Miscelato o liscio,
italiano o estero
Il 13 giugno
si festeggia il gin
50 milioni di casse di gin dietro ai banconI |
Un po' olandese, un po' italiano, un po' di tutto il mondo. Il gin è un distillato che ha attraversato la storia fino a conquistare palati e curiosità di tantissimi consumatori. Cresce la produzione made in Italy.
Ne ha di storia da raccontare il gin, che dal 2009 ha la sua Giornata Mondiale nel secondo sabato di giugno. L'evento coinvolgerà milioni di gin lovers tra bartender, sempre più professionali, e appassionati di un distillato dalle tante espressioni miscelate, sia negli intramontabili cocktails classici che nelle inedite signature. Sarà una competizione planetaria in cui gareggeranno Martini, Negroni, Gin Tonic, Angelo Azzurro, French 75, Angel Face, Gimlet, Floradora, Hanky Panky e tanti altri cocktail.
È amato e prodotto in vari Paesi questo distillato, tradizionalmente ottenuto attraverso la fermentazione di cereali, principalmente grano e segale o patate, e aromatizzato con le più diverse botaniche, erbe o spezie. A dominare sono però le bacche di ginepro che ne caratterizzano profumo e gusto e che gli danno il nome.
Ogni anno oltre 50 milioni di casse di gin finiscono dietro ai banconi di pub e bar di tutto il mondo per essere miscelato perché normalmente non si gusta in purezza. Per accompagnare la composizione finale nel calice è stata inventata una speciale macchina ice maker che fa perfette sfere di ghiaccio.
Nessun altro spirit può vantare una storia come la sua, intrecciata nei secoli alle vicende dei popoli e talvolta controversa. Della nascita di questo distillato vanno ringraziate le comunità olandesi e fiamminghe del '600 che ne crearono l'antenato diretto, il jenever, a base di bacche di ginepro macerate nel vino. Per le sue doti considerate speciali la bevanda veniva data ai soldati come razione quotidiana nella guerra degli Ottanta Anni, e il coraggio dimostrato ne confermava l'efficacia. Bisogna però rivendicare una certa italianità considerando che nel Medioevo una sorta di proto-gin nostrano veniva distillato per uso medicale dalla Scuola Salernitana e poi dai monaci Benedettini. Grande produttrice ed esportatrice fu l'Inghilterra, soprattutto quando nel 1690 Guglielmo d'Orange sbarrò i confini al cognac prodotto dagli odiati francesi. Grazie al basso costo ne derivò un consumo di massa soprattutto nelle classi povere. Così il distillato - talvolta trattato con sostanze dannose come l'acido solforico - fu definito "Mother's ruin", la rovina delle madri che si ubriacavano trascurando la prole. Il Gin Act che nel 1736 impose tasse elevate sulla produzione fece poco effetto sulle tragiche conseguenze del suo abuso. Ancora oggi la sua reputazione negativa è rimasta nello slang newyorkese che con spregio definisce l'etilista proprio "gin". Successivamente la storia rese giustizia al distillato perché, miscelato ad acqua e all'amarissimo chinino, servì a curare la malaria nelle fiorenti colonie d'Oltreoceano. Nacque così il famosissimo Gin Tonic - anche se l'acqua tonica moderna, di chinino, ne contiene una minima traccia. Riguardo a questo cocktail, dal successo inarrivabile, sir Winston Churchill disse che «salvò più vite e menti di inglesi, che tutti i medici dell’Impero».
Numerose le sperimentazioni nei secoli successivi con le varie botaniche e spezie, ed oggi il distillato può essere classificato in Gin, Gin Distillato (come il Plymouth, elegante, fresco e aromatico e con ricetta segreta, prodotto da un'unica distilleria della città della Cornovaglia, la Black Friars) e il London Dry; può essere prodotto in tutto il mondo, con un disciplinare. Una sua derivazione più dolce è il famoso Old Tom Gin che invecchia in botti di vino ed è quello usato nell'originale cocktail Tom Collins. Numerosi sono poi gli spiriti aromatizzati al ginepro, tra cui il Genever che ultimamente vive un nuovo interesse.
