Buoni pasto, tetto del 5% alle commissioni: cosa cambia per ristoranti e bar
Dal 1° settembre 2025 scatterà il tetto massimo del 5% sulle commissioni dei buoni pasto, ponendo fine a un sistema che aveva gravato per anni su bar, ristoranti e pubblici esercizi con oneri fino al 20%. La misura punta a riequilibrare il mercato, ridurre i costi per gli esercenti e incentivare una più ampia accettazione dei ticket. Benefici attesi anche per i consumatori, ma resta alta l’attenzione
Dal 1° settembre 2025 entra in vigore il tetto massimo del 5% sulle commissioni applicate ai buoni pasto, una misura che pone fine a un sistema considerato da tempo penalizzante per bar, ristoranti e pubblici esercizi.
Un risparmio per le imprese
Giancarlo Banchieri, presidente nazionale di Fiepet Confesercenti al Sole 24 Ore ha dichiarato: «Sarà finalmente operativo il tetto alle commissioni applicate alle imprese per l’accettazione dei buoni pasto, che non potranno più superare il 5% del valore nominale del ticket». Secondo le stime di Fiepet, il provvedimento permetterà agli imprenditori di risparmiare fino a 400 milioni di euro l’anno, riducendo costi che finora si erano rivelati difficili da sostenere. «Si tratta di un risultato importante - ha spiegato Banchieri - perché pone fine a un sistema che scaricava sugli esercenti oneri sproporzionati».
«La norma era stata fortemente voluta dalla Fipe - dice il direttore generale Roberto Calugi - e oggi possiamo dire che il mercato dei buoni pasto torna finalmente in equilibrio. Questo permetterà a un settore che ormai non li accettava più, perché di fatto erano scomparsi dalla ristorazione, di tornare a utilizzarli. Prima le commissioni erano arrivate a livelli insostenibili: nel privato fino al 12-13%, nel pubblico addirittura al 21%. Con il tetto fissato al 5% diventa nuovamente conveniente accettare i buoni pasto».
Effetti positivi per i consumatori
La riduzione delle commissioni, spiega Fiepet, avrà ricadute positive anche per i clienti: più esercizi saranno incentivati ad accettare i buoni pasto, favorendo una maggiore concorrenza e, di conseguenza, più benefici per i consumatori. «Meno costi per le imprese significa più disponibilità ad accettare i ticket, più concorrenza e più benefici per i clienti» ha sottolineato Banchieri.
«Gli effetti positivi di questa norma - sottolinea Calugi - sono tre: una maggiore concorrenza tra le società emettitrici, un risparmio significativo per gli esercenti, che finora subivano commissioni troppo alte, e infine il ritorno concreto all’utilizzo dei buoni pasto anche nel mondo della ristorazione».
Attenzione alle mosse delle società emettitrici
Nonostante l’impatto positivo, l’associazione lancia un monito: resta il rischio che le società emettitrici possano intervenire modificando le convenzioni. «Non possiamo permettere - ha aggiunto Banchieri - che il risparmio ottenuto venga vanificato da modifiche unilaterali dei contratti, come l’allungamento dei tempi di pagamento. Serve un controllo attento per evitare che i vantaggi rimangano solo teorici».
Prospettive future: tetto di esenzione a 10 euro
La Fiepet invita inoltre le istituzioni ad aprire una riflessione sul fronte fiscale. L’obiettivo è l’innalzamento del tetto di esenzione fino a 10 euro, già con la prossima Legge di Bilancio. «Un intervento di questo tipo renderebbe i ticket più utili e convenienti per tutti, consumatori e imprese» conclude il presidente di Fiepet.
Buoni pasto, un mercato che coinvolge imprese,
lavoratori ed esercenti
Il mercato dei buoni pasto coinvolge quattro attori principali: i datori di lavoro, le società emettitrici, gli esercizi commerciali e i lavoratori. Le aziende utilizzano i ticket come strumento di welfare aziendale, potendo contare su una deduzione fiscale del 100%. I dipendenti li impiegano per l’acquisto di alimentari o per consumare pasti in bar e ristoranti.
Le società emettitrici, che gestiscono l’intero sistema, applicano però commissioni significative agli esercenti: in alcuni casi si era arrivati a trattenere fino al 20%. Questo meccanismo ha generato negli anni forti malumori tra ristoratori e grande distribuzione, spingendo il legislatore a intervenire. Così si è arrivati all'introduzione del tetto del 5%, con la data del 1° settembre che segna la fine di un periodo di transizione per consentire l’adeguamento progressivo dei contratti già sottoscritti.
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