Michelin e la guida degli hotel: le chiavi sbagliate che non avranno successo
La decisione della Michelin di valutare anche gli hotel, attribuendo da 1 a 3 chiavi, suscita delle perplessità: scelte discutibili per le strutture italiane, con valutazioni che spesso non corrispondono al prestigio. Occorre più attenzione perché il mercato degli hotel è decisamente più organizzato di quello dei ristoranti
direttore
Diciamocela tutta: davvero la Michelin pensa di poter dare le carte per tutto il turismo? Che ora voglia giudicare anche gli hotel, attribuendo da 1 a 3 chiavi, è legittimo. Ma, si può fare benissimo a meno delle sue chiavi, che poi, con neanche troppa creatività, sono una brutta rielaborazione grafica dei maccaron-stelle, senza i quali non varrebbero nulla. Ma se le “stelle” pesano, anche se sempre meno, per l’autorevolezza del passato della Rossa (più sobrio), fa sorridere l’idea che le “chiavi-simil stella” possano ora avere lo stesso successo.
La guida degli hotel della Michelin, una scelta che non convinceGuida degli hotel Michelin: ancora più confusione per i consumatori
Il mercato degli hotel è decisamente più organizzato di quello dei ristoranti. Almeno per la fascia alta, dai 4 stelle in su, il consumatore, italiano o straniero che sia, sa cosa aspettarsi in base alle stelle. E il prezzo è spesso un indice preciso del livello di servizi e camere. Altro che chiavi…
In più, almeno a giudicare dalla prima edizione, la nuova guida sembra un pessimo tentativo di imbrogliare le carte, per recuperare una reputazione che in campo alberghiero ha perso ormai da decenni.
Per l’Italia le scelte fatte sembrano ancora una volta frutto della strategia per rendere l’Italia inferiore alla Francia: da noi 8 hotel con 3 chiavi contro i 9 della sola Parigi! Se già è bizzarro creare nuove piramidi nell’amplissima offerta alberghiera, frutto delle regole internazionali degli hotel, non si capisce l’abisso rispetto ad altre classifiche autorevoli e consolidate.
Chiavi Michelin agli hotel:
il nuovo sistema di valutazione convince?
Un dato per tutti: il Passalacqua sul lago di Como (miglior hotel del mondo per The World’s 50 Best Hotels) per la Rossa merita solo una chiave. E ne hanno una sola anche Borgo Egnazia di Savelletri di Fasano (già miglior hotel al mondo e prossima sede del G7), oppure a Roma i 5 stelle De Russie o Hassler, meta ambita dei più ricchi turisti americani. In compenso ne ha 3 la dimora di charme Casa Maria Luigia a Modena (che non ha stelle e solo 12 camere), probabilmente solo perché fa capo al tristellato Massimo Bottura, già miglior cuoco al mondo.
La Michelin cerca di fare il bello e cattivo tempo come fa per i cuochi: pensiamo solo ai giudizi nettamente divergente fra World’s 50 Best restaurant e la Rossa: Central di Virgilio Martinez a Lima è il miglior ristorante del mondo, ma non ha stelle. E del resto in Italia Lido 84 di Gardone Riviera (Bs) di Riccardo Camanini ha solo una stella, ma è il 7° locale al mondo.
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Se troppi ristoratori inseguono ancora il mito della stella, non sarà però certo una chiave a modificare lo stile o l’organizzazione di catene internazionali che sul prestigio delle loro strutture investono milioni ogni anno. E l’attuale sistema di stelle alberghiere reggerà senz’altro anche al gioco della Michelin che forse pensa solo di crearsi una posizione per il mercato remunerativo delle prenotazioni alberghiere, così come ha fatto per i ristoranti con l’accordo con TripAdvisor.
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