Soprattutto in seguito al Proibizionismo nuovi stili di gin artigianali si sono affermati negli Stati Uniti per le origini britanniche di molti cittadini e molto apprezzata dagli appassionati è la produzione irlandese di grandi e modeste distillerie. Grande il successo delle originali iniziative della scozzese Hendrick's, nella regione dell'Aryshire, che ha fatto della presenza del cetriolo tra le sue botaniche il tratto distintivo e che organizza eventi al cucumber in tutto il mondo. L'ortaggio è stato anche oggetto di una ricerca dell'Università di Sidney che dimostra la sua "intelligenza" e il piacere nell'ascoltare la musica.
«Il successo del gin in Italia negli ultimi anni - dice Carlo Dutto, esperto e organizzatore di eventi - ha avuto un incremento incredibile. Basti pensare all'interesse crescente per ogni manifestazione come il Gin Day di Milano, anche da parte del pubblico femminile, e della grande produzione italiana in tutte le regioni e a base di ogni tipologia da erbe mediterranee, spezie e frutti». Inoltre nella miscelazione il gin è sempre più usato e le scelte dei consumatori più competenti. Basti pensare a come si pretende un Martini perfetto, secondo il proprio gusto, oppure all'accurata scelta dell'acqua tonica per il gin tonic. È questo il tema del volume "Gin Tonic" pubblicato dalla Readrink, una casa editrice specializzata nel berevage, sull'abbinamento perfetto, con la prefazione di Federico Leone. Le botaniche alla base delle etichette made in Italy sono tante, molte tipiche e territoriali grazie alla nostra biodiversità, dal cappero di Pantelleria agli agrumi, dall'oliva taggiasca alla cannella fino al coriandolo. C'è la distilleria benedettina di Vallombrosa (Ar) che fa un distillato monovarietale al ginepro, la Zu Plun nell'area dolomitica che distilla da erbe, spezie e limoni del Lago di Garda, e quella del calabrese Ivano Trombino negli ultimi anni ha composto un vero e proprio inno ai profumi della sua regione. C'è anche la distilleria sarda Silvio Carta con il suo Giniu al profuno di finocchietto, mirto, lentisco e timo, con tutte le note salmastre e iodate del luogo in cui nasce, e la toscana Ginepraio in cui tutto è completamente biologico. Ultima novità, nata dagli ozi obbligati del lockdown di un gruppo di giovani salentini, è il Muma, all'acqua di mare e alle erbe locali. Ma c'è anche un affermato progetto di gin sartoriale, ideato da Federico Volpe di Dry Milano rivolto a barman, cocktail bar e ristoranti che desiderino avere un gin su misura in ogni suo aspetto: ricetta, bottiglia ed etichetta.
Un giudizio sul nuovo consumatore italiano ce lo dà Walter Grosso, advocacy manager e ambassador di Rinaldi 1957 che distribuisce in Italia gin inglesi dell'attore Ryan Reynolds come Ramsbury, Fifty Pounds e Gin Aviation. «C'è quasi un nuovo Rinascimento in Italia del gin, rispetto a quello che si beveva negli anni '90 quando le aziende non erano tantissime ed i prodotti approssimativi. Ora i marchi sono cresciuti, la produzione rivista e oltre al London Dry - gin perfetto come tipologia - sono apprezzati i flavoured gin, aromatici, morbidi e freschi, quasi di tendenza spagnola, che hanno avvicinato sempre più il consumatore. Da notare che negli ultimi anni - e non solo in Italia - c'è una sua nuova attenzione all'origine delle materie prime e alle pratiche produttive con rispetto l'ambiente. Il Ramsbury, ad esempio, prodotto nelle colline tra Londra e Cardiff, viene prodotto in una fattoria con una politica di riciclo e di totale antispreco, a cominciare dalle acque filtrate e reintrodotte nell'ambiente».
Per Federico Leone, global ambassador di VII Hills Italian Dry Gin, tra i primissimi premium italiani ad essere prodotti nel 2014, i nostri marchi si contavano sulle dita di una mano. Oggi sono circa 500 e ognuno con la propria personalità. Per la richiesta sempre più forte nei bar e nei pub le proposte dovrebbero essere almeno una ventina. Si calcola che la crescita del mercato del gin sia +20% ogni anno, ma il dato importante è quella dei nostro gin made in Italy. «VII Hills Italian dry gin - ha detto Federico Leone - è nato con l'idea di portare in giro per il mondo il racconto della nostra penisola e il modo più facile per farlo è attraverso un calice che rievoca i sapori di casa nostra, da bere miscelato ma anche liscio».
