domenica 9 ottobre 2022

Caro vita, mangiare a casa costa davvero di meno?

 

Caro vita, mangiare a casa 

costa davvero di meno? 

Forse la trattoria 

di vicinato ci salverà

Secondo il report FragilItalia, 2 italiani su 3 riducono consumi e l'84% ridurrà le cene fuori. Ma, calcoli alla mano, tra ingredienti, gas, acqua, elettricità, siamo sicuri che conviene?

di Vincenzo D’Antonio

Interessante, preoccupante, il recente report "FragilItalia", elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos. Procediamo per highlights per poi trarne spunti di riflessione. Il primo dato di fatto è che l'aumento dei prezzi sta costringendo gli italiani a ridurre i consumi. Due italiani su 3 riducono consumi; proprio così!

Tendenza al taglio dei consumi

Tendenza, evidenzia lo studio, "destinata a proseguire e in alcuni casi ad accentuarsi nell'immediato futuro, con l'87% degli italiani costretti a ridurre o evitare i consumi di energia elettrica e di gas, l'84% le cene fuori, l'83% i viaggi, l'82% lo shopping e i divertimenti".


Con la fine del mese di settembre (all’estate è subentrato l’autunno e con esso le prime avvisaglie della temuta tempesta perfetta), colpisce un dato stimato (ovviamente non potrebbe essere dato consuntivato): le vendite dei beni alimentari su base annua (settembre 2022 su settembre 2021) crescono del 6% circa in valore, e diminuiscono del 4% circa in volume. Insomma, se un anno fa si spendeva 100 per comprare 100, oggi si spende 106 per comprare 96!

Se poi osserviamo i picchi, i casi più eclatanti determinati dalla guerra in Ucraina e dal caro trasporti, ci atterrisce l’aumento dell’olio di semi. Due anni fa un litro di olio di semi in media costava 1,54 euro al litro, adesso è arrivato a 2,61 euro, e di conseguenza registra una flessione di circa un quinto degli acquisti. L’olio di semi si impiega prevalentemente per friggere. Cosa se ne deduce? In casa si frigge di meno!

E se a ridurre gli acquisti dell’olio di semi è il 20% dei responsabili di acquisto, ben peggiori sono le previsioni per altri alimenti: si arriva al 67% per i salumi e la carne, al 64% per il pesce, al 62% per i formaggi e al 58% per i surgelati.

A causa del caro bollette, gli italiani ripensano le strategie di consumo non solo rispetto ai prodotti acquistati ma persino rispetto ai sistemi di cottura.

No al forno, sì alle cotture veloci

Il 47% ha ridotto l'uso del forno, il 31% ha aumentato il consumo di alimenti che richiedono cotture veloci. Quando si cucina, si preferisce preparare grandi quantitativi di cibo che vengono poi divisi in porzione e surgelati.

 Gli italiani ridurranno le cene fuori e i concetto del delta

Occhio a quest’ultima informazione: è fondamentale ai fini del nuovo approccio alla ristorazione e la correliamo al dato enunciato in apertura: l'84% degli italiani ridurrà le cene fuori.

Introduciamo opportunamente il concetto del delta. Quale delta è sempre mediamente intervenuto, da almeno 30 anni a questa parte, tra il costo della cena a casa e il prezzo della cena in trattoria? Parliamo di costo complessivo a casa e di scontrino in trattoria. Parliamo di trattoria, più che di ristorante. Parliamo di una cena dove la scelta di un primo e di un secondo cade su piatti che, fatte salve le differenze di pregevolezza organolettica dovute alle abilità della cucina, “avrei saputo fare a casa anche io”, con ciò intendendo essenzialmente la reperibilità degli ingredienti in gdo e “confidenza” pressoché quotidiana di loro uso in cucina domestica. Di certo non possiamo parlare dei ristoranti stellati, giusto per intenderci. Insomma, ci si riferisce alla cara evergreen trattoria di vicinato.

Il fattore (il delta) è all’incirca 9 se pensiamo al valore che sta nel piatto. Questo delta scende a circa 6 se analizziamo le spese accessorie atte a “mettere il piatto a tavola”: lo si è cucinato (ante) e ciò ha comportato uso di gas (ma mica solo gas, anche acqua ed elettricità) e poi si riporta tutto a pulito (post), e ciò comporta impiego di acqua calda, detersivi, elettricità, eccetera.


