Cuochi improvvisati
e camerieri introvabili:
la crisi di dignità
della ristorazione italiana
Il paradosso del lavoro nella ristorazione: aumentano gli occupati, ma mancano le figure chiave. Sala e cucina sempre più vuote, tra stipendi bassi, scuole in crisi e modelli che svuotano il mestiere . Il lavoro c'è, ma nessuno lo vuole: la ristorazione italiana affronta una crisi di dignità e motivazione
Il settore dell'ospitalità e ristorazione in Italia sta vivendo una contraddizione sempre più evidente. Da un lato, nel 2024 si registra un incremento occupazionale importante: 1,5 milioni di addetti tra bar, ristoranti, mense e catering, con oltre 1,1 milioni di lavoratori dipendenti. Rispetto al 2023 l'aumento è netto: +5% complessivo, +6,7% tra i dipendenti, pari a circa 70mila occupati in più. Ma, dall'altro lato, le imprese non trovano il personale che cercano, soprattutto nei ruoli chiave.
Crescono gli occupati, ma le assunzioni vanno deserte
Secondo Confcommercio, nel 2025 mancano 258mila lavoratori tra commercio, alloggio e ristorazione. A soffrire di più sono camerieri, cuochi, pizzaioli, barman, gelatai e negli alberghi addetti ai piani e personale di sala. Il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani, parla apertamente di una «difficoltà strutturale nel reperire personale qualificato», che compromette la qualità del servizio e rallenta lo sviluppo del comparto.
Il lavoro c'è, ma manca la voglia di farlo
Non si tratta solo di stipendi bassi, ma di un problema più profondo, culturale e simbolico. Il lavoro in ristorazione viene visto dai giovani come faticoso, precario e privo di futuro. Contano anche i valori delle nuove generazioni: il work-life balance, i weekend liberi, il tempo per sé. Tutte cose che la ristorazione, con i suoi turni spezzati, serali e festivi, spesso non può offrire.
Istituti alberghieri in crisi: pochi iscritti, poca pratica
Le scuole alberghiere sono a loro volta in crisi. Le iscrizioni sono crollate da 64.300 nel 2014 a meno di 30mila nel 2023: un calo del 50%. Solo il 4% degli studenti delle superiori oggi sceglie l'alberghiero. A peggiorare le cose, la “licealizzazione” dell'istruzione professionale, che ha ridotto le ore di laboratorio e la formazione pratica.
Franchising e fast casual: meno mestiere, più procedure
L'espansione di franchising e format fast casual ha ridotto lo spazio per l'artigianalità. Nei nuovi format verticali non serve più un cuoco esperto: basta seguire il manuale operativo. Il risultato è una deprofessionalizzazione diffusa. Tutto è replicabile, tutto è ottimizzato. Ma a perdere è l'identità del mestiere
Modelli alternativi: settimana corta, benefit, formazione
Alcuni imprenditori stanno sperimentando modelli sostenibili di lavoro. È il caso di Quel Castello di Diegaro a Cesena, dove il ristoratore Lorenzo Illotta ha introdotto la settimana di 4 giorni. Il nuovo Ccnl Turismo 2024 ha introdotto aumenti salariali (+240 euro al mese entro il 2027), mentre Fipe chiede anche detassazione degli straordinari e lotta contro i contratti pirata.
Serve una rivoluzione culturale: la dignità è la vera emergenza
La ristorazione italiana non può sopravvivere senza camerieri, cuochi, maître, sommelier capaci e motivati. Serve una rivoluzione culturale, che restituisca dignità al mestiere. Raccontare il cibo, accogliere gli ospiti, organizzare una sala: non sono “lavoretti”, ma competenze complesse, parte del patrimonio culturale italiano.
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