Airbnb, è il turno
di Barcellona
Sanzione al portale
per 60mila euro
A Barcellona ben 400 le denunce di appartamenti turistici affittati illegalmente. La città ne ha fatti chiudere 256, minacciando Airbnb: se gli annunci fuori norma non saranno tolti, la sanzione toccherà i 600mila euro. Ora tocca all'Italia muoversi, essendo dopo Usa e Francia, il 3° mercato per la piattaforma
Continua la battaglia in Europa contro Airbnb: dopo San Francisco e Berlino, ora anche Barcellona si scaglia contro gli appartamenti affittati in nero tramite il sito californiano: «Segnalate chi affitta casa in modo non regolare». E sono ben 400 le denunce che arrivano nelle mani del primo cittadino in un mese, molti gli appartamenti chiusi e una multa di 60mila euro per i portali Airbnb e Homeaway - sanzione che salità a 600mila euro se i portali non cancelleranno le offerte per i locali non autorizzati.
Gli appartamenti colpiti, di cui è stata ordinata la chiusura, sono 256, “scoperti” dalla città spagnola, centro nevralgico del turismo internazionale, grazie ad un piano del primo cittadino e dell'amministrazione di 1,3 milioni di euro. Gli appartamenti affittabili illegalmente, sono tali perché senza una licenza, un numero di registrazione obbligatorio per la legge catalana. Una contromossa, quella della città spagnola, efficace e necessaria, se si pensa che 1 turista su 9 (a Barcellona arrivano 9 milioni di visitatori l'anno) utilizza proprio il portale Airbnb.
Sanzioni e controffensive da parte delle città sono rese necessarie per l'effettiva mancanza di una regolamentazione condivisa sull'affitto degli appartamenti. E questa normativa comune non manca solo a livello globale, ma anche all'interno dei singoli 191 Paesi in cui la piattaforma è utilizzata. E l'Italia, in classifica, non rimane indietro: terza dopo Stati Uniti e Francia, non prevede nella propria legge nazionale licenze preventive all'affitto occasionale di case e appartamenti. Tuttavia, vista l'affluenza nel Belpaese di visitatori che scelgono Airbnb, molti sono i Comuni che si stanno muovendo a riguardo.
Questo in linea con l'importanza strategica che Airbnb detiene nel turismo in Italia: basti pensare che solo nel 2015 la piattaforma californiana ha portato nel Belpaese oltre 3,6 milioni di turisti. Gli incassi in un anno a Milano hanno superato con le spese derivanti dal turismo tramite il portale - vale a dire tasse, spese in attività commerciali, etc... - i 400 milioni di euro. Stessa cifra a Roma per il 2015, che ha contato tra le sue strade oltre 758mila turisti che hanno scelto Airbnb. Numeri del genere lasciano intendere anche gravi perdite economiche, e, come per Barcellona, diverse regole infrante.
Firenze, ad esempio, si è mossa, con controlli anti-evasione di vigili e guardia di finanza, ed è stata anche la prima a stringere un accordo con il portale, così da evitare fenomeni di evasione fiscale e concorrenza sleale alle strutture ricettive più “classiche”. Milano non è stata da meno, e hanno seguito a ruota altri comuni: tra i più recenti, Bari, dove una struttura su tre è stata segnalata come “fuori” dalla normativa, e multata. Il Comune pugliese ha chiesto al portale più trasparenza e un accordo.
In tutto gli affittuari Airbnb hanno guadagnato nel 2015 in Italia 3,4 miliardi di euro, pari allo 0,22% del Pil nazionale. Senza considerare che, non essendoci una normativa univoca, molti hanno evitato di dichiarare le loro entrate. Lo Stato si sta muovendo in questo senso: in parlamento è in discussione una proposta di legge che mira a impedire l'evasione fiscale attraverso un sistema che tratterrà le tasse al momento della prenotazione su Airbnb. Gli introiti generati dal portale di prenotazioni verrebbero tassati con un'aliquota del 10%, fino però a un massimo di 10mila euro annui. Se questa somma dovese essere superata i redditi saranno cumulati con quelli da lavoro dipendente o autonomo, con la relativa aliquota.
Gli appartamenti colpiti, di cui è stata ordinata la chiusura, sono 256, “scoperti” dalla città spagnola, centro nevralgico del turismo internazionale, grazie ad un piano del primo cittadino e dell'amministrazione di 1,3 milioni di euro. Gli appartamenti affittabili illegalmente, sono tali perché senza una licenza, un numero di registrazione obbligatorio per la legge catalana. Una contromossa, quella della città spagnola, efficace e necessaria, se si pensa che 1 turista su 9 (a Barcellona arrivano 9 milioni di visitatori l'anno) utilizza proprio il portale Airbnb.
Sanzioni e controffensive da parte delle città sono rese necessarie per l'effettiva mancanza di una regolamentazione condivisa sull'affitto degli appartamenti. E questa normativa comune non manca solo a livello globale, ma anche all'interno dei singoli 191 Paesi in cui la piattaforma è utilizzata. E l'Italia, in classifica, non rimane indietro: terza dopo Stati Uniti e Francia, non prevede nella propria legge nazionale licenze preventive all'affitto occasionale di case e appartamenti. Tuttavia, vista l'affluenza nel Belpaese di visitatori che scelgono Airbnb, molti sono i Comuni che si stanno muovendo a riguardo.
Questo in linea con l'importanza strategica che Airbnb detiene nel turismo in Italia: basti pensare che solo nel 2015 la piattaforma californiana ha portato nel Belpaese oltre 3,6 milioni di turisti. Gli incassi in un anno a Milano hanno superato con le spese derivanti dal turismo tramite il portale - vale a dire tasse, spese in attività commerciali, etc... - i 400 milioni di euro. Stessa cifra a Roma per il 2015, che ha contato tra le sue strade oltre 758mila turisti che hanno scelto Airbnb. Numeri del genere lasciano intendere anche gravi perdite economiche, e, come per Barcellona, diverse regole infrante.
Firenze, ad esempio, si è mossa, con controlli anti-evasione di vigili e guardia di finanza, ed è stata anche la prima a stringere un accordo con il portale, così da evitare fenomeni di evasione fiscale e concorrenza sleale alle strutture ricettive più “classiche”. Milano non è stata da meno, e hanno seguito a ruota altri comuni: tra i più recenti, Bari, dove una struttura su tre è stata segnalata come “fuori” dalla normativa, e multata. Il Comune pugliese ha chiesto al portale più trasparenza e un accordo.
In tutto gli affittuari Airbnb hanno guadagnato nel 2015 in Italia 3,4 miliardi di euro, pari allo 0,22% del Pil nazionale. Senza considerare che, non essendoci una normativa univoca, molti hanno evitato di dichiarare le loro entrate. Lo Stato si sta muovendo in questo senso: in parlamento è in discussione una proposta di legge che mira a impedire l'evasione fiscale attraverso un sistema che tratterrà le tasse al momento della prenotazione su Airbnb. Gli introiti generati dal portale di prenotazioni verrebbero tassati con un'aliquota del 10%, fino però a un massimo di 10mila euro annui. Se questa somma dovese essere superata i redditi saranno cumulati con quelli da lavoro dipendente o autonomo, con la relativa aliquota.
ITALIAATAVOLA
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