Il 13 giugno è la giornata mondiale del Gin
È amato e prodotto in vari Paesi questo distillato, tradizionalmente ottenuto attraverso la fermentazione di cereali, principalmente grano e segale o patate, e aromatizzato con le più diverse botaniche, erbe o spezie. A dominare sono però le bacche di ginepro che ne caratterizzano profumo e gusto e che gli danno il nome.
Ogni anno oltre 50 milioni di casse di gin finiscono dietro ai banconi di pub e bar di tutto il mondo per essere miscelato perché normalmente non si gusta in purezza. Per accompagnare la composizione finale nel calice è stata inventata una speciale macchina ice maker che fa perfette sfere di ghiaccio.
Il gin è un distillato con una storia più antica di quanto si possa immaginare
Nessun altro spirit può vantare una storia come la sua, intrecciata nei secoli alle vicende dei popoli e talvolta controversa. Della nascita di questo distillato vanno ringraziate le comunità olandesi e fiamminghe del '600 che ne crearono l'antenato diretto, il jenever, a base di bacche di ginepro macerate nel vino. Per le sue doti considerate speciali la bevanda veniva data ai soldati come razione quotidiana nella guerra degli Ottanta Anni, e il coraggio dimostrato ne confermava l'efficacia. Bisogna però rivendicare una certa italianità considerando che nel Medioevo una sorta di proto-gin nostrano veniva distillato per uso medicale dalla Scuola Salernitana e poi dai monaci Benedettini. Grande produttrice ed esportatrice fu l'Inghilterra, soprattutto quando nel 1690 Guglielmo d'Orange sbarrò i confini al cognac prodotto dagli odiati francesi. Grazie al basso costo ne derivò un consumo di massa soprattutto nelle classi povere. Così il distillato - talvolta trattato con sostanze dannose come l'acido solforico - fu definito "Mother's ruin", la rovina delle madri che si ubriacavano trascurando la prole. Il Gin Act che nel 1736 impose tasse elevate sulla produzione fece poco effetto sulle tragiche conseguenze del suo abuso. Ancora oggi la sua reputazione negativa è rimasta nello slang newyorkese che con spregio definisce l'etilista proprio "gin". Successivamente la storia rese giustizia al distillato perché, miscelato ad acqua e all'amarissimo chinino, servì a curare la malaria nelle fiorenti colonie d'Oltreoceano. Nacque così il famosissimo Gin Tonic - anche se l'acqua tonica moderna, di chinino, ne contiene una minima traccia. Riguardo a questo cocktail, dal successo inarrivabile, sir Winston Churchill disse che «salvò più vite e menti di inglesi, che tutti i medici dell’Impero».
Tra botaniche e spezie, sono numerosi gli aromi che distinguono i gin di tutto il mondo
Numerose le sperimentazioni nei secoli successivi con le varie botaniche e spezie, ed oggi il distillato può essere classificato in Gin, Gin Distillato (come il Plymouth, elegante, fresco e aromatico e con ricetta segreta, prodotto da un'unica distilleria della città della Cornovaglia, la Black Friars) e il London Dry; può essere prodotto in tutto il mondo, con un disciplinare. Una sua derivazione più dolce è il famoso Old Tom Gin che invecchia in botti di vino ed è quello usato nell'originale cocktail Tom Collins. Numerosi sono poi gli spiriti aromatizzati al ginepro, tra cui il Genever che ultimamente vive un nuovo interesse.
Soprattutto in seguito al Proibizionismo nuovi stili di gin artigianali si sono affermati negli Stati Uniti per le origini britanniche di molti cittadini e molto apprezzata dagli appassionati è la produzione irlandese di grandi e modeste distillerie. Grande il successo delle originali iniziative della scozzese Hendrick's, nella regione dell'Aryshire, che ha fatto della presenza del cetriolo tra le sue botaniche il tratto distintivo e che organizza eventi al cucumber in tutto il mondo. L'ortaggio è stato anche oggetto di una ricerca dell'Università di Sidney che dimostra la sua "intelligenza" e il piacere nell'ascoltare la musica.
