venerdì 18 luglio 2025

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio

 

Aria condizionata 

al ristorante: come gestirla al meglio 

per il benessere 

di personale e clienti

Garantire il benessere climatico in ristoranti e hotel è una priorità per clienti e lavoratori. La normativa Inail impone una differenza massima di 7 °C tra esterno e interno, e impianti mal progettati possono causare disagi e sanzioni. La climatizzazione deve essere efficiente, sostenibile e pensata per tutelare comfort, salute e continuità operativa nel comparto Horeca

di Mauro Taino
Redattore

Arriva l’estate, e con lei il grande classico dell’ospitalità italiana: la battaglia contro il caldo e con essa il cavaliere del freddo, il condizionatore. Se è troppo forte, il cliente si lamenta. Se non si sente, si lamenta lo stesso. E il personale - tra cucina, sala e corridoi - spesso si trova a vivere le quattro stagioni in un solo turno. Nel mezzo, il gestore, che deve decidere se accontentare il tavolo 3 che “sta gelando” o il cameriere che rischia l’insolazione. Il tutto mentre una norma Inail - troppo spesso dimenticata - ricorda che tra interno ed esterno non dovrebbero esserci più di 7 gradi di differenza. La climatizzazione, infatti, non è solo una questione di comfort, ma anche di salute, efficienza e - attenzione - rispetto delle norme. Ecco perché non basta impostare il condizionatore a 19 gradi e incrociare le dita, dato che ne va del benessere e dell’efficienza del lavoro, oltre a evitare sanzioni e lamentele.

Il clima ideale nei locali pubblici: comfort o rischio?

Garantire una temperatura piacevole in ristoranti e hotel non è solo una questione di accoglienza: riguarda anche la sicurezza, la salute e la conformità normativa. Con l’arrivo della stagione calda, la gestione dell’aria condizionata negli spazi dell’ospitalità diventa un tema centrale. Trovare il giusto equilibrio tra comfort e tutela della salute, in particolare nei periodi di picco delle temperature, è una responsabilità che coinvolge progettisti, gestori e personale operativo. Un clima percepito come troppo freddo o troppo caldo può generare disagio, influenzare l’esperienza del cliente e compromettere l’efficienza del lavoro, specie in ambienti ad alta intensità come le cucine o le aree di servizio.


La gestione dell’aria condizionata negli spazi dell’ospitalità diventa un tema centrale

I clienti che frequentano ristoranti e strutture ricettive hanno aspettative sempre più elevate in fatto di comfort ambientale. Nei mesi estivi, l’aria condizionata è percepita come uno standard, soprattutto nelle aree urbane o nei contesti a vocazione turistica. Tuttavia, è essenziale evitare sbalzi termici eccessivi, che possono generare malesseri come cefalee, dolori muscolari o fastidi respiratori. Il rischio di percezione negativa aumenta se l’impianto è rumoroso, mal distribuito o visibilmente obsoleto. La sfida è quindi quella di mantenere una temperatura gradevole, ben regolata e coerente con le caratteristiche dell’ambiente, la sua destinazione d’uso e la tipologia di clientela.

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe

«Senza dubbio - dice Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi -, questi picchi di calore non aiutano l’economia del settore dei pubblici esercizi. Quando le temperature sono così elevate, più che il desiderio di mangiare prevale quello di bere: la predisposizione al pasto, soprattutto nelle ore diurne, si riduce notevolmente. È una situazione che si paga, nel senso che l’afflusso, le abitudini di consumo e anche lo scontrino medio tendono a risentirne. Queste ondate di calore non fanno bene al comparto, ed è bene esserne consapevoli. Mantenere una temperatura intorno ai 26-27 gradi all’interno dei locali è una scelta ragionevole, anche in termini di sostenibilità economica: rispetto ai 20 gradi, gli impianti di climatizzazione lavorano con minore sforzo, consentendo così un contenimento dei consumi energetici, che oggi rappresentano una voce di costo molto significativa».

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Dario Comini, titolare del bar Nottingham Forest

Dario Comini, titolare del bar Nottingham Forest aggiunge: «Fino a maggio tutti volevano sedersi all’esterno, ma ora, con queste temperature elevate, i tavoli all’aperto restano vuoti. I clienti preferiscono stare all’interno, dove l’ambiente è climatizzato, soprattutto la clientela straniera. Questo è quanto accade a Milano: in questi giorni con 36 gradi all’esterno, tengo il locale a 27 gradi, quindi con una differenza di circa 9-10 gradi tra fuori e dentro. Un aspetto critico è legato ai picchi improvvisi di affluenza. A volte il locale è vuoto e nel giro di pochi minuti si riempie completamente. In questi casi, ogni cliente presente aumenta la temperatura interna di circa 0,1 gradi. Basta accogliere 40 o 50 persone per ritrovarsi con 4-5 gradi in più nel locale in pochissimo tempo, con conseguente sforzo aggiuntivo per l’impianto di climatizzazione».

Oltre i clienti: perché il microclima 

è cruciale per il personale

Oltre agli ospiti, è il personale delle strutture a essere esposto in modo continuativo alle condizioni microclimatiche. Camerieri, cuochi, addetti alla reception e operatori di sala trascorrono l’intero turno di lavoro in ambienti che spesso raggiungono temperature estreme, soprattutto in cucina, dove la presenza di forni, grill e piani di cottura eleva il carico termico. Un microclima non idoneo può tradursi in affaticamento, disidratazione, cali di concentrazione e aumento del rischio infortuni. La gestione consapevole del clima indoor diventa così anche uno strumento per promuovere la sicurezza e il benessere del lavoratore, oltre che un fattore di competitività per l’impresa. Molti operatori lamentano condizioni lavorative rese difficili dalla scarsa ventilazione o da impianti di climatizzazione mal distribuiti. In cucina, ad esempio, l’aria condizionata è spesso assente o sottodimensionata, mentre nelle sale il freddo diretto causato da split non regolati in modo ottimale rappresenta un disagio sia per il personale in movimento sia per gli ospiti. L’alternanza tra caldo e freddo nelle fasi di servizio, sommata alla frenesia dei turni estivi, genera stress fisico e organizzativo. Per questo la climatizzazione non può essere un elemento neutro o meramente tecnico, ma deve essere integrata nella progettazione ergonomica del lavoro.

Cursano quindi sottolinea: «È fondamentale garantire un adeguato ricambio d’aria e, soprattutto, disporre di un sistema di climatizzazione efficiente, capace di mantenere una temperatura sostenibile anche nelle aree di lavoro più esposte. Fortunatamente, oggi molti operatori stanno passando alla cottura a induzione, abbandonando progressivamente il classico sistema a gas. Questo perché la fiamma libera genera un calore diffuso che rende l’ambiente più difficile da gestire, mentre l’induzione concentra il calore direttamente sulla pentola o sull’acqua, riducendo l’impatto termico sullo spazio circostante. Lavorare per molte ore in ambienti surriscaldati, senza un impianto di climatizzazione adeguato, rende tutto più complicato. Se il collaboratore non si trova in condizioni di benessere, è difficile che riesca ad esprimersi al meglio: aumenta l’irritabilità, si abbassa la qualità del servizio, e diventa complesso mantenere uno standard di accoglienza e soddisfazione per il cliente». «Naturalmente - aggiunge Comini - questo clima interno non è importante solo per il cliente, ma anche per chi ci lavora. Il personale spesso si lamenta dell’aria condizionata diretta, perché le bocchette, pur cercando di non posizionarle direttamente sopra i tavoli, finiscono per colpire le spalle di chi è in servizio. Si cerca di ovviare con alette direzionali, ma l’esposizione prolungata all’aria fredda può portare a fastidi, come i tipici raffreddori estivi che, in certi casi, diventano quasi una forma di malattia professionale».

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Cinzia Ferro, storica titolare dell'Estremadura Cafe e del ristorante Antica Osteria Il Monte Rosso

«In cucina partiamo - dice Cinzia Ferro, storica titolare dell'Estremadura Cafe, riferendosi al suo ristorante Antica Osteria Il Monte Rosso - anch già con un vantaggio significativo, poiché utilizziamo esclusivamente attrezzature a induzione. Questo permette di eliminare le esalazioni e di contenere notevolmente il calore ambientale, a differenza delle cucine tradizionali alimentate a gas. Il calore percepito deriva unicamente dalla cottura delle pietanze, e non da fonti di combustione diretta. Anche in questo contesto, però, mantenere una temperatura adeguata è essenziale. È una condizione che incide in modo concreto sul benessere del personale: lavorare in un ambiente salubre e non eccessivamente caldo contribuisce a migliorare il clima interno e, di riflesso, anche l’umore e la qualità del servizio offerto. Far star bene chi lavora in cucina significa farlo lavorare meglio - e con il sorriso».

La normativa Inail e il limite dei 7 gradi: 


cosa prevede e cosa comporta

Secondo la documentazione tecnica dell’Inail sulla climatizzazione nei piccoli ambienti di lavoro, è raccomandato che la differenza tra la temperatura esterna e quella interna non superi i 7 °C. Questo valore è indicato come soglia fisiologicamente tollerabile per evitare squilibri termici. In ambienti soggetti a somministrazione di alimenti e bevande, il rispetto di questa soglia assume una doppia valenza: da un lato tutela i clienti dal rischio di shock termico, dall’altro contribuisce a garantire condizioni di lavoro salubri per il personale. Il mancato rispetto delle indicazioni può costituire una violazione delle norme di tutela della salute sui luoghi di lavoro previste dal D.Lgs. 81/08. Oltre agli obblighi previsti dalla normativa tecnica e di sicurezza, ristoranti e hotel sono soggetti a verifiche ispettive sulla trasparenza e sulla sicurezza delle condizioni lavorative. La mancanza di impianti adeguati o la presenza di sbalzi termici eccessivi può comportare segnalazioni, contenziosi e perfino sanzioni. Tuttavia, il rispetto delle regole non è solo una questione di conformità, ma di buon senso gestionale. Dotarsi di impianti efficienti, garantire il ricambio d’aria, monitorare le temperature interne ed esterne e informare correttamente il personale sui rischi termici significa evitare problemi, migliorare il clima aziendale e fidelizzare la clientela con ambienti salubri e confortevoli.

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Alessandro Klun, esperto in materia giuridica nel campo della ristorazione

Alessandro Klun, autore del libro "A Cena con Diritto" ed esperto in materia giuridica nel campo della ristorazione, sottolinea: «Quella dei 7 gradi è una raccomandazione, la legge si concentra maggiormente sulla prevenzione dei rischi attraverso il Testo Unico sulla Sicurezza. Il datore di lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, inclusi quelli legati al microclima. Questo significa che è il datore di lavoro, sulla base del decreto, a dover adottare misure tecniche, organizzative e procedurali per prevenire o ridurre i rischi connessi alla temperatura, all’umidità e alla qualità dell’aria negli ambienti interni. Anche se non si tratta di un’imposizione normativa, si tratta di una raccomandazione tecnica che si affianca a un obbligo ben preciso: quello di garantire condizioni lavorative sicure e salubri, prevenendo situazioni di rischio anche legate al clima interno. In questo senso, ad esempio, il datore di lavoro deve assicurarsi che i sistemi di climatizzazione siano adeguati, periodicamente puliti e correttamente manutenuti, soprattutto per quanto riguarda i filtri e la qualità dell’aria emessa».

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Nei ristoranti è opportuno mantenere una temperatura che non sia troppo fredda per evitare sbalzi troppo elevati con l'ambiente esterno

«Lo sbalzo termico - evidenzia Cursano - si sente subito, soprattutto a livello del petto, e può dare fastidio. Un salto di 10-12, anche 15 gradi rispetto all’esterno viene avvertito dal corpo in modo negativo, perché lo assimila male. Per questo, dal mio punto di vista, il parametro dei 7 gradi di differenza mi sembra giusto e adeguato, proprio per evitare sbalzi eccessivi che possono causare effetti collaterali. A livello normativo, l’unica indicazione chiara è questa: non ci sono altri parametri obbligatori da rispettare per legge. Tuttavia, è il buonsenso a fare la differenza. Nelle mie attività, ad esempio, ho sempre adottato come riferimento una temperatura interna sui 26-27 gradi. È una soglia equilibrata, in cui si sta bene. Mantenere l’aria condizionata troppo bassa non fa bene: sbalzi così forti tra interno ed esterno possono provocare più danni che benefici, sia per i clienti che per chi lavora tutto il giorno in quegli ambienti».

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

Carlo Bresciani, chef e patron dell'Antica Cascina San Zago

«Credo - commenta Carlo Bresciani, chef e patron dell'Antica Cascina San Zago e presidente di Fic Promotion - che una differenza di sette gradi tra l’esterno e l’interno sia del tutto sufficiente per garantire comfort senza creare problemi di salute. Bisognerebbe però lavorare anche sulla sensibilizzazione della clientela. Ho vissuto a lungo in Giappone, un Paese dove il clima estivo è estremamente caldo e umido. Nonostante ciò, l’aria condizionata nei locali è spesso impostata su temperature molto basse. Tuttavia, c'è una differenza culturale significativa: mentre il turista occidentale si presenta spesso in canottiera o senza maniche e finisce per avere freddo, il cliente giapponese abituale indossa camicie a maniche lunghe o giacche leggere, risultando molto meno esposto agli sbalzi termici. Penso che si possa trovare un giusto compromesso, mantenendo l’aria condizionata a pochi gradi sotto la temperatura esterna — ad esempio tre o quattro — a patto che anche i clienti siano consapevoli e adeguatamente vestiti. Capita spesso che alcuni arrivino molto scoperti e poi si lamentino del freddo, costringendo il personale a continue regolazioni. Serve quindi un po’ di educazione reciproca, sia da parte degli operatori sia da parte dei clienti».

Tecnologie smart per il controllo climatico: verso un comfort personalizzato

La progettazione di impianti HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning) nel comparto Horeca deve partire da un’analisi puntuale delle esigenze specifiche della struttura. Le soluzioni più efficaci per hotel e ristoranti includono i sistemi VRF (a flusso variabile di refrigerante), che permettono la gestione differenziata delle temperature ambiente, e i multisplit ad alta efficienza. È fondamentale dimensionare gli impianti tenendo conto dell’affollamento, dell’esposizione solare, delle attività svolte in ciascuna area e della necessità di ridurre al minimo i consumi energetici. Una progettazione accurata consente di migliorare il comfort e contenere i costi operativi.

Aria condizionata al ristorante: come gestirla al meglio per il benessere di personale e clienti

È obbligo del titolare far controllare la qualità dell'impianto di climatizzazione

Le moderne tecnologie digitali offrono oggi strumenti di controllo climatico avanzato, che integrano sensori ambientali, algoritmi predittivi e sistemi di gestione automatica. L’utilizzo di BMS (Building Management Systems) e app dedicate consente una regolazione fine e personalizzata, in base all’occupazione degli ambienti, alla fascia oraria e alle condizioni meteorologiche esterne. Il controllo intelligente evita sprechi, limita le fluttuazioni termiche e garantisce un comfort termico stabile. Soluzioni sempre più diffuse, anche grazie all’integrazione con fonti rinnovabili, permettono di migliorare l’efficienza degli impianti e di monitorare in tempo reale il consumo energetico. 

Aria condizionata e sostenibilità: come coniugare efficienza e risparmio

Il tema della sostenibilità ambientale è ormai centrale nella gestione delle strutture ricettive e ristorative. La climatizzazione incide in modo significativo sui consumi energetici, e con essi sulle emissioni di CO2. Ridurre l’impatto ambientale significa scegliere impianti ad alta efficienza, intervenire sull’isolamento termico degli edifici, utilizzare pompe di calore e sistemi a basso impatto. L’integrazione con impianti fotovoltaici può abbattere i costi a lungo termine e contribuire alla transizione ecologica del comparto. Una climatizzazione sostenibile è oggi un elemento di valore competitivo, richiesto da una clientela sempre più consapevole e attenta all’impronta ambientale delle strutture frequentate.


«La qualità dell’aria e dell’ambiente interno - commenta il vicepresidente Fipe - è a tutti gli effetti un elemento distintivo della qualità del servizio stesso. Le aree particolarmente esposte - come cucine di ristoranti, laboratori di pasticceria o gastronomie - necessitano di una particolare attenzione a livello impiantistico, perché qui il ricambio d’aria deve essere calibrato in funzione dell’intensa immissione di calore. Si tratta di un investimento che ha un impatto diretto sulla salute, sul benessere e sulla produttività del personale. Se un collaboratore si sente bene e lavora in un ambiente adeguato, sarà naturalmente più efficiente, più sereno, e anche più produttivo. Per questo motivo, la climatizzazione non può essere considerata solo un costo, ma un elemento di qualità aziendale da affrontare con attenzione e responsabilità».

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