Qualità dell’aria al ristorante: un obbligo che molti ignorano, ma un problema reale
La corretta ventilazione è essenziale per garantire sicurezza, comfort e igiene, evitando anche che gli odori della cucina penetrino in sala. Impianti aeraulici e di estrazione richiedono manutenzione e sanificazione periodiche, spesso ignorate. Tecnici e aziende specializzate denunciano rischi economici, sanitari e penali per chi trascura questi obblighi
Redattore
Basta una cappa sottodimensionata o un ventilatore pigro per trasformare una cena elegante in una sauna al profumo di fritto. In un ristorante, l’aria non è un dettaglio tecnico: è parte dell’esperienza. Se fumi e odori invadono la sala, non è solo un problema di comfort: è un boomerang per l’immagine, la salute e perfino i conti. Eppure, in moltissimi locali italiani, la ventilazione resta un tema affrontato solo quando è già esploso il problema.

Nei locali con cucina a vista o sale da pranzo adiacenti ai punti cottura, infatti, gli odori possono facilmente diffondersi, compromettendo il comfort dei clienti. La corretta progettazione degli impianti di aspirazione e aerazione è fondamentale per mantenere un ambiente salubre e gradevole, rispettando normative e standard professionali.
Quando l’aria sa di fritto: il problema è (quasi sempre) tecnico
Il caso di un ristorante seguito da Roberto Perego, Training & Technical Manager di Vortice, ha mostrato come il dimensionamento corretto delle cappe, delle canalizzazioni e del ricambio d’aria sia determinante per risolvere queste criticità.

Una denuncia forte ma che vuole creare prima di tutto consapevolezza, altrimenti i problemi potrebbero essere molto seri.
Il caso portato da Perego: una barriera invisibile che salva la sala
«Partiamo da un caso studio che ho seguito io personalmente, un ristorante in cui c'era una cucina e una sala pranzo adiacenti con problemi di puzza di cibo che entrava in sala».
Nel ristorante analizzato, la cappa esistente presentava un ventilatore centrifugo con portata di 7.000 mc/h, insufficiente rispetto ai circa 15.000 mc/h necessari per la superficie di aspirazione. La lunghezza delle canalizzazioni e le curve a 90° limitavano ulteriormente l’efficienza.

Secondo Perego, le principali cause della diffusione degli odori erano due: un sottodimensionamento della cappa e una pressione negativa eccessiva nella sala pranzo. «Se c'è un richiamo d'aria, perché c'è depressione da parte della sala pranzo, chiaramente i fumi dalla cucina escono e vanno lì», spiega il tecnico. In pratica, quando la sala è in depressione, l’aria viene aspirata verso di essa dalla cucina, come se una cannuccia prelevasse l’aria da un ambiente all’altro, causando il passaggio indesiderato dei fumi di cottura. Questi fenomeni compromettono il comfort dei clienti e creano un rischio igienico-sanitario in quanto particelle di grasso e polveri possono depositarsi sulle superfici.

La soluzione ha previsto un ventilatore più performante (9.000 mc/h a 800 Pa) e l’installazione di barriere a lama d’aria per limitare la diffusione di odori verso la sala. «Abbiamo inserito una barriera lama d'aria, che è praticamente quell'oggetto orizzontale che si mette sopra le porte che butta giù l'aria e ti crea praticamente una porta fittizia fatta d'aria che divide gli ambienti», prosegue Perego. Le barriere d’aria rappresentano una soluzione efficace per isolare la cucina dalla sala pranzo, limitando la diffusione di odori anche con le porte aperte.
Dimensionamento e portata: dove molti ristoranti sbagliano
Un errore frequente nella progettazione riguarda il calcolo della portata delle cappe: deve garantire una velocità di aspirazione minima di 0,40 m/s sulla superficie di captazione. Se la velocità è inferiore, i fumi non vengono convogliati correttamente, contaminando la sala pranzo e compromettendo l’igiene del locale. La cappa deve essere dimensionata in base al piano cottura, con ventilatori adeguati alla portata necessaria e resistenza alle alte temperature.