«Il successo del gin in Italia negli ultimi anni - dice Carlo Dutto, esperto e organizzatore di eventi - ha avuto un incremento incredibile. Basti pensare all'interesse crescente per ogni manifestazione come il Gin Day di Milano, anche da parte del pubblico femminile, e della grande produzione italiana in tutte le regioni e a base di ogni tipologia da erbe mediterranee, spezie e frutti». Inoltre nella miscelazione il gin è sempre più usato e le scelte dei consumatori più competenti. Basti pensare a come si pretende un Martini perfetto, secondo il proprio gusto, oppure all'accurata scelta dell'acqua tonica per il gin tonic. È questo il tema del volume "Gin Tonic" pubblicato dalla Readrink, una casa editrice specializzata nel berevage, sull'abbinamento perfetto, con la prefazione di Federico Leone. Le botaniche alla base delle etichette made in Italy sono tante, molte tipiche e territoriali grazie alla nostra biodiversità, dal cappero di Pantelleria agli agrumi, dall'oliva taggiasca alla cannella fino al coriandolo. C'è la distilleria benedettina di Vallombrosa (Ar) che fa un distillato monovarietale al ginepro, la Zu Plun nell'area dolomitica che distilla da erbe, spezie e limoni del Lago di Garda, e quella del calabrese Ivano Trombino negli ultimi anni ha composto un vero e proprio inno ai profumi della sua regione. C'è anche la distilleria sarda Silvio Carta con il suo Giniu al profuno di finocchietto, mirto, lentisco e timo, con tutte le note salmastre e iodate del luogo in cui nasce, e la toscana Ginepraio in cui tutto è completamente biologico. Ultima novità, nata dagli ozi obbligati del lockdown di un gruppo di giovani salentini, è il Muma, all'acqua di mare e alle erbe locali. Ma c'è anche un affermato progetto di gin sartoriale, ideato da Federico Volpe di Dry Milano rivolto a barman, cocktail bar e ristoranti che desiderino avere un gin su misura in ogni suo aspetto: ricetta, bottiglia ed etichetta.
Federico Leone
Un giudizio sul nuovo consumatore italiano ce lo dà Walter Grosso, advocacy manager e ambassador di Rinaldi 1957 che distribuisce in Italia gin inglesi dell'attore Ryan Reynolds come Ramsbury, Fifty Pounds e Gin Aviation. «C'è quasi un nuovo Rinascimento in Italia del gin, rispetto a quello che si beveva negli anni '90 quando le aziende non erano tantissime ed i prodotti approssimativi. Ora i marchi sono cresciuti, la produzione rivista e oltre al London Dry - gin perfetto come tipologia - sono apprezzati i flavoured gin, aromatici, morbidi e freschi, quasi di tendenza spagnola, che hanno avvicinato sempre più il consumatore. Da notare che negli ultimi anni - e non solo in Italia - c'è una sua nuova attenzione all'origine delle materie prime e alle pratiche produttive con rispetto l'ambiente. Il Ramsbury, ad esempio, prodotto nelle colline tra Londra e Cardiff, viene prodotto in una fattoria con una politica di riciclo e di totale antispreco, a cominciare dalle acque filtrate e reintrodotte nell'ambiente».
Per Federico Leone, global ambassador di VII Hills Italian Dry Gin, tra i primissimi premium italiani ad essere prodotti nel 2014, i nostri marchi si contavano sulle dita di una mano. Oggi sono circa 500 e ognuno con la propria personalità. Per la richiesta sempre più forte nei bar e nei pub le proposte dovrebbero essere almeno una ventina. Si calcola che la crescita del mercato del gin sia +20% ogni anno, ma il dato importante è quella dei nostro gin made in Italy. «VII Hills Italian dry gin - ha detto Federico Leone - è nato con l'idea di portare in giro per il mondo il racconto della nostra penisola e il modo più facile per farlo è attraverso un calice che rievoca i sapori di casa nostra, da bere miscelato ma anche liscio».
di Mariella Morosi
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