Spreco alimentare
al ristorante,
oltre alla doggy bag
si può fare di più
Il monito della Fipe è chiaro: al ristorante si devono ripensare i processi in funzione del contrasto degli sprechi anche nella fase della preparazione dei piatti, oltre che in quella della conservazione dei prodotti Italiani a casa sempre più pragmatici (meno risparmio, ma più attenzione alla salute e alla qualità del cibo che mettono in tavola) e meno spreconi
Tutti ne siamo coinvolti e tutti dobbiamo unirci per combattere lo spreco alimentare. Una vera e propria “piaga sociale” contro la quale innescare circoli virtuosi. E non solo a casa, dove, tra l'altro, gli italiani sono sempre pragmatici (meno risparmio, ma più attenzione alla salute e alla qualità del cibo che mettono in tavola) e meno spreconi (abbiamo gettato 75 grammi di cibo al giorno - 524,1 g settimanali ovvero -12% rispetto al 2022, secondo i dati Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability). In prima linea ci sono, infatti, i ristoranti e la distribuzione in generale. Ristoranti, che negli ultimi anni, sono diventati sempre più consapevoli, attenti e virtuosi. Un esempio su tutti? Crescono sempre più i ristoranti in cui c’è la possibilità di portare a casa gli alimenti non consumati, la famosa doggy bag. Anche se, come sottolinea Lino Stoppani, vice presidente vicario di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) Confcommercio, nel suo intervento in occasione della campagna Spreco Zero 2023 di Last Minute Market organizzata a Roma nell’ambito della 10ª giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, nella ristorazione bisogna fare di più come, ad esempio, ripensare i processi in funzione del contrasto degli sprechi anche nella fase della preparazione dei piatti, oltre che in quella della conservazione dei prodotti.
Responsabilità sociale
E per farlo occorre, appunto, essere uniti: «Collaborare con l’Osservatorio internazionale su cibo e sostenibilità significa per Confcommercio acquisire una visione globale del problema dello spreco alimentare e cogliere l’opportunità per avviare un percorso legato alle azioni virtuose che le imprese di settore possono sviluppare, soprattutto nella distribuzione e nella ristorazione – spiega Stoppani - Lo spreco di cibo, infatti, è un tema di responsabilità sociale sentito come urgente dalla Confederazione e dalle imprese associate e la nostra adesione all’Osservatorio, avvenuta un anno fa, rappresenta il naturale ampliamento del campo di azione di Confcommercio su questi temi, già avviato da tempo nei tavoli costituiti presso il Masaf- Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste».
Lino StoppaniMetà degli sprechi a monte
Tutti coinvolti, duqnue, acnche perché «oggi sappiamo - prosegue Stoppani - che metà delle perdite e degli sprechi alimentari globali avviene a monte, prima che i prodotti arrivino ai negozi, ai magazzini dei rivenditori e ai ristoranti, ma è cruciale analizzare anche il comportamento del consumatore, dentro e fuori casa. Esiste un nesso tra informazione, acquisto e consumo di cibo che svolge un ruolo cardine per far acquisire al consumatore, soprattutto nelle fasce di popolazione dove si spreca più cibo, la consapevolezza necessaria a consolidare abitudini alimentari sane, per sé e per l’ambiente. Per questo è necessario rafforzare e sostenere campagne informative che raggiungano il consumatore per guidarlo consapevolmente nella scelta dei prodotti, guardando non solo alle offerte, ma anche alla sostenibilità e alla qualità del cibo che viene acquistato».
Ristoranti sempre più virtuosi
«E, in questa direzione, anche le imprese svolgono un ruolo importante nel contrasto allo spreco alimentare, sia quelle della distribuzione, ad esempio con la ridistribuzione del cibo, sia quelle della ristorazione, dove sta crescendo la possibilità di portare a casa gli alimenti non consumati. Una pratica, questa, che rimane virtuosa, anche dinanzi al calo dei consumi fuori casa registrato in concomitanza con gli anni dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Perché mettere al centro il valore del cibo svolge una funzione educativa che va ben oltre la ristorazione stessa. Ma nella ristorazione occorre fare di più ripensando i processi in funzione del contrasto degli sprechi anche nella fase della preparazione dei piatti, oltre che in quella della conservazione dei prodotti. Occorre, dunque – conclude Stoppani – il contributo di tutti, imprese, consumatori, esperti della salute, per raggiungere l’obiettivo di preservare il valore del cibo lungo tutta la filiera, ridurre lo spreco alimentare e giungere a modelli di consumo e produzione sostenibili».
Italiani misurati e attenti allo spreco
Consumi sostenibili che gli italiani sono disposti a intraprendere (e in molti casi hanno già iniziato a fare). Secondo il report “Il caso Italia” 2023 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, gli italiani sono, infatti, misurati nelle abitudini di acquisto, focalizzati sulla prevenzione degli sprechi anche come risposta allo scatto inflattivo, attenti alla qualità di quello che si porta in tavola e a non sacrificare la cura della propria salute. Disponibili a tagliare i consumi per ridurre le bollette dell’energia elettrica e del gas, o per le spese di abbigliamento.
