Invernenga,
vitigno bresciano
ideale per lunghi
affinamenti
Vitigno a bacca bianca, unico autoctono di Brescia, intimamente legato alla città tanto da crescere nel più grande vigneto urbano europeo produttivo, quattro ettari a ridosso della Rocca lungo le pendici del colle Cidneo.
Documentato con certezza fin dai primi dell’800 ma forse presente già in epoca romana, l’invernenga è così chiamato perché era possibile conservarne l’uva, appesa nei solai, e consumarla nella stagione invernale. Conosciuto anche con i sinonimi di ùa ‘mbrunesca, invernesca, brunesta, bernestia, pergola o “uva dell’inverno”, si presenta con grappolo di media grandezza e mediamente spargolo.
Foto: vignetopusterla.com
L’acino medio-grande è provvisto di buccia spessa e consistente di colore giallo-verde, la buccia risulta succosa e consistente. La sua maturazione avviene a cavallo tra la fine di ottobre e i primi di novembre. La sua diffusione è limitata a pochissime zone del Bresciano, con pochi e isolati filari, perlopiù all’interno di vigneti molto vecchi. È iscritto dal 1971 al Registro nazionale delle varietà di vite e in purezza è presente come unico vino a Indicazione geografica tipica, il Ronchi di Brescia Igt.
Il vino ottenuto con l’invernenga una volta era usato per arricchire vini di bassa gradazione alcolica e con una struttura debole. Ottimo anche per la produzione di vini passiti. Si presenta di un giallo paglierino intenso con riflessi dorati e di buona consistenza. Al naso si percepiscono sentori floreali e fruttati molto delicati, profumi di miele e lievi accenni aromatici. Al gusto è dotato di una buona struttura con la pungenza dell’alcol e la sapidità in leggera evidenza rispetto all’acidità, chiude con un finale ammandorlato abbastanza incisivo. Si presta a lunghi affinamenti in bottiglia e durante l’invecchiamento sprigiona al massimo le sue caratteristiche organolettiche. Ideale per un abbinamento con pesce di lago, formaggi delicati e carni bianche.
di Piera Genta
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