Non è romano chi non è andato almeno una volta nella vita al Portico d'Ottavia, nello storico Ghetto ebraico, per gustare un carciofo alla giudia, ancora meglio se accompagnato da un filetto di baccalà. Non a caso “Semo romani, ma romaneschi di più”, come cantava Lando Fiorini, è lo slogan creato per il primo Festival del Carciofo Romanesco, in scena dal 6 all'8 aprile.
Il Carciofo Romanesco, un gioiello dell'agroalimentare
Quello romano è diverso da tutti gli altri che crescono in tutta la fascia costiera del Lazio, per forma, sapore e anche bellezza, perchè fritto e croccante sa trasformarsi in una rosa. È un vero è proprio gioiello dell'agroalimentare di Roma, una città sempre più brand del gusto. È caput mundi, ma pochi sanno che è anche la più estesa capitale agricola d'Europa. Intorno a questo carciofo e proprio in quest'area della città inglobata tra i reperti archeologici, sono nate alcune grandi ricette della cucina giudaico-romanesca e questo primo Festival dedicato al carciofo, tre lunghi giorni di festa, coinvolgerà i 12 ristoratori del quartiere con gustosi appuntamenti e non soltanto a pranzo e a cena.
La presentazione del Festival
Alla presentazione dell'evento, all'Universitas Mercatorum di Palazzo Costaguti di piazza Mattei, tanti rappresentanti delle istituzioni laziali e cittadine, interpreti della gastronomia, analisti, storici e cuochi ne hanno ricordato il valore e i riferimenti culturali ed anche economici per questa città che vuole correre verso un concreto rilancio post pandemia. Sul tema "Il Carciofo Romanesco: risorsa per l'agricoltura, la salute, il turismo e l'identità di Roma" si sono svolti numerosi interventi, moderati dal giornalista Daniel Della Seta, autore e conduttore de “L’Italia Che Va, Radio RAI e, in Tv, di “In Punta di Forchetta”. L’iniziativa è promossa da Confesercenti Roma e Lazio, sponsorizzata dal Centro Agroalimentare Romano e dalla Camera di Commercio di Roma AgroCamera e patrocinata dalla Regione Lazio, da ARSIAL, l'Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, dall’Assessorato all'Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti del Comune di Roma, dal I Municipio, con la collaborazione di Coldiretti Lazio.
«La nostra Università - ha detto il rettore Giovanni Cannata - è stata sempre vicina ai territori e alle imprese con un corso dedicato alla gastronomia, all'ospitalità e al territorio e questa iniziativa è un omaggio alla città e al quartiere».
Il rilancio dei servizi e della ristorazione non può che passare per l'identità del piatto, come ha sostenuto il presidente di Confesercenti Roma e Lazio, Valter Giammaria. «È importante far conoscere ai nostri concittadini e ai turisti le materie prime che la nostra regione offre, la loro importanza a livello nutrizionale e il lavoro che gli chef e tutti gli operatori della filiera svolgono ogni giorno per far arrivare sulle nostre tavole queste prelibatezze. Questo primo festival è solo un punto di partenza e coinvolgeremo altri quartieri della città», ha evidenziato.
Roma e la sovranità alimentare
Sostenuta da più parti è stata la necessità di potenziare l'affermazione e la conoscenza del brand Roma, come già avvenuto per la Doc Roma, assegnata alle grandi produzioni vitivinicole del territorio, recuperando la sovranità alimentare di una città che basa la sua offerta su cultura e tradizione. «Bisogna ricondurre il cibo alla cultura da cui proviene - ha detto l'assessore al Comune Sabrina Alfonsi - costruendo un marchio, lavorando sulla filiera e sviluppando una proposta di eccellenze guardando ad un nuovo modello di turismo, più maturo e consapevole».
«È necessario anche rivalutare il turismo e le sue nuove esigenze - ha invece sottolineato Lorenza Bonaccorsi del I Municipio - perché all'interno del marchio Roma dobbiamo costruire singoli percorsi ancora più importanti lavorando sulla qualità e potenziando i servizi destinati ai turisti, anche con una nuova formazione delle professioni turistiche». E ha proseguito l'assessore Alessandro Onorato: «Per sviluppare l'identità della città nel mondo è importante anche valorizzare una tipicità, un'esperienza da ricordare».