Ricambio d’aria e normativa: non è solo una formalità
Oltre all’estrazione, è cruciale garantire il corretto ricambio d’aria nella sala pranzo tramite impianti di ventilazione canalizzata. La normativa UNI EN 16798-1 permette di calcolare le portate necessarie in base a superficie, numero di coperti e tipologia di edificio.

Vortice fornisce consulenza tecnica ai ristoratori, ma non interviene direttamente sulle canalizzazioni. «Possiamo fare un’analisi di quello che c'è e poi affidarci a partner che possono correggere l'errore», spiega Perego. La collaborazione con aziende specializzate permette di completare gli interventi con pulizia e sanificazione professionale, assicurando conformità alle normative e sicurezza.
Tecnologie consigliate per migliorare l’efficienza energetica
Per ottimizzare il ricambio d’aria senza sprechi energetici, Perego consiglia l’uso di recuperatori di calore, in grado di mantenere almeno l’85% dell’energia spesa per il trattamento dell’aria.

«Vanno bene sia in estate che in inverno, permettendo di ricambiare l’aria mantenendo temperatura e comfort», evidenzia Perego. Per le cappe, prodotti come la serie QBK KC garantiscono resistenza alle alte temperature e manutenzione ridotta, mentre i recuperatori NRG Flat possono gestire fino a 8.000 m³/h.
Pulizia degli impianti: l’1% dei ristoranti fa la manutenzione
La manutenzione regolare degli impianti aeraulici è spesso trascurata, ma va di pari passo con una corretta progettazione. Andrea Rota, responsabile tecnico-commerciale di BG Service, azienda specializzata proprio nella pulizia dei canali di areazione, lancia un grido d'allarme: «Sul 100% dei ristoranti con canalizzazioni aerauliche, forse solo l’1% effettua tutta la manutenzione igienica obbligatoria». Le normative UNI EN 12097 e UNI EN 15780 definiscono le procedure di ispezione visiva, tecnica e interventi di pulizia e sanificazione.

Rota ha spiegato come questi sistemi, spesso dati per scontati, siano in realtà elementi fondamentali per la salute, l’efficienza e la sicurezza di ogni ristorante. «Un locale di ristorazione ha sempre due impianti distinti: quello dell’aria e quello dell’estrazione fumi», chiarisce. «Il primo serve per il ricambio dell’aria e il mantenimento della qualità dell’ambiente interno; il secondo, per l’estrazione dei fumi e dei vapori di cottura. Entrambi richiedono una manutenzione attenta e periodica».
Impianti aeraulici e canne fumarie: due mondi diversi
Rota distingue subito le due tipologie di impianto. «Quando parliamo di impianto aeraulico, ci riferiamo a UTA (unità di trattamento dell'aria), canali, bocchette e diffusori. Tutto ciò che filtra e distribuisce l’aria nei locali. L’altro impianto è quello “grasso”, cioè la rete di estrazione delle cappe, che comprende canna fumaria e apparato motore».

