Non sempre abbiamo la possibilità di mangiare correttamente, ai giusti orari e con il giusto bilanciamento di nutrienti: spesso, a causa di riunioni, consegne, o orari stancanti, rischiamo di saltare il pasto. Ci sono però alcune diete che prevedono il digiuno, con effetti (anche) positivi sulla salute. Ma cosa succede al corpo quando si saltano i pasti? Quali benefici e quali perplessità su questa scelta?
Ne parla la dottoressa Francesca Albani, dietista di Humanitas San Pio X, in un articolo di Humanitas Salute che riportiamo di seguito integralmente.
Il digiuno intermittente
Il principio cardine del digiuno intermittente è quello di creare una “finestra” (lasso di tempo) di digiuno con durata tale da incidere sul bilancio calorico complessivo e sul metabolismo ormonale.
Come suggerito dal nome, il digiuno intermittente propone una dieta che alterni periodi in cui si mangia a periodi di digiuno. I giorni e gli orari non sono fissi, ma dipendono dal programma seguito. Citiamo ad esempio:
Schema 16/8: suddivide la giornata in 16 ore in cui non si mangia e 8 in cui mangiare è consentito. Richiede di saltare della colazione, consumando il primo pasto a mezzogiorno e terminare l’ultimo alle 20, oppure di saltare la cena (approfittando della notte), facendo solamente colazione e consumando un pasto più tardi.
Giorni alterni, schema 5:2: per due giorni a settimana, mai consecutivi, si riducono le calorie a 500/600 massimo. Negli altri giorni non c’è alcun tipo di limitazione.
Eat Stop Eat: si alternano i giorni in cui si mangia e non si mangia, per un paio di volte a settimana.
Gli effetti sul gonfiore addominale
Il gonfiore addominale è un sintomo di un accumulo di gas nello stomaco e nell’intestino, associato spesso a dolore e senso di pesantezza. Può essere causato da alcuni cibi, da cattive abitudini alimentari (come l’assunzione di bevande gassate, o pasti consumati troppo in fretta), dal fumo, dallo stress, dall’ansia. Il digiuno, in questo senso, può avere effetti positivi: sia più semplicemente per un minor volume di cibo nell’addome, sia perché l’apparato digerente, non impegnato nella digestione, può concentrarsi sul drenaggio delle scorie metaboliche.
Perdita di peso: sì, ma temporanea
Il digiuno intermittente ha, in effetti, come conseguenza la perdita di peso. Se la persona è informata e segue le indicazioni del medico con attenzione, potrà senza dubbio ridurre il proprio peso corporeo. L’altra faccia della medaglia, tuttavia, non è così rosea: secondo uno studio (1) pubblicato su Jama, che ha analizzato i risultati della perdita di peso in relazione alla dieta intermittente, il digiuno a giorni alterni produce una perdita di peso temporanea e non particolarmente significativa e non aiuta a mantenere il peso in maniera differentemente rispetto a chi non lo pratica. Inoltre, un altro rischio è quello di creare le basi per l’abbuffata serale, che rischia di vanificare gli sforzi.
Lo stress da fame “notturna”
Nel 2018 i ricercatori del dipartimento di Psichiatria e Scienze comportamentali della Johns Hopkins (2) hanno rilevato che anche lo stress ha un ruolo importante nell’aumento dei livelli di fame, divenendo causa di eccessi alimentari.
I partecipanti, obesi con e senza disturbo da alimentazione incontrollata (BED), hanno partecipato a due test identici, ciascuno dopo un digiuno di 8 ore, alcuni di pomeriggio, altri di mattina. Prima del digiuno, tutti hanno ricevuto un pasto liquido e, dopo le otto ore, i partecipanti sono stati invitati a un buffet.
I risultati hanno mostrato che coloro che hanno effettuato il test nelle ore pomeridiane hanno avuto maggiore perdita di controllo davanti al cibo, in particolare se associato all’esposizione allo stress, che causa poi la tendenza all’abbuffata.
Il digiuno intermittente induce uno stimolo che, se dosato in modo corretto, genera una risposta riparativa da parte dell’organismo, proprio come succede nel caso dell’allenamento fisico. Questo stimolo viene innescato dal deficit calorico, che induce numerosi cambiamenti. Il corpo adatta i propri livelli ormonali e le cellule avviano i processi di riparazione e autofagia nei confronti di altre cellule danneggiate.
Gli effetti derivanti da tutti questi cambiamenti comprendono un miglioramento dei livelli di insulino-resistenza, una diminuzione del quadro dell’infiammazione sistemica e cambiamenti del profilo ormonale, con un aumento di ormoni anabolici che favoriscono la mobilitazione dei grassi.
Tutti questi fattori combinati, inoltre, hanno come risultato una diminuzione del rischio di insorgenza delle malattie di origine metabolica (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari).
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