Food porn,
ora anche leva
di marketing
Più follower hai,
meno paghi
Si chiama Instagram il buono pasto del futuro. Non è solo una battuta, ma un’operazione di marketing che sta andando in scena a Milano nel nuovo ristorante della catena “This Is Not A Sushi Bar” in via Lazzaro Papi.
Se la formula avrà successo verrà estesa agli altri cinque locali che interpretano il sushi “in modo non convenzionale”, come specificato sul sito web. O molto convenzionale e attento a intercettare le tendenze sociali più che social.Il food porn ormai è merce consumata da tutti, non più solo da sedicenti blogger e influencer professionali. La mise en place oggi prevede forchetta (bacchette), coltello, cucchiaio e smartphone. E giù a “postare” e condividere la ricetta virtuale, già digerita dalla rete ancor prima di essere degustata da chi ce l’ha sotto il naso.
E Matteo Pittarello, che ha fondato la catena, ha fiutato l’aria e come il Pifferaio di Hamelin si è messo a suonare. Una melodia seducente che prevede all’arrivo del piatto foto immediata e condivisione su Instagram taggando il locale. Chi vanta 5mila follower guadagna un piatto gratis, che diventano quattro per chi ha da 10 a 50mila seguaci e otto per chi ne ha da 50 a 100 mila. E se il portafoglio supera questa soglia, “all you can eat” senza conto a fine pasto. L’offerta non vale per gli accompagnatori.
In poche ore il profilo di This Is Not A Sushi Bar è decollato e il tam tam pubblicitario si è messo in moto. Questo d’altronde era l’obiettivo non difficile da raggiungere se si pensa alla tendenza e alle varie indagini ad hoc che lo dimostrano.
italiaatavola
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