Senza voler calcolare che ho tenuto le luci accese, potevo mica cenare al buio, e magari i termosifoni accesi (e la televisione!), eccetera. E mi si sporca la tovaglia che andrà pur lavata in lavatrice, eccetera!

Rigatoni alla carbonara, a farli a casa, e sia ben chiaro, fatti come si deve, quindi la pasta, il pecorino romano, il guanciale, le uova, tutto di qualità eccellente, costo di un anno fa (due porzioni) 2,9 euro (possiamo arrotondare a tre euro). E parliamo del valore nel piatto. Poco più con i suddetti costi accessori, tali comunque da non arrivare a quattro euro. E oggi? Oggi, a parità di qualità degli ingredienti, siamo arrivati a 4 euro per due (ben fatte) porzioni. E i costi accessori? Quelli sono considerevolmente aumentati e pertanto arriviamo ad un costo complessivo di poco più di 5 euro.

Volete che l’oste da un anno all’altro non abbia anch’egli dovuto affrontare aumenti dei costi? Ma certo che sì!

Però l’oste ha un vantaggio rispetto a noi che cuciniamo a casa. L’oste spalma l’aumento dei costi, soprattutto quelli delle bollette, su numeri che di certo non sono quelli domestici. E la pasta la compra a scatole e non a singolo pacco; e il guanciale a pezzi interi e non le poche fette, e così il pecorino e le uova.

Per semplificare: cucinare due porzioni di rigatoni alla carbonara, comporta un consumo di gas (e quindi un costo in bolletta) che di certo non raddoppia se le porzioni sono quattro e non triplica se le porzioni sono sei e così via. Anzi, si può arrivare ad affermare che al raddoppio dei costi accessori si arriva solo al decuplicare delle porzioni dei rigatoni alla carbonara.

 La soluzione

E l’oste consapevole di ciò? Di questo “vantaggio” sul costo pro capite che ha nei confronti di chi cucina a casa? Poniamo che ne sia consapevole. E allora? Cosa mai dovrebbe fare?

Per prima cosa, assunto irrinunciabile ed ovvio, non deve di certo abbassare la qualità degli ingredienti e quindi il gusto e la salubrità del piatto che arriva a tavola. Può, anzi deve, evitare gli sprechi dei consumi di sala. Pensiamo, a mo’ di valevole esempio, a spegnere, se non drasticamente a disinstallare la televisione (sovente più di una) in sala e a tenere accese le luci solo quando necessario e non anche in pieno giorno.

Di certo, elemento importantissimo, deve riconsiderare il pricing dei vini in carta, commutando il “per” in “più”, ovvero addizionare una fee (sacrosanta e legittima) ma non moltiplicare per due o per tre il suo costo di acquisto.

Gli italiani tagliano i consumi Caro vita, mangiare a casa costa davvero di meno? Forse la trattoria di vicinato ci salverà

Gli italiani tagliano i consumi


Dopodiché, di certo non potendo evitare un ritocco verso l’alto del prezzo delle proposte a menu (menu da snellire fortemente in numero di voci), deve agire responsabilmente, badando comunque all’utile di esercizio, a ridurre il delta tra costo complessivo della cena a casa con il valore di scontrino della cena in trattoria. Dopo di ché deve rendere di ciò edotta la sua potenziale clientela.

Su questa diminuzione del delta (da 9 a 8 e da 6 a 5) che il cliente deve essere aiutato a percepire, si gioca non il decremento di quell’84% di italiani che ridurranno le cene fuori, bensì il considerevole aumento di probabilità che una volta che comunque a cena fuori si va (portare a zero le uscite al ristorante comporta la caduta collettiva della qualità della vita), si sceglie quella trattoria che pur avendo dovuto necessariamente ritoccare i prezzi verso l’alto ha comunque diminuito il delta tra costo complessivo della cena a casa e valore di scontrino della cena in trattoria. Nella tempesta dell’autunno forse può splendere in cielo l’arcobaleno della trattoria di vicinato. Iat

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