martedì 11 novembre 2025

Il vero scandalo è lo zucchero nel caffè

 

Il vero scandalo non è l’ananas sulla pizza. È lo zucchero nel caffè

Gli italiani difendono le tradizioni con passione militante, pronti a insorgere di fronte alla panna nella carbonara o all’ananas sulla pizza. Eppure, con la stessa disinvoltura, affogano ogni giorno l’espresso nello zucchero. È il paradosso più dolce (e triste) del Paese: se il caffè fosse davvero buono, non servirebbe correggerlo

di Luca Bassi

Il vero scandalo non è l’ananas sulla pizza. È lo zucchero nel caffè

Ci sono battaglie culturali che in Italia si combattono con la passione di una crociata: l’ananas sulla pizza, la panna nella carbonaraSu questi puntil’italiano medio non transigeMa poipuntualesi presenta al bancone del barordina “un caffè normale” e affonda due cucchiaini di zucchero in trenta millilitri di liquido neromescolando con vigore quasi liberatorio. Ecco: lo stesso Paese che si scandalizza davanti a un topping tropicale è quello che ogni giorno affoga il proprio espresso in una dolcezza stucchevole. L’ironia è evidente: se il caffè italiano fosse davvero buono come diciamonon avrebbe bisogno di zucchero. Ma siccomenove volte su 10quello che esce dalle nostre macchine è amarobruciato o sovraestrattol’unico modo per renderlo bevibile è addolcirlo. Il cucchiaino di zucchero è la nostra scappatoia culturale, la toppa dolce su un gusto difettoso. È la rimozione collettiva del problema.

Una questione di abitudine (e di sopravvivenza)

Mettere lo zucchero nel caffèin Italiaè un gesto quasi automaticoÈ la prima cosa che impariamo quando da adolescenti iniziamo a bere espresso: «È amaroci devi mettere lo zucchero». È la frase che si sente nei bar, nelle cucine, nei luoghi di lavoro. L’amaro è vissuto come una minacciaqualcosa da correggerenon da comprendereIl risultato è che intere generazioni hanno imparato a non assaggiare mai davvero il caffèma solo la versione edulcorata della propria abitudineLo zucchero, in fondo, è una forma di autodifesaServe a mascherare difetti che ormai consideriamo normali: tostature eccessive, amarezze da bruciato, note di legno e di cenere. Se togliessimo lo zucchero a gran parte degli espressi serviti nel Paesescopriremmo un sapore spesso sgradevoleacidoaggressivo.

Lo zucchero diventa così un anesteticocalma il palatoaddolcisce la realtàci evita di fare domande. Eppure, l’espresso - quello vero, quello buono - non ha bisogno di zuccheroUn caffè ben estrattoottenuto da materia prima di qualità e tostato con rispettoha un equilibrio naturale di dolcezzaacidità e corpo. È armonioso, complesso, sorprendente. Dentro una buona tazzina si possono riconoscere note di frutta seccadi cioccolatodi fioridi agrumiTutte cose che lo zucchero cancellacopreneutralizzaÈ come aggiungere acqua a un Barolo o ketchup a una bistecca di fassona: si può fare, certo, ma il problema non è nel prodotto. È nel palato.

Lo zucchero come anestesia culturale

La radice del problema èancora una voltaculturaleL’Italia non ha mai educato il gusto del caffèHa educato il ritonon il palato. La pausa caffè è un simbolo socialenon un’esperienza sensoriale. Nessuno ci insegna a riconoscere un buon espresso, a capirne i profumi o la struttura. Ci insegnano a berlo in frettain piedicon due bustine di zucchero e un bicchierino d’acqua a rincorrere. Lo zucchero è diventato il collante di questa superficialità. È l’additivo che tiene in piedi il mito del “vero espresso italiano” e lo rende sopportabile anche quando è cattivo. È la foglia di fico del nostro orgoglio nazionale: ci permette di continuare a dire che “noi lo facciamo meglio di tutti”, mentre mascheriamo con dolcezza un gusto impoverito.

