Più che vivere boccheggia, anche se porta il blasone di una delle DOC storiche d'Italia, riconosciuta nel 1968 assieme al più famoso Chianti. Stiamo parlando del Consorzio Botticino DOC. Veronelli definì il vino che nasce fra le sparute vigne della Valverde dominate dal tempietto dedicato a Bacco: Barolo di Lombardia. Un gran rosso che ha poco rivali non solo in fatto di corposità e consistenza ma anche per eleganza e sapidità, soprattutto quando invecchia.
Poco più di una decina i produttori divisi da rivalità familiari e vecchi rancori. Metà sono dentro e metà fuori dal Consorzio volontario per la tutela dei vini "Botticino DOC" e "Ronchi di Brescia IGT", denominato, in base all'art.1 dello Statuto "Consorzio Botticino" originariamente costituito in Brescia. Il 30 giugno 1996. Dispetti e dissapori, impediscono a questa piccola ma preziosa zona vitivinicola bresciana collocata geograficamente fra i comuni di Botticino e Rezzato e le frazioni di Brescia, Caionvico e Sant’Eufemia, di decollare.
«Troppe rivalità e ripicche personali»
Del resto, il comune è diviso in tre principali frazioni: Botticino di Sopra, Botticino di Sotto e San Gallo. Importante è coltivare il proprio orticello piuttosto che guardare al bene collettivo, e cioè a valorizzare un’etichetta che potrebbe avere grandi potenzialità sia sul mercato interno che internazionale. A rilanciare il Consorzio (oggi è oramai una questione di famiglia fra tre o quattro produttori), hanno tentato sia l’Assessore Regionale all'Agricoltura Fabio Rolfi che il sindaco di Botticino, Gianbattista Quecchia: «Impossibile - dice sconsolato il primo cittadino - per ora ma non c'è nulla da fare. Ci siamo seduti attorno ad un tavolo per tentare di far dialogare i pochissimi viticoltori della zona… Inutile, troppe rivalità e ataviche ripicche personali».
Conferma anche la Regione
L’Assessore Rolfi conferma a Italia a Tavola rivalità e differenze di vedute: «Eviterei - precisa - di sciogliere il Consorzio, servirebbe invece un forte interesse e coinvolgimento dei 3 comuni. Qui vi sono diversi vigneti e una vocazione molto antica alla qualità. Il territorio deve crederci, ma mancano progettualità. Gli Enti locali devono fare la loro parte come abbiamo fatto rilanciando il consorzio dell'Oltrepò Pavese e il Monte Netto. Perché non creare, ad esempio, una associazione di comuni e cantine per rilanciare un grande vino che nasce sul marmo e fra le cave di marmo? Siamo disposti a intervenire anche finanziariamente a patto che le realtà locali ci credano. Basterebbero 3mila euro per ciascun comune».
L'attuale presidente del Consorzio, Claudio Franzoni ha dichiarato di recente in un'intervista che: «Il futuro del Botticino è ovviamente in mano ai produttori i quali, se saranno in grado di continuare il lavoro svolto fino ad oggi con professionalità e serietà, potranno affrontare grandi sfide, però, la cosa principale è fare squadra e lavorare uniti».
Ma quale squadra e con quale unità di intenti.
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