Riscoprire tradizioni e ricette
Riscoprire le tradizioni, le ricette e i prodotti del territorio, anche riproponendole in chiave moderna e innovativa, è un’opportunità che gli imprenditori devono cogliere per rilanciare le attività di ristorazione che è anche cultura e storia antica di generazioni, soprattutto in seguito a quanto vissuto a causa della pandemia, ha detto Claudio Pica, presidente Fiepet Confesercenti Roma e Lazio. «E siamo noi gli ambasciatori finali di questo percorso», ha aggiunto.
«Ma gli imprenditori della ristorazione debbono fare di più - ha detto Massino Pallottini del Centro Agroalimentare - perchè devono garantire la tracciabilità del prodotto che mettono in tavola, distinguendolo soprattutto fuori stagione da quelli importati da Egitto e Tunisia».
Cibo per il benessere
Sul gusto del carciofo si sono espressi in tanti, anche poeti come Pablo Neruda, senza contare cuochi come Anna Moroni e Anna Maria Palma di Tu Chef Scuola di cucina, intervenute alla presentazione. Ma la scienza cosa dice, questo è davvero l'ortaggio del benessere, quel Cynara Scolimus considerato rimedio per molti mali da egizi, greci e romani? Lo conferma, come cibo del benessere, Silvia Migliaccio, presidente della Società Italiana Scienze dell'alimentazione. «Hanno poche calorie - ha specificato - 22 per 100 grammi di parte edibile, e sono ricchi di fibre che rallentano l’assorbimento dei carboidrati semplici e riducono anche l’assorbimento di colesterolo e hanno quantità di sali minerali, potassio e il ferro. Sono anche benefici per il fegato, la nostra centralina metabolica, grazie al polifenolo cinarina».
Il Carciofo protagonista nel Ghetto
Sarà perchè Cynara era una ninfa bellissima che fece innamorare Zeus che per gelosia la trasformò in carciofo, sarà perchè i cuochi del Ghetto stanno già arroventando i fornelli per dare il meglio di sè, si profilano tre giorni intensi al Portico d'Ottavia. Ad accogliere i visitatori, addobbati da un tripudio di carciofi, ci saranno due grandi totem a con la scritta: “La storia è tutta mia, gusto e fantasia, solo qui c’è la magia del carciofo alla giudia” e intorno ai ristoranti stazioneranno banchetti per acquistare gli esemplari più belli da cucinare a casa. Ma quello che differenzia questo Festival dalle tante fiere dedicate a un prodotto tradizionale è il luogo dove di svolgerà: il Ghetto ebraico.
Lo ha spiegato Angelo di Porto, presidente dell'Associazione Portico d'Ottavia. «Proprio qui - ha detto - sono nate tante ricette, passate attraverso tradizioni secolari tramandate di generazione in generazione. In particolare, nei suoi ristoranti si valorizza un patrimonio storico-culturale che affonda le sue radici nella cucina povera dei secoli del Ghetto, quando gli ebrei furono costretti a fare di necessità virtù e a trarre il meglio da ciascuna situazione, a partire dall’alimentazione, dal consumo del pesce povero e delle verdure. Pertanto, proporremo anche piatti come la vignarola, le fettuccine cernia e carciofi, abbacchio e coratella con carciofi, la concia di zucchine e auspichiamo che questo diventi un appuntamento fisso per la città».
Menu a tema nei ristoranti
Questi i ristoranti che hanno aderito alla manifestazione: Ba'Ghetto, Nonna Betta,Pollaria, Casalino, SuGhetto, La Taverna del Ghetto, Bellacarne Kosher grill, Sheva, Il Giardino Romano, Giggetto al Portico D'Ottavia, Renato al Ghetto e Yotvata. Il menu, a prezzo fisso (35 euro, bevande escluse) prevede una degustazione dei più famosi piatti giudaico romaneschi a base di carciofo. IAT
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