La giornata internazionale della felicità, istituita dall’Onu nell'anno 2012, si è celebrata in tutto il mondo ieri 20 marzo. Il 20 marzo, ultimo giorno dell'inverno, e non il 21 marzo, primo giorno di primavera. Come a dire che la felicità è ciò che di bello ci attendiamo avvenga, ancor prima e forse ancor più che poi questa cosa bella sopraggiunga. L'Onu riconosce che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità. Thomas Jefferson nello scrivere la Dichiarazione d'Indipendenza degli USA, adoperò proprio la frase "pursuit of happiness". Nella frenesia delle classifiche da stilare, da commentare, da essere d'accordo, da essere in disaccordo, c'è chi si prende la briga di stilare addirittura la classifica dei Paesi in base alla felicità. Come dire, dare score e ranking alla felicità! Ma si può? Rendere misurabile la felicità! Non si potrebbe, però succede.
E succede che tra i parametri considerati per stilare la classifica ci siano il reddito pro capite (e poi al contempo si afferma che "i soldi non fanno la felicità"), l'aspettativa di vita (la vita misurata in lunghezza e non in ampiezza), il tasso di criminalità e corruzione, il livello di istruzione e il tasso di occupazione. Ciò asetticamente posto in premessa, il Paese più felice del mondo sarebbe la Finlandia, al secondo posto ci sarebbe la Danimarca al terzo la Svizzera: questo il podio. Ad avere fretta, a scorrere in velocità i posizionamenti fuori podio, fermiamoci al decimo posto. Niente. Non si faccia finta di non capire: niente ! Niente, il Bel Paese non c'è. Ancora un po' di pazienza, scendiamo di altri dieci gradini, fermiamoci al ventesimo posto. Niente! Si va via, ci deve essere un errore. Dài, ancora un attimo di pazienza, seguitiamo a leggere. Ecco! Trovata! L'Italia, il nostro Bel Paese è al trentesimo posto. Evviva!
Musi lunghi, incredulità, non si pensava di stare così in basso. C'è chi non se ne capacita e vuole approfondire. Forse, ma è appena un dubbio sottile, vuoi vedere che tra i parametri è assente quello che valuta l'importanza del cibo, dell'alimentazione, insomma del bere bene e del mangiare bene!? Suvvia, con la tecnologia oggi si può. E allora, seduta stante, si organizza tavola rotonda. Ci si assume responsabilmente il ruolo di moderatore. Veloci, sempre grazie alla tecnologia, gli inviti e veloci quanto sorprendenti e graditissime le autorevoli adesioni. Il tema è "bere bene, mangiare bene e vivere felici". Si cominci, orsù!
Il dