Fine dining:
modello in crisi
o un problema
di prezzo?
Il fine dining vive un momento complesso: se da un lato è presto per gridare alla crisi conclamata, dall'altro si impongono alcune riflessioni, a partire da quelle sul prezzo, non sempre giustificato dal valore della proposta gastronomica. Oggi, infatti, si cerca prima di tutto un’esperienza a tutto tondo, senza dimenticare la progressiva perdita del potere di acquisto da parte dei clienti
Redattore
Ese spendessimo troppo per mangiare? Sembra questa la domanda alla base di una crisi, quella del fine dining, che sembra sempre più conclamata e che vede nei prezzi delle proposte gastronomiche uno dei nodi da sciogliere per rilanciare un comparto composto da eccellenze. Non sempre però il valore giustifica il prezzo e il rischio è che la barriera per il potenziale cliente sia sempre più alta da scalare.
Fine dining, un equilibrio difficile
Volendosi caratterizzare come una cucina d’eccellenza, il fine dining troppo spesso ha finito per trasmettere di sé l’immagine di una cucina di élite (quando non di classe) che, per definizione, era preclusa ad un’ampia fetta di consumatori, magari con la capacità di spesa per sedersi ai tavoli di certi ristoranti, ma intimoriti da una comunicazione di esclusività che rischia di mettere a disagio alcuni clienti.
Il fine dining troppo spesso ha finito per trasmettere di sé l’immagine di una cucina di éliteDall’altro lato, la proposta culinaria - ricercata nelle materie prime e nella composizione - e la mano dello chef, così come spesso la gestione della location, richiedono al ristoratore un costo. Tanto più si punta su un’esperienza premium, quanto più anche i costi lievitano, anche per il consumatore finale che si vede ribaltare su di sé anche questa quota. Anche perché quando si parla di food cost, si parla dei costi di produzione, gestione, conservazione e servizio, personale incluso.
Fine dining, quanto mi costi
In questo senso, la progressiva perdita di poter di acquisto da parte dei consumatori - anche i più abbienti - risulta un fattore determinante nella crisi di clienti che sembra attanagliare il fine dining. Nonostante il costo delle materie prime - e dell’energia in particolare - non sia più ai vertici toccati nell’immediatezza dello scoppio del conflitto in Ucraina, la morsa inflattiva pesa su entrambi i piatti della bilancia, tanto sul lato ristoratore quanto su quello di un cliente che si vede sempre più costretto a fare delle scelte.
Ad ogni modo, fissare il corretto prezzo della proposta gastronomica rimane una sfida non semplice da vincere. Fissare il prezzo troppo in alto rischia di creare una barriera d’ingresso che oggi molti ristoranti non possono permettersi di creare, ma proporlo troppo in basso potrebbe creare diffidenza in un cliente abituato a pagare determinate somme, risultando al tempo stesso non sufficientemente di “pregio” per andare a prendere quella fascia di consumatori che non frequentano abitualmente questi ristoranti, ma valutano se farlo.
Fine dining, il prezzo è giusto?
In questo quadro già complicato, formato dalle difficoltà di trovare il giusto posizionamento a livello di prezzo e da una fetta di mercato che va via via assottigliandosi, c’è poi il rapporto costo-esperienza. Non basta in più in altre parole il “nome” per giustificare il prezzo, così come il valore economico di un piatto non è sufficiente per convincere un cliente ad investire il proprio denaro. Senza contare che al costo del cibo, va sommato anche quello delle bevande, a cominciare dal vino.
La tendenza oggi è infatti quella di cercare prima di tutto un’esperienza a tutto tondo, che trascenda la proposta gastronomica in sé. O meglio: che faccia sì che la proposta gastronomica sia una parte - pur centrale e assolutamente rilevante - di un’offerta che deve saper coccolare il cliente e non solo il suo palato.
Fine dining, le proposte accessibili aiutano?
Una soluzione che molti chef hanno iniziato ad adottare è quella dei menu degustazione. Proposte che si posizionano certamente in alto in rapporto ad una spesa media al ristorante (difficilmente si scende sotto i 75 euro, quota minima che può arrivare anche a centinaia di euro), ma più accessibili rispetto alle proposte alla carta. L’adozione dei menu degustazione se da un lato permette di abbassare la soglia economica d’ingresso, dall’altro, essendo fisso, rischia di non essere apprezzato in tutte le sue sfumature.
Una soluzione che molti chef hanno iniziato ad adottare è quella dei menu degustazioneUn’ulteriore evoluzione, è rappresentata da proposte ad hoc per i giovani a prezzi calmierati: da Andrea Berton (95 euro agli under 35) a Daniel Canzian (50 euro più bevande per gli under 40), entrambi su Milano, passando per il Fenicottero Rosa Gourmet di Faenza dove lo chef Alessandro Giraldi propone un menu a 60 euro per gli under 35 con quattro portate al buio. In questo contesto Jre, l’Associazione dei jeunes restaurateurs, ha riconfermato anche nel 2024 la proposta dei menu a 75 euro (con calice di benvenuto e acqua) per chi ha meno di 42 anni. Stesso prezzo anche per i 21 ristoranti aderenti a Gourmantico, l’Associazione culturale enogastronomica “Insieme”, che proponeva fino al 30 aprile un menu degustazione, declinato in modo differente per ciascun locale, sempre a 75 euro. Si tratta in ogni caso di una soluzione ancora poco praticata.
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