In un contesto agricolo europeo segnato da profonde trasformazioni, i settori delle uova e del latte offrono uno spaccato di come dinamiche stagionali, fattori sanitari ed evoluzioni normative influenzino in modo diretto l’andamento dei prezzi e dei volumi produttivi.
Da un lato, il comparto delle uova sta assistendo a una ripresa della domanda che sostiene le quotazioni nonostante la flessione dei costi di produzione, in particolare dei mangimi. Dall’altro, il comparto lattiero-caseario appare più esposto a una combinazione di criticità strutturali e congiunturali che, secondo alcune proiezioni, potrebbero portare a una contrazione della produzione nel 2025. A fotografare questo scenario sono i più recenti aggiornamenti pubblicati dalla Commissione Europea e dalle analisi di Areté, che evidenziano tendenze da monitorare attentamente in vista dei prossimi mesi.
Uova: domanda in ripresa e offerta ancora debole sostengono i prezzi
Nel mercato europeo delle uova, la situazione resta influenzata dagli strascichi dell’influenza aviaria che, soprattutto nei primi mesi del 2025, ha continuato a rallentare l’offerta. Nonostante un contesto di prezzi dei mangimi ai minimi da ottobre 2020, i listini delle uova risultano in ripresa, sostenuti da una domanda nuovamente attiva.
Secondo l’analisi di Areté, con l’avvicinarsi del periodo di picco stagionale della domanda tra settembre e dicembre, molti operatori, che nei mesi precedenti avevano scelto di posticipare gli acquisti in attesa di maggiore chiarezza sull’andamento del mercato, sono tornati a effettuare ordini. Questo ritorno di interesse sta contribuendo a mantenere alti i prezzi.
In Italia, in particolare, si osserva un’inversione di tendenza: le uova di categoria M da allevamento in gabbia, quotate dalla CUN, dopo un calo del 13% tra aprile e luglio, hanno registrato un aumento del 2% nell’ultima rilevazione. Nel complesso, il prezzo medio di luglio è superiore del 40% rispetto allo stesso mese del 2024.
Latte UE: produzione stagnante tra sostenibilità e malattie
Il comparto del latte in Europa mostra segnali di rallentamento strutturale e congiunturale. Secondo le proiezioni dello «Short-term outlook» pubblicato dalla Commissione Europea a luglio, nel 2025 la produzione di latte nei Paesi membri raggiungerà 155,8 milioni di tonnellate, segnando un incremento marginale dello 0,1% rispetto al 2024.
Tuttavia, questo tasso di crescita è inferiore sia alla media degli ultimi cinque anni (+0,5%) che a quella del decennio precedente al 2020 (+1,2%). Le cause sono principalmente strutturali, legate alle politiche UE sempre più rigorose in materia ambientale e alla crescente attenzione verso la sostenibilità, che si traducono in una progressiva riduzione del numero di capi allevati, solo in parte bilanciata da un aumento delle rese produttive per animale.
A pesare ulteriormente sulla produzione sono anche fattori congiunturali. Tra questi, si segnalano eventi climatici sfavorevoli e la diffusione di epidemie come bluetongue, afta epizootica e dermatite nodulare, che hanno interessato diversi allevamenti in UE. Queste malattie infettive non solo compromettono le rese, ma comportano abbattimenti preventivi e limitazioni agli scambi commerciali, con l’istituzione di zone di sorveglianza.
I dati relativi alla prima metà del 2025 confermano una tendenza negativa: le consegne di latte sono inferiori dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2024, con cali significativi in Germania (-2,7%), Francia (-1%) e Olanda (-1,9%). Solo parzialmente compensano i leggeri aumenti registrati in Polonia (+0,8%), Italia (+0,1%) e Irlanda (+7,6%).
In contrasto con le stime della Commissione Europea, le anticipazioni Areté delineano un quadro più negativo per il 2025. Secondo il centro studi, la produzione lattiero-casearia comunitaria potrebbe registrare un calo complessivo dello 0,7%. Tale contrazione sarebbe da attribuire alla concomitanza tra politiche ambientali restrittive, persistenza di costi produttivi elevati rispetto al periodo pre-2020 e impatti sanitari non trascurabili.
Se confermata, questa previsione segnerebbe un'inversione di tendenza significativa rispetto ai trend storici, con potenziali ripercussioni anche sul mercato dei trasformati e sulle esportazioni europee di prodotti lattiero-caseari.
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