Centrali i temi della sostenibilità alimentare
Un’indagine che, dopo due anni di covid, non manca di far sentire il peso e l’onda lunga della pandemia sulle abitudini quotidiane: marcata la riduzione del consumo extra-domestico e dell’effetto “nidificazione”: per 1 italiano su 3 (33%) diminuiscono drasticamente le colazioni, pranzi e per 4 italiani su 10 anche l’abitudine dalla cena al ristorante (42%). Diventano centrali i temi relativi alla sostenibilità alimentare (36%): il 35% del panel ha aumentato il consumo di legumi e derivati vegetali a scapito della carne e delle proteine animali, mentre il 29% ha aumentato l’acquisto di prodotti a km0. E nonostante l’aumento dei prezzi al consumo, la spesa alimentare è infatti quella che diminuisce meno (18%), dietro solo alle spese mediche (11%) e di cura alla persona (17%). “Risparmio”, dunque, non è più la parola chiave nei comportamenti degli italiani, solo il 7% dichiara di metterla al primo posto nei comportamenti di acquisto: prevale piuttosto la “pragmaticità”, per 6 italiani su 10, la qualità per il restante 32%.
Attenzione allo spreco di filiera, fra perdite in campo e sprechi nella catena dell’industria e della distribuzioneQuanto sprecano gli italiani
Secondo i nuovi dati dell’Osservatorio Waste Watcher che si riferiscono al mese di gennaio 2023, gettiamo in media 524,1 grammi pro capite a settimana, ovvero circa 75 grammi di cibo al giorno e 27,253 kg annui: circa il 12% in meno rispetto alla medesima indagine del 2022 (595,3 grammi settimanali). Un dato che si accentua a sud (+ 8% di spreco rispetto alla media nazionale) e per le famiglie senza figli (+ 38% rispetto alla media italiana).
«Vale complessivamente 6,48 miliardi euro lo spreco del cibo solo nelle nostre case, alla luce dei dati Waste Watcher di gennaio 2023 – annuncia il fondatore Spreco Zero, l’agroeconomista Andrea Segrè - L’obiettivo Onu, dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, non è lontano: la sfida si può vincere. Il recupero di cibo a fini solidali sta diventando una prassi consolidata ma la scommessa si gioca soprattutto nelle nostre case e in una svolta culturale profonda e personale. Per questo le food policies, che coordinano la filiera del cibo nelle nostre città, stanno diventando riferimento centrale di buon governo».
Ma c’è un dato ulteriore da aggiungere, ed è quello relativo allo spreco di filiera, fra perdite in campo e sprechi nella catena dell’industria e della distribuzione del cibo: «nel 2022 – aggiunge Luca Falasconi, coordinatore del Rapporto “Il caso Italia” 2023 - sono andate sprecate nella filiera italiana oltre 4 milioni di tonnellate di cibo (per la precisione 4.240340 tonnellate), per un valore complessivo nella filiera italiana dello spreco di € 9.301.215.981». Lo spreco del cibo di filiera pesa al 26% in agricoltura, al 28% nell’industria e all’8% nella distribuzione. I dati di filiera sono una elaborazione dell’Osservatorio Waste Watcher International con Distal, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna.
La frutta è la più sprecata
Ma quali sono i cibi più sprecati? Nella hit degli alimenti più spesso sprecati svetta la frutta fresca (24 grammi settimanali), quotidianamente quindi gettiamo circa 3,4 grammi di frutta al giorno e 2,3 di pane: in un anno poco più e poco meno di 1 kg pro capite. nella hit anche insalata, verdure, aglio e cipolle. D’altra parte, rispetto a due anni fa e a parità di budget destinato alla spesa alimentare, quasi 1 italiano su 3 presta attenzione alla riduzione del consumo di carne (26%), e 4 italiani su 10 quando fanno la spesa ragionano sulla base di promozioni e offerte, ma anche sulla base della sostenibilità di produzione e consumo del cibo (27%). Ci si lascia fidelizzare più dal brand di prodotto delle location di acquisto (il 23% sceglie prodotti marchiati dalla distribuzione in cui fanno la spesa), che non dalle grandi marche, in calo del 10% nell’interesse dei consumatori. Stabile la soglia di acquisto online, piccolo aumento per il biologico (+ 14%), così come per gli acquisti nei negozi rionali (+14%).
sa si risparmia, dunque? Un italiano su 2 (47%) ha ridotto le spese per lo svago, e cerca di tagliare sui costi della bolletta di energia elettrica (46%) e gas (39%), ma anche sull’abbigliamento (42%). Il 18% dichiara di tagliare sulla spesa, l’extrema ratio riguarda i tagli alle cure personali (17%) e alla salute (11%). Ma 9 italiani su 10 mettono al top della loro attenzione, nell’acquisto del cibo, il fattore salute (89%) l’aspetto legato a una produzione km 0 (85%) e all’impatto ambientale della produzione (78%). italiaatavola
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