Tutti conosciamo la pizzica salentina o, almeno, ne abbiamo sentito parlare una volta, se non altro per via del “concertone” che ogni anno, a maggio, porta in quell’angolo di Puglia fior di artisti italiani. Ma in pochi sanno cosa c’è davvero dietro a quella danza che definire semplicemente “spettacolo” o “show” è ampiamente riduttivo perché stiamo parlando di un ballo dalle radici molto antiche che ancora non tutti conoscono. O meglio, spesso se ne conosce solamente l’aspetto puramente estetico e visivo. Ma che cos’è dunque la pizzica salentina, o pizzica taranta? Quali sono le sue radici? Quale storia ci racconta?
L’intima essenza del popolo salentino
Partiamo col dire che la pizzica salentina è molto più di una danza popolare: è la quintessenza - sotto forma di ballo - di una cultura folkloristica che caratterizza profondamente l’intima essenza di un popolo, quello salentino. I suoi ritmi frenetici e i suoi movimenti sinuosi ci raccontano, infatti, una storia che affonda le sue radici in un tempo lontano. Un tempo in cui il Salento era totalmente al di fuori dalle logiche della globalizzazione che nell’arco di pochi decenni l’avrebbero reso meta turistica per eccellenza di gran parte di vacanzieri e viaggiatori tanto italiani quanto stranieri, attratti dalla moda delle vacanze in Puglia.
Nata per curare i morsi della tarantola
Per entrare nel dettaglio, dunque, la pizzica salentina è un ballo popolare simile ad altri di altre regioni del meridione italiano che comunemente sono indicati con il nome di tarantelle. Ma qui, in Salento, la pizzica ha qualcosa in più, è intrisa di magia e di leggenda.
Il termine “tarantella” deriva dal sostantivo “Taranta”, che a sua volta prende il nome da un ragno velenoso che trova nel caldo secco il suo habitat naturale. La tarantola, appunto. Nel caso della pizzica salentina, il ballo è strettamente collegato a una danza esoterica nata con lo scopo di guarire le donne morse dall’artropode velenoso.
Le prime pizziche a Taranto
A livello geografico, invece, pare che le prime manifestazioni di questo rituale abbiano avuto luogo a Taranto, antica città del Salento un tempo compreso nel vasto territorio della Magna Grecia. Non è un caso, infatti, se etimologicamente parlando “Tarentum” evoca a sua volta “Taranta”. Un cerchio che si chiude, insomma.
Col tempo la danza si è sparsa in tutta la Puglia, finendo poi anche nella cultura popolare di diverse regioni del meridione, dalla Basilicata al Molise, dalla Calabria alla Sicilia. Le origini, però, sono puramente pugliesi: guai a sostenere il contrario.
Cosa narra la leggenda
Come molte leggende popolari, anche questa storia parla di lavoro e di sudore, di fatica e di povertà. Parla di donne che lavoravano nei campi pugliesi, ore e ore sotto al sole cocente per raccogliere a volte pomodori, a volte tabacco. Caldo, sole, campi, uguale regno perfetto per la Tarantya, che spesso riusciva ad affondare il suo morso agli arti inferiori delle lavoratrici. Il veleno provocava nei loro corpi spasmi fisici simili ad una danza: salti e giravolte sincopati e compulsivi, molto simili a un ballo rituale di tipo magico. Di ritorno dai campi, ed accompagnate dal ritmo incessante dei tamburelli, queste donne danzavano con sempre maggiore insistenza e fervore, al fine di liberarsi dall’effetto nefasto del veleno.
La danza è diventata così taumaturgica e terapeutica in un mondo in cui credenze popolari e folklore locale erano i veri protagonisti, capaci di curare non solo il morso di una tarantola, ma anche di trasmettere la vera essenza del popolo salentino.
Il pellegrinaggio a Galatina per la grazia
Durante il tormento del veleno le donne si potevano permettere di tutto, anche di mimare amplessi in pubblico, fino a quando San Paolo a Galatina (Le), il protettore delle tarantole, non concedeva la grazia. Per ottenere la guarigione, poi, le lavoratrici morse dal ragno dovevano recarsi in pellegrinaggio a Galatina, alla Cappella di San Paolo, per bere l’acqua del pozzo ritenuta miracolosa.
Il ragno rappresenta il simbolo della Madre Terra che riaffiora con i suoi istinti. All’origine di tutto ci sono quindi la terra e la taranta, il tamburello e la sua musica primordiale, che serve per guarire le pene della tarantanta.
Lo scenario in cui il rito della danza si svolgeva era un ampio lenzuolo disteso su coperte che copriva il pavimento, e sul lenzuolo, in un angolo, un cestino per la raccolta per le offerte e le immagini dei Santi. Lo strumento utilizzato per accompagnare il rito del ballo era già ai tempi il tamburello che veniva suonato con una tecnica particolare, dando il ritmo di base, con la percussione, e un caos ordinato, con i sonagli. Oltre ai tamburelli si usavano anche violini, armoniche a bocca e altri strumenti musicali.
L’importanza sociale e culturale
Il fenomeno della pizzica parte dalla riscoperta e dalla valorizzazione della musica popolare salentina, riuscendo a uscir fuori da una ristretta cerchia di ascoltatori locali, grazie a suoni caldi e ritmici, che hanno dimostrato di avere alte qualità artistiche al pari degli altri generi musicali di larga diffusione.
Le musiche “pizzicate” assumono per il Salento una grande importanza sociale e culturale, riuscendo a far radunare nelle piazze (o sulle spiagge) migliaia di persone trascinate dal suono del tamburello e ipnotizzate dal ritmo incalzante delle ballate.
Apertura e condivisione: la pizzica oggi
La pizzica oggi rappresenta un momento per aprirsi verso il mondo, per riscoprire la bellezza delle piccole cose e dei semplici gesti, per vivere momenti di unione e per comunicare con gli altri in modo istintivo, dimenticandosi dei problemi quotidiani e buttandosi alle spalle stress e preoccupazioni. Assume la forma di una valvola di sfogo, attraverso cui passano, sotto forma di danze e canti, tutte le frustrazioni accumulate durante la quotidianità.
Attraverso la danza e la musica, due delle arti più antiche al mondo, due espressioni universali dell’uomo, quindi, il Salento riesce a parlare di sé e a farsi capire anche al di fuori dei suoi confini territoriali, riuscendo a coinvolgere genti venute da posti molto lontani.
La pizzica esprime sentimenti universali di libertà e rispetto per le diversità culturali e umane e va contro qualsiasi forma di oppressione, è un linguaggio aperto in cui convergono e si attuano, in un piccolo microcosmo, i concetti fondamentali di pace e solidarietà.
iat
Nessun commento:
Posta un commento