domenica 13 agosto 2017

Vino affumicato: la bevanda degli antichi Romani

Vino affumicato: 

la bevanda 

degli antichi 

Romani

 Per comprendere meglio cos’è il vino affumicato, dobbiamo prima parlare del processo di conservazione. 

Quando compri una bottiglia di un buon vino, fai di tutto per preservarla al meglio dagli effetti causati dal clima, dalla luce e dall’atmosfera.
Ripetita iuvant: non mettere il Brunello di Montalcino sulla mensola in cucina, sopra il frigo o nella dispensa, non metterlo proprio in cucina! Preservare il vino è una vera e propria tecnica, con regole precise che risalgono ai tempi degli antichi Romani.

I Romani conservavano il vino in ampie brocche d’argilla a tenuta d’aria, le anfore. Erano ideali per trasportare e tenere grandi quantità di liquidi e contenitori perfetti per la rigorosa tecnica della conservazione.
L’obiettivo era trovare la strategia migliore per far invecchiare il vino, esattamente come per noi oggi, che ci entusiasmiamo già solo al pensiero di bere un rosso invecchiato. Per loro, però, era più una questione di necessità che di piacere.
Conservare il vino e il cibo è sempre stata una priorità per le culture antiche che, semplicemente, non disponevano della tecnologia raffinata e dei processi ormai consolidati e scontati nella gastronomia moderna. In breve, i Romani dovevano necessariamente far invecchiare il vino, per mantenerlo il più a lungo possibile. 
Secoli dopo, gli esperti di vino hanno compreso che tale tecnica era funzionale anche per ottenere ottimi rossi corposi.
Dunque, cosa sono i vini affumicati?
Ora che abbiamo capito l’importanza della conservazione, andiamo al sodo. Gli antichi Romani per conservare il vino usavano camere di fumo, conosciute come fumarium. Tali camere avevano i pavimenti naturalmente riscaldati e le anfore erano contenitori perfetti per l’affumicatura del vino.
Le camere di fumo davano al vino un sapore fumé, una concentrazione maggiore di acidi e, soprattutto, rendevano possibile l’invecchiamento artificiale del vino.

 

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