Mentre per l’aria la normativa è chiara e impone controlli biennali con campionamento della carica batterica, per l’estrazione dei fumi la situazione è più complessa. «Nel primo caso la legge stabilisce obblighi precisi: se il campionamento rivela valori fuori norma, la bonifica diventa obbligatoria», spiega Rota. «Nel secondo caso, invece, la normativa parla genericamente di mantenere pulite le canalizzazioni per evitare il rischio incendio. Ma non specifica chi e come debba verificare le condizioni effettive».
Bonifica e sanificazione: cosa serve davvero per essere a norma
La bonifica aeraulica si articola in due fasi: una spazzolatura meccanica e aspirazione delle canalizzazioni, seguita dalla pulizia dell’UTA con sostituzione dei filtri. Poi si passa alla sanificazione, attraverso la nebulizzazione di prodotti specifici che saturano l’intero sistema. «Al termine del processo si ripete il campionamento e, se i valori rientrano nei limiti di legge, si rilascia la certificazione di conformità», spiega Rota.
Il problema, però, è che pochissimi ristoratori rispettano queste scadenze. «E non perché non vogliano: semplicemente, la maggior parte non sa nemmeno che esiste questo obbligo», denuncia.
Costi occulti, rischi reali: cosa succede se si ignora la manutenzione
Gli impianti sporchi diminuiscono l’efficienza e aumentano i consumi energetici. «Se non si interviene, si abbassa l’efficienza dell’impianto, aumentando il costo energetico», sottolinea Rota. Inoltre, la polvere e i residui di grasso favoriscono la proliferazione di batteri, muffe e legionella. La mancata manutenzione può anche causare guasti immediati, come il blocco del motore della cappa, e problemi igienico-sanitari evidenti, come gocciolamenti di grasso sui piatti.

La responsabilità ricade sul titolare del ristorante: sanzioni amministrative e conseguenze penali possono derivare dal mancato rispetto delle normative. La normativa sugli impianti di estrazione e aerazione è a volte interpretata in modo soggettivo dalle autorità locali, rendendo fondamentale l’intervento di aziende specializzate come BG Service. «Non è solo una questione di costi, ma di etica professionale», conclude Rota.
L’etica della manutenzione
Rota parla con passione e senso civico. «Non è solo una questione economica, ma di etica professionale. Quando apro certi impianti e vedo cosa c’è dentro, resto senza parole. Lo faccio vedere ai titolari e chiedo: “Secondo te è etico che i tuoi dipendenti e i tuoi clienti respirino quest’aria?”. La risposta è ovvia».

Secondo il tecnico, i ristoratori dovrebbero vedere la manutenzione non come una spesa, ma come un investimento. «Un impianto pulito garantisce aria più salubre, consumi ridotti, maggior efficienza e soprattutto sicurezza. È un vantaggio per tutti».
Le criticità del settore e la carenza di professionisti
La situazione è resa ancora più difficile dal fatto che poche aziende in Italia sono in grado di gestire in modo certificato sia gli impianti aeraulici che quelli di estrazione fumi. «Saremo una decina in tutta Italia», stima Rota. «Questo significa che quando un ristoratore si trova con l’ATS alle porte e solo quindici giorni per sistemare tutto, deve correre - e far correre noi».

E mentre la legge sugli impianti d’aria è chiara, quella sugli impianti di estrazione resta “grigia”. «Il rischio incendio e le condizioni igienico-sanitarie devono essere garantite, ma nessuno definisce in modo oggettivo cosa significhi “pulito” o “a norma”. In alcune province un tecnico dell’ATS ti dice una cosa, in altre ti dicono l’opposto».
Un obbligo (e un’opportunità): l’aria pulita è business
Per Rota, la consapevolezza sta lentamente crescendo, anche grazie a incontri e iniziative promosse dalle associazioni di settore. «In questi giorni abbiamo un incontro nazionale proprio per dare maggiore visibilità a questo tema e favorire un adeguamento normativo più uniforme», spiega.

Ma il messaggio finale resta un monito forte ai ristoratori: «Non aspettate l’ispezione dell’ASL per intervenire. La manutenzione periodica degli impianti non è un optional, ma un obbligo di legge e una responsabilità verso clienti e collaboratori. Chi la trascura mette a rischio non solo la salute degli altri, ma anche la propria attività».
Ventilazione e manutenzione non sono orpelli burocratici: sono strategie operative che impattano direttamente su comfort, reputazione e marginalità. Ogni cliente che respira aria pulita resta più volentieri, spende di più e torna più spesso. Ignorare questi aspetti, al contrario, significa regalare clienti al vicino - e qualche grana (anche legale) alle autorità sanitarie. In sintesi: chi investe nell’aria non fa beneficenza, fa business intelligente.
 


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