sabato 24 aprile 2021

Nuove polemiche nel Governo: dopo il coprifuoco tocca al superbonus escluso dal Recovery Plan

 

Nuove polemiche nel Governo: dopo il coprifuoco 

tocca al superbonus 

escluso 

dal Recovery 

Plan


Per il 2023 non ci sarebbe una copertura, anche se Draghi precisa
che sarà nella manovra di autunno dopo l'altolà di 5Stelle di Giuseppe Conte. Ecco i principali capitoli di spesa del Pnrr

Italpress Qui Europa 24/4/2021
IN AGGIORNAMENTO

Superbonus 110% e proroga al 2023, ancora nulla di fatto. In vista del varo della bozza del Recovery Plan continuano ad esserci tensioni nella maggioranza, in particolare sul superbonus, che sarebbe finanziato solo fino al 2022. E per questo continua ad essere aggiornato il consiglio dei ministri…, sono tra i motivi che hanno portato al rinvio del Cdm. Nuove divisioni dopo quelle sul decreto covd riguardo al coprifuoco.
Il premier Mario Draghi avrebbe rassicurato il M5S sulle coperture del superbonus fino al 2023. Draghi avrebbe spiegato ai 5 Stelle che le coperture verranno verificate annualmente a seconda del 'tiraggio'. Vale a dire quante risorse vengono spese in base ai lavori. Queste saranno inserite nella prossima manovra. Delle rassicurazioni sulla copertura dovrebbero arrivare anche nell'intervento del premier lunedì e martedì alla Camera e al Senato.

Nel Pnrr (il Recovery Plan), infatti, ci sono coperture per la misura solo fino al 2022 (18 miliardi), mancherebbero all'appello altri 10 miliardi che saranno inserite nella legge di bilancio d'autunno. «Dopo settimane di lavoro, siamo contenti di constatare che nel PNRR ci siano oltre 10 miliardi di euro per il Superbonus. Inoltre, nel fondo investimenti ci sono altri 8 miliardi di euro». La delegazione del Movimento 5 Stelle in Cdm chiederà garanzie nero su bianco affinché nei prossimi provvedimenti economici venga prorogato al 2023, scrive in una nota la delegazione del M5S al governo, composta dai ministri Stefano Patuanelli, Federico D’Incà, Luigi Di Maio e Fabiana Dadone.



Conte richiama Draghi sul tema del superbonus

L’ex premier Conte e il Pd insistono sul valore del superbonus

Sul punto è intervenuto anche Giuseppe Conte, per il quale «il superbonus 110% è una misura fondamentale per consentire non solo di salvaguardare il nostro pianeta e abbattere in modo significativo le emissioni, ma anche per permettere a milioni di famiglie di risparmiare sui costi dell’energia e di rendere più sicure le proprie case sul piano antisismico. Non solo - ha rimarcato l'ex premier e ora leader in pectore del M5S in un post su Facebook- con il superbonus si sta investendo su un patrimonio immobiliare vetusto, si stanno creando migliaia di posti di lavoro con cantieri diffusi su tutto il territorio. Ad oggi, nonostante le difficoltà create dalla pandemia, sono stati avviati già oltre 10.000 cantieri in tutta Italia per un valore superiore al miliardo di euro. La presenza del superbonus nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è quindi essenziale. Non possiamo permetterci di creare incertezza sul futuro di questa misura: si bloccherebbero i cantieri e le aspettative di milioni di famiglie e di migliaia di imprese e professionisti resterebbero inspiegabilmente disattese».
Anche nel Partito Democratico c'è chi sollecita lo sblocco delle risorse e la proroga del provvedimento: «Sono a favore del Superbonus 110% fino al 2023. Aiuta le imprese, mette in sicurezza le case, riduce le immissioni. Va assolutamente prorogato nel Pnrr», scrive su Twitter il senatore Pd Andrea Marcucci.

Dubbi anche sulla cabina di regia

A creare malumori è stata anche la cabina di regia, affidata a Palazzo Chigi con il contributo di ministri che verranno indicati con un decreto nelle prossime settimane. A seguire l’attuazione sarà il ministero dell’Economia. I ministri, inoltre, hanno lamentato di aver trovato su giornali e agenzie di stampa la bozza del piano prima ancora che venisse inviata ai loro uffici, senza avere il tempo di esaminare il testo prima della riunione di governo.