Il paradosso è che l’italiano medio, quello che si sente custode della tradizione, si scandalizza di fronte a chi mette il latte di soia nel cappuccino o una fetta di ananas sulla pizzaMa poicon la stessa disinvolturamette due cucchiaini di zucchero nel caffè. “Sacrilegio!” urla al turista che osa fare diversamente, mentre lui stesso commette il più grande tradimento del gusto. Forse la differenza è che la pizza con l’ananasalmenoè un atto consapevoleIl caffè con lo zucchero, invece, è pura inconsapevolezzaSe il caffè fosse davvero buononon servirebbe correggerloSe l’espresso fosse davvero equilibratola dolcezza naturale del chicco - perché il caffè è dolce, se trattato bene - basterebbe da sola. Invece, abbiamo costruito una tradizione sulla necessità di nascondere i difettiLo zucchero non è solo un ingredienteè un sintomoIl sintomo di un Paese che ha trasformato un capolavoro agricolo e artigianale in una bevanda standardizzatamediocreaddolcita quanto basta per non accorgersi della sua tristezza.

Il vero scandalo non è l’ananas sulla pizza. È lo zucchero nel caffè

Se il caffè fosse davvero buono, non servirebbe correggerlo

Naturalmenteesiste anche un aspetto fisiologicoIl palato umano, per natura, tende a preferire il dolceÈ un istinto primordialelegato alla sopravvivenzaMa è anche una questione di allenamentosi può educare il gustoimparare ad apprezzare la complessità dell’amarole sue sfumatureIn Italia, invece, abbiamo disimparato a sentireLo zucchero ci ha resi pigriCi ha tolto la curiosità. Ogni bustina è una rinuncia: alla scoperta, alla differenza, alla verità del prodotto. Ci sono baristi che provano a invertire la rotta, che invitano i clienti ad assaggiare il caffè prima di zuccherarlo. Spesso la risposta è la stessa: «Noa me piace dolce». Ma la verità è che non lo si è mai provato davveroil caffèSi è provata solo la versione anestetizzata del suo sapore. Un buon espresso, bevuto senza zucchero, racconta tutto: la tostatura, la qualità del chicco, la pulizia dell’estrazione. È trasparente, nudo, sincero. Non mente. Ed è forse proprio per questo che fa paura.

Il dolce inganno che nasconde la verità

Lo zucchero nel caffè non è solo un’abitudine poco sensataè anche una scelta poco salutare. In un Paese che consuma milioni di tazzine al giornodue bustine per volta fanno una montagna di zucchero invisibile. Si parla tanto di diete, di benessere, di consapevolezza alimentare - ma poi nessuno considera che una delle abitudini più radicate e quotidiane è anche una delle più inutili. L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di limitare gli zuccheri aggiunti a meno del 10% dell’apporto calorico giornaliero.

Eppure, per molti italianigran parte di quella quota arriva proprio da lìdal piccolo gesto automatico del mattinoripetuto più volte al giornoMa il vero danno è culturale. Finché continueremo a zuccherare il caffè, continueremo a non affrontare il problema: la cattiva qualità del caffè stesso. Non c’è zucchero che possa correggere una cattiva tostaturané dolcificante che renda onesto un espresso bruciatoLa dolcezza, in un caffè buono, c’è giàBasta saperla trovare.

Lo zucchero nell’espresso, un paradosso tutto italiano

Siamo un Paese che difende le proprie tradizioni con una gelosia feroce. Guai a toccare la pizza, la pasta o il vino. Ma il caffè - il simbolo più quotidiano e diffuso del nostro gusto - lo trattiamo con una leggerezza disarmante. Ci indigniamo per l’ananas, ma accettiamo senza battere ciglio di bere ogni giorno un espresso corretto… con zucchero. La verità, forse, è che l’ananas non è il problema. Il problema è che, se il caffè fosse buono, nessuno sentirebbe il bisogno di dolcificarlo.

Il vero scandalo non è l’ananas sulla pizza. È lo zucchero nel caffè

Difendiamo le tradizioni, ma affoghiamo il caffè nello zucchero

Ma siccome, nella maggior parte dei casi, non lo è, lo zucchero serve a renderlo accettabile. È la provadolce e impietosache la nostra superiorità gastronomicaalmeno in questo campoè tutta da rivedere. Forse il giorno in cui l’italiano smetterà di mettere lo zucchero nell’espresso sarà anche il giorno in cui inizierà davvero a capirlo. E chissà, magari allora potremo permetterci di scherzare con chi mette l’ananas sulla pizza senza essere noi, questa volta, quelli nel torto.

L’inchiesta di Italia a Tavola sul caffè

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