domenica 6 aprile 2014

SONDAGGIO VINITALY-WINENEWS:

C'è dell'ottimismo
per il vino italiano 
La fiducia di 30 tra le aziende top del vino italiano (per storia, immagine, volume d’affari),

con 1,8 miliardi di euro (il 15% del fatturato complessivo del vino italiano), torna a far ben sperare anche per il mercato domestico, dove il 77% delle cantine, nel 2013, ha visto crescere le vendite del 7%.
Un primo trimestre 2014 positivo per 30 tra le realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari (1,8 miliardi di euro, il 15% del fatturato complessivo del vino italiano): per l’88% delle cantine, vendite maggiori del 7,5%, con il 73% che si dichiara soddisfatto e il restante 27% che fa previsioni positive sul resto dell’anno.
È il dato saliente del sondaggio di Winenews, tema senz’altro al centro del dibattito di Vinitaly 2014, il più importante salone internazionale dedicato a vini e distillati, di scena a Veronafiere dal 6 al 9 aprile (www.vinitaly.com). E se continua il successo per l’esportazione delle etichette tricolore anche in questo primo scorcio di 2014, con le aziende campione che indicano nel 77% dei casi una crescita del 9% sullo stesso periodo del 2013, confermando la tendenza generale rilevata nel bilancio finale del 2013, torna a sorridere anche il mercato interno, da più parti forse troppo frettolosamente liquidato come ormai stagnante.
Il 77% delle 30 aziende del vino più importanti d’Italia ritrova una crescita delle vendite proprio entro i confini nazionali, che si attesta su un confortante +7% sul 2013, grazie soprattutto ad un ritrovato vigore delle transazioni nel canale horeca.
Il mercato italiano, infatti, con tutte le sue debolezze, in termini soprattutto di consumi in discesa (siamo ormai vicini ai 37 litri pro capite; erano 55 nel 1997), resta uno sbocco commerciale importante non solo numericamente (sono oltre 20 i milioni gli ettolitri che restano, comunque, in Italia) ma anche per il suo ruolo di “specchio”, proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali. È il mercato domestico, infatti, che garantisce quella visibilità dell’immagine aziendale, necessaria alla conquista delle piazze internazionali più importanti.
Se il “trimestrale di cassa”, nel suo complesso, conferma la salute del comparto vitivinicolo, capace di rappresentare una eccezione importante nel panorama generale dell’economia nazionale, resta, però, evidente che il peso della crisi si faccia ancora sentire.
Se pur con percentuali non così rilevanti, infatti, il sondaggio fotografa anche qualche segnale in controtendenza: sul dato aggregato delle vendite, c’è un 6% di aziende che segnala una stabilità sul 2013 del proprio andamento commerciale e un 6% che, invece, denuncia una flessione del 6%.
Sul fronte dell’export, il 23% delle cantine intervistate indica una sostanziale stabilità, con transazioni ferme sui livelli dello scorso anno. Nel mercato domestico, invece, è il 18% che mantiene le posizioni, mentre un 5% segnala una riduzione delle vendite del 3%, specialmente a causa di un indebolimento della spinta propulsiva fornita dalla gdo.
Il successo tendenziale sul piano delle vendite ha, naturalmente, anche motivazioni aziendali ben precise. Le cantine dimostrano di investire risorse finanziarie e umane in modo sempre più strategico, orientandosi soprattutto sui mercati più sicuri e su quelli che maggiormente possono garantire un valore aggiunto ulteriormente spendibile.
Le aziende, nella maggior parte dei casi, hanno diversificato le proprie vendite su un portafoglio di mercati, a volte, molto esteso e, probabilmente, sta proprio nella capacità di modulare i propri sforzi molto del successo del recente passato.
Ci sono mercati nei quali spendersi con maggior vigore per situazioni contingenti e altri perché garantiscono visibilità, altri ancora perché potenzialmente in crescita futura. Ecco allora che gli imprenditori del vino del Bel Paese nell’88% dei casi hanno concentrato i propri sforzi sul mercato statunitense e canadese (in calo), nel 66% su quello italiano, nel 61% su quello europeo, con particolare attenzione verso Gran Bretagna, Germania e Russia (in recupero), e, nel 50% sui mercati orientali, dove si guarda con rinnovato interesse a Giappone e Indocina.
Gli imprenditori del vino italiano, evidentemente, non perdono il contatto con la realtà e guardano al futuro nel medio-lungo periodo, individuando le possibili criticità che il loro business può incontrare. Il problema più complesso resta, per il 50% del campione, quello della debolezza dei consumi; seguito, al 38%, dalle incognite economiche che, pur in un clima di rinnovata fiducia, restano ben presenti. Per il 27% delle aziende rimangono, ancora, irrisolte le conseguenze di un possibile mancato assorbimento della crisi globale ancora in atto.
Emerge anche la preoccupazione dell’aumento dei costi di gestione aziendale per il 24% delle cantine, che, soprattutto per realtà produttive molto impegnate con le vendite internazionali come sono in maggioranza, potrebbe incidere non in misura trascurabile. A questo si unisce poi la preoccupazione causata dal cambio non favorevole (22%). Infine, rimane vivo, per il 20%, il timore di una perdita di forza della competitività sul piano internazionale.
E basta guardare ancora una volta ai numeri per condividere questo campanello d’allarme. A dare forte impulso all’export tricolore 2013, sono stati in larga parte gli spumanti, la tipologia con i maggiori tassi di crescita (oltre 2 milioni di ettolitri in quantità e quasi 740 milioni di euro in valore, rispettivamente +13% e +18% sul 2012). Ma è possibile che continui così? I mercati di riferimento Gran Bretagna, con confortante continuità, e Russia, con qualche alto e basso più marcato, assorbono la quasi totalità degli spumanti Dop made in Italy. La produzione basterà a soddisfare una tale domanda? E la concorrenza come risponderà? Sono alcuni degli interrogativi che la filiera delle bollicine italiane dovrà porsi perché il 2014 ripeta gli ottimi risultati del 2013.

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