Meloni: democrazia sospesa, rinviamo dibattito Aula

Fratelli d’Italia, unico partito d’opposizione in Parlamento, «chiede ufficialmente il rinvio del dibattito parlamentare ai Presidenti delle Camere: tutto ciò è letteralmente inaudito e mi auguro che gli altri partiti facciano sentire la loro voce. Anche l'indecenza ha un limite» scrive su Fb Giorgia Meloni, ricordando che «lunedì, il Presidente Draghi illustrerà al Parlamento il Recovery Plan». «Mancano meno di 48 ore dalle sedute parlamentari e il Recovery Plan non è stato ancora nemmeno pubblicato. In Italia, ormai, la democrazia è sospesa anche grazie all’ampia maggioranza che sostiene il Governo, che su un tema così importante ha deciso di rinunciare ad esercitare il suo ruolo».

Interventi per la scuola

Nel merito dei capitoli di spesa del Recovery Plan un posto importante è assegnato alla scuola e alla formazione delle nuove generazioni e alla ricerca universitaria, alle quali saranno saranno destinati quasi 32 miliardi, il 18% del totale per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si parte dagli asili con l’obiettivo di aumentare l’offerta di 228 mila posti, di cui «152 mila per i bambini 0-3 anni e circa 76 mila per la fascia 3-6 anni». E poi la «costruzione o la ristrutturazione degli spazi delle mense per un totale di circa mille» scuole per spingere il tempo pieno, altro sostegno alle famiglie. Gli investimenti sono contenuti nella “missione” alla componente «aumento dell’offerta di servizi», che ha a disposizione complessivamente 19,88 miliardi. Tra le voci anche la costruzione o l’adeguamento strutturale di «circa 900 edifici da destinare a palestre o strutture sportive», anche per contrastare la dispersione scolastica, altro fenomeno che riguarda soprattutto il Sud e peggiorato con la didattica a distanza (dad). Il costo stimato è di 700 milioni, con focus su «primo ciclo di istruzione e comunità locali». La durata del progetto è stimata in 5 anni (fino al 2026). Per l’istruzione si pensa a potenziare gli istituti tecnici, ma soprattutto a una Scuola di alta formazione per dirigenti, docenti e amministrativi, «obbligatoria», specifica la bozza, «che svolgerà funzioni di indirizzo e coordinamento dell’attività formativa per tutto il personale».


Via libera gli appalti

La bozza spiega anche come saranno accelerate le procedure autorizzative delle opere pubbliche. Con un decreto legge da emanare entro maggio saranno rafforzate e prorogate le misure dell’ultimo Dl Semplificazioni; in parallelo si avvierà un percorso di riforma con legge delega. Saranno introdotti, tra le altre cose, «un termine massimo per l’aggiudicazione dei contratti» e una «semplificazione dei controlli della Corte dei conti sui contratti». In quest’ultimo caso, il Piano fa capire che il controllo è ridondante in quanto «si tratta di contratti relativi a progetti finanziati con risorse dell’Unione europea e sottoposti - quanto alla loro attuazione - a rigorosi controlli del Ministero dell’economia e delle finanze e della Commissione europea». Tra le misure del Dl Semplificazioni che saranno prorogate c’è quella sulla limitazione della responsabilità per danno erariale dovuto a inerzia o omissione del funzionario. La revisione del Codice degli appalti passerà attraverso un richiamo diretto alle misure contenute nelle direttive Ue, «integrandole esclusivamente nelle parti che non siano self executing e ordinandole in una nuova disciplina più snella rispetto a quella vigente, che riduca al massimo le regole che vanno oltre quelle richieste dalla normativa europea». L’esempio cui guardare è quello, tra gli altri, della Germania. Il Piano prevede anche l’obiettivo (non nuovo ma mai concretizzato), ridurre e accorpare le stazioni appaltanti.

I cantieri partiranno in 6 mesi

Per accelerare la realizzazione dei progetti previsti dal Recovery plan da realizzare entro 2026, «il Mims proporrà una modifica normativa, per anticipare la localizzazione dell’opera al momento del “Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica” (Pfte), anziché attendere la progettazione definitiva». Si legge nella bozza di Recovery Plan che sarà all’esame del Consiglio dei ministri nel capitolo che riguarda le misure di semplificazione per snellire i tempi per realizzare le infrastrutture. Il vincolo all’esproprio viene anticipato alla fase dei localizzazione dell’opera (in variante al Prg) mentre tutte le «ulteriori autorizzazioni» saranno ottenute «nelle successive fasi di progettazione, senza la convocazione della “Conferenza dei Servizi”, in deroga alla Legge n. 241/1990». Applicando queste misure eccezionali, secondo quanto indicato nella bozza di Recovery plan, «il tempo complessivo impiegato per l’iter di approvazione dei progetti sarebbe ridotto dagli attuali 11 mesi a 6 mesi».

Riforma della Giustizia

Entro settembre l’approvazione delle riforme dei processi civili e penali, mentre i relativi decreti attuativi arriveranno l’anno prossimo. Primi effetti, in termini di riduzione dei tempi dei giudizi, attesi nel 2024. È lo scenario disegnato dalla bozza del Pnrr , fondato sulla consapevolezza che la lentezza della giustizia, ancora eccessiva, sia uno dei principali ostacoli agli investimenti. Si punta anche sulla riforma della giustizia tributaria, entro il 2022, e su quella dell’ordinamento giudiziario e del Csm. Il tutto accompagnato da interventi sulla organizzazione della macchina giudiziaria, a partire dall’Ufficio del processo: un team di personale qualificato che aiuterà il giudice, pienamente operativo a partire dal gennaio 2022. In particolare nel processo civile via alle udienze superflue, meno casi in cui a decidere è un collegio di giudici, filtri per le impugnazioni e ricorso a udienze da remoto anche a fine emergenza. Si potenzieranno gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e si rafforzerà la tutela del creditore.

Risorse per la Sanità

Un centro di eccellenza per le epidemie sarà finanziato con 1 miliardo di euro, per consentire una risposta più efficace contro la minaccia legata a nuovi virus, ma anche il potenziamento della assistenza sanitaria territoriale e delle cure domiciliari, di pari passo con la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Sono questi alcuni dei punti cardine del capitolo “missione 6: Salute” della bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che sarà all’esame dei ministri prevedendo per la sanità un investimento complessivo pari a 19,72 miliardi di euro. L’obiettivo di realizzare un centro ad hoc per le epidemie, è scritto nella bozza, è legato all’andamento delle epidemie nel XXI secolo che segnala la «necessità di un’attenzione particolare alla circolazione e diffusione dei virus, in particolare dovuti a fenomeni di spillover». Altro punto importante il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale, capitolo che verrà finanziato con 7 miliardi di euro. A tal fine, saranno istituite case della comunità come «perno delle prestazioni sul territorio» (con un investimento di 2 miliardi). Quelle diverranno lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi offerti, in particolare ai malati cronici. Qui sarà presente il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie, una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e potrà ospitare anche assistenti sociali.


Dal fotovoltaico al biometano, si punta sulle rinnovabili

Stanziati 6,74 miliardi per incrementare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili. Nella sezione dedicata alla Transizione ecologica, il piano prevede sostegni per l’installazione di 2 gigawatt di fotovoltaico su terreni agricoli (2,11 miliardi), di altri 2 gigawatt da comunità energetiche e autoconsumatori (comunità e singole famiglie che producono e consumano la loro energia) (2,20), di 200 megawatt da impianti offshore (eolici e a moto ondoso) (0,50) e di impianti per il biometano da 2,3-2,5 miliardi di metri cubi (1,92).

Investimenti anche sull’idrogeno

Il Pnrr, nella sezione da 57,5 miliardi dedicata alla transizione ecologica, destina 2,99 miliardi di euro per «promuovere la produzione, la distribuzione e gli usi finali del’idrogeno». Trecento milioni sono previsti per la produzione in aree industriali dismesse, con elettrolizzatori alimentati da fonti rinnovabili, in modo da produrre il gas dall’acqua senza emissioni di CO2. Due miliardi sono per l’utilizzo dell’idrogeno in settori industriali “hard to abate”, dove è l’unico strumento per abbattere le emissioni di gas serra (chimica, raffinerie, acciaierie, cementifici, vetrerie, cartiere). Altri 230 milioni sono per impiantare stazioni di ricarica per il trasporto stradale: sono previsti 40 punti, per creare “corridoi verdi” per i tir all’idrogeno. L’obiettivo è farli arrivare a un 5-7% del trasporto pesante. Trecento milioni sono stanziati per stazioni di ricarica per il trasporto ferroviario, in regioni dove ora sono diffusi i treni diesel (Lombardia, Sicilia, Puglia, Abruzzo). Le stazioni sorgerebbero vicino a centri di produzione e potrebbero servire anche i tir. Infine, 160 milioni sono per ricerca e sviluppo. Il Pnrr prevede anche una semplificazione amministrativa e riduzione degli ostacoli normativi alla diffusione dell’idrogeno, e incentivi fiscali per sostenerne la produzione e il consumo.

Internet veloce per famiglie e imprese

Internet veloce su tutto il territorio nazionale entro il 2026. L’obiettivo del Pnrr in materia di digitalizzazione è di portare connessioni a 1 Gbps a oltre 8 milioni di famiglie, 9 mila scuole, 12 mila ospedali e nelle 18 isole minori. italiaatavola

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