo nuovo capisci quanta ricchezza abbiamo».

Il valore umano dell’accoglienza

Insomma, le sue parole racchiudono il senso più autentico del mestierela sala come luogo di culturadi ascolto e di identitàIn un’epoca in cui tutto corre veloceMario ricorda che l’ospitalità resta un gesto profondofatto di tempoconoscenza e rispettoPerché l’Italia non si racconta in un bicchierema in una sala piena di persone che scelgono di ascoltarlaDietro ogni calice c’è una storiaun territorioun’emozione da condividereIl vino passala passione resta. Ed è quella cheogni serafa la differenza fra un servizio un’esperienza.

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