giovedì 15 settembre 2022

L'ASSAGGIO: Facciamo le domande giuste ai consumatori?

 L'ASSAGGIO: 

Facciamo 

le domande giuste 

ai consumatori? 

I nuovi orizzonti aperti dalle neuroscienze anche per indagare sul consumatore, le nuove tecnologie e i cambi di paradigma Neuroscienze da bar Un bicchiere di vino, qualche nocciolina e quattro chiacchiere in amicizia. 

Non è insolito sentir parlare di neuroscienze durante un aperitivo. Infatti, la curiosità per le evidenze che spiegano i processi cerebrali alla base del nostro comportamento, o meglio ancora, delle nostre decisioni, stimola il dibattito, accendendo sul tavolo del bar una candela che può traghettare oltre l’imbrunire – e talvolta oltre l’ora stabilita – un’appassionante conversazione. 

Le ragioni di questa fascinazione sono molte. La prima che rintracciamo è che le neuroscienze, come la filosofia nel mondo classico, aiutano a spiegare la natura, in particolare quella umana: le nostre preferenze, e il controverso rapporto tra percezione, emozioni e cognizione. La seconda è che non snobbano esempi concreti in favore di concetti astratti, ma anzi spesso prediligono sfiziosi casi particolari facilmente assimilabili nella memoria del grande pubblico: basti citare gli interessanti studi con risonanza magnetica funzionale a proposito della determinazione del prezzo e la valutazione del vino quando mostrato con o senza etichetta. 

In questo modo, le neuroscienze si offrono come un facile argomento di conversazione. Inoltre, danno nuovo lustro all’infinitamente piccolo, come per i poco avvincenti inquilini della nostra quotidianità: l’appetito, la dipendenza, l’interesse. Infine, si intuisce immediatamente l’utilità di queste conoscenze per un uso personale: a chi non piacerebbe poter prevedere le decisioni del/della partner? Quegli stessi amanti delle vivaci discussioni sulle neuroscienze attorno a un tavolo conviviale sono anche i consumatori rispetto ai quali si stanno accumulando evidenze nell’emergente e promettente campo delle neuroscienze del consumatore, anche noto come neuromarketing. L’applicazione delle tecniche e dei protocolli tipici della ricerca neuroscientifica vengono impiegati per esplorare i processi decisionali del consumatore. Attraverso l’uso di strumenti come l’elettroencefalografia, la risonanza magnetica funzionale, o l’eye-tracking (oculometria e pupillometria) si possono ottenere dei correlati neuronali e biometrici da utilizzare come possibili predittori del comportamento di acquisto di un prodotto, o dell’adesione a un servizio. 

Grazie a questa tipologia di informazioni si possono disegnare nuovi prodotti o servizi, così come la promozione necessaria a collocarli sul mercato, in base alle caratteristiche individuali del consumatore in una prospettiva di precision business (business di precisione). Così il consumatore potrà usufruire di prodotti e servizi sempre più personalizzati, adatti alle proprie esigenze e che superino le barriere di insoddisfazione legate alla standardizzazione di massa, che per sua struttura non può tenere conto dell’eterogeneità dei consumatori e dei loro bisogni.  Differenze individuali. Una nuova sfida Immaginate di avere a disposizione una lunga lista di parametri che vi diano informazioni su come il vostro cervello (o il vostro corpo) risponde ad alcuni stimoli sensoriali, o finanche a stimoli complessi come possono essere le pubblicità di un prodotto o servizio. Questa lista può darvi indicazioni su quale di questi parametri è utile per predire uno specifico comportamento (come l’intenzione di acquistare un prodotto) nel campione di studio, ma ci può forse dire se quel parametro sarà sufficiente per predire quello specifico comportamento in tutti i consumatori? È ovvio tenere in considerazione differenze individuali come l’età, il livello di educazione, la provenienza geografica, e altre variabili anagrafiche solitamente raccolte nelle indagini di marketing. Meno ovvio è, però, concordare sul livello di informatività di queste variabili quando si parla di decisioni o scelte individuali. 

Ci sono domande migliori da fare ai nostri consumatori? Se le neuroscienze ci stanno dando un aiuto senza precedenti nella comprensione dei comportamenti dei consumatori, non sono forse utili anche nell’evincere quali dimensione della psiche e della fisiologia sono rilevanti nel definirne le differenze individuali? La psicologia del consumatore si occupa da tempo di studiare i costrutti psicologici alla base del comportamento del consumatore. Tuttavia, attingere anche da altre discipline come la neurofisiologia, delle cui tecniche (ad esempio l’elettrofisiologia) già ci serviamo a piene mani, rappresenta un potenziale elemento di novità. È un compito ancora lontano dall’essere risolto quello di trovare le variabili “giuste” nel perimetro della neurofisiologia. Eppure, recenti studi dimostrano il ruolo dei ritmi circadiani e del sonno, tra le altre, quali variabili riccamente informative nella predizione dei comportamenti dei consumatori. L’intuizione alla base di alcuni di questi lavori scientifici è che tali parametri fisiologici siano più informativi delle variabili tradizionalmente impiegate per circoscrivere le differenze individuali dei consumatori, e che quindi vadano almeno integrati a quelle. andrea bazzani Scuola Superiore Sant’Anna Perplessità comuni, rare certezze A questo punto, è chiaro che per acquisire simili dati su un ampio numero di consumatori o di utenti al di fuori dei contesti di laboratorio, controllati ma poco naturalistici, è prioritario disporre di tecnologie poco invasive e largamente scalabili. Da un lato, quindi, nuove tecnologie accurate ma meno costose, e incorporabili nei dispositivi di cui ci dotiamo abitualmente (sensori indossabili, telefoni mobili, ecc.), sono il segno dell’evoluzione di una (neuro)scienza che esce dai laboratori. 

Dall’altro, cambia il luogo dove acquisire questi dati. Il bar, il divano di casa, il supermercato, divengono quindi possibili laboratori a cielo aperto. L’insieme di tali dati, unitamente a quelli ottenibili dal mondo digitale, ed elaborati grazie ad approcci di intelligenza artificiale, possono confluire in quello che potremmo chiamare un “Algoritmo per ogni gusto”. In altre parole, si possono integrare tipologie di dati diverse, inclusi quelli relativi all’analisi sensoriale, per sviluppare una serie di algoritmi per predire il comportamento del consumatore e disegnare prodotti altamente personalizzati. Sebbene ci siano ancora molte incertezze rispetto alla fattibilità di questo approccio, sembrano sollevarvisi contro perplessità di carattere etico. Non vogliamo qui dire che tali dubbi non siano legittimi o senza fondamento, né esimerci dal commentarli, ma invitiamo il lettore a chiedersi quale è il compito della scienza se non svelare la natura. Ogni perplessità, allora, andrà pesata sulla bilancia delle regolamentazioni e dello scopo sociale delle imprese, animando future divertenti conversazioni da bar. (Dall'Assaggio n.8)

ANDREA BAZZANI

Scuola Superiore Sant’Anna


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