UN NUOVO FUTURO
PER I SOMMELIER?
Ma i sommelier italiani hanno davvero bisogno di una nuova sigla?
Mentre ogni giorno si percepisce il ritardo con cui l’Italia arranca per dare un’identità all’Expo 2015, ha senso una nuova guerra di religione fra chi valuta il vino? L’enogastronomia può contare oggi su una squadra di sommelier unita e forte? Le risposte non possono che essere no, ma dopo la rottura di un sodalizio che pareva inossidabile (quello fra Franco Ricci, editore di Bibenda e fino a qualche giorno fa eminenza grigia dell’Ais, e Antonello Maietta, presidente Ais) è quasi certo che nel settore spunterà a breve una nuova sigla, l’annunciata Fondazione italiana sommelier di F.R. che già affila le armi contro l’ormai ex casa madre dell’Ais.
Certo ci sono problemi di immagine o economici: da un lato Bibenda che stampa una super rivista patinata e una guida, oggi contestata, che hanno per destinatari praticamente solo i 30mila soci dell’Ais, dall’altro l’associazione che ha un bilancio di quasi 20 milioni di euro. E ci sono in gioco anche personalità ed esperienze: Ricci è forse la persona che ha dato il maggior contributo alla nuova figura del sommelier, ma è una sorta di padre-padrone, per giunta poco socievole, mentre Maietta è in scadenza di mandato e vuole lasciare un segno di autonomia. In ogni caso è difficile trovare la motivazione vera di una frattura esplosa in poche settimane. Anche perché tutte le ragioni per questa divisione c’erano da tempo. E francamente nemmeno ci interessa tanto di sapere i perché, visto che quel che importa è il futuro di professionisti che svolgono un ruolo importante nel nostro sistema economico e culturale.
Purtroppo in Italia non si fa quel che serve. Pensiamo solo alla politica, a cui la vicenda Ais rischia tanto di somigliare (fosse anche solo per i forti legami di Ricci con i vertici romani delle istituzioni). Ma da inguaribili ottimisti, e per non rinunciare alla funzione anche di stimolo dei giornali, ci permettiamo di suggerire ai vertici dell’Ais di prendere spunto da questa crisi per avviare una strategia capace di ottenere più forza e autorevolezza per chi fa il sommelier di professione.
L’obiettivo finale, una vera rivoluzione in Italia, dovrebbe essere quello dell’unificazione di tutte le sigle all’interno di una associazione che distingua nettamente fra i professionisti e gli appassionati. Fisar, Aspi, Onav e altre organizzazioni minori vanno coinvolte in questo progetto che prevede la rinuncia ad un po’ di poltrone e divise per avere una sola squadra, come succede in Francia e in tutti i Paesi civili. Propedeutico per questo risultato è la chiusura di quel carrozzone che è Wsa, voluto da Franco Maria Ricci ma non certo contrastato dagli attuali vertici dell’Ais, un fantoccio di organizzazione mondiale di marca italiana... L’Ais dovrebbe quindi rientrare nell’Asi, l’associazione internazionale dei sommelier da cui se ne era andata, dopo essere stata criticata per la sua gestione in quel periodo un po’ troppo “commerciale”.
Una grande associazione potrebbe essere il giusto interlocutore per istituzioni e aziende, garantendo il miglior biglietto da visita dell’Italia in tutto il mondo, nonché credibilità a una categoria che, dovendo servire e consigliare il vino, non può dividersi al suo interno per ragioni oggi incomprensibili.
ALBERTO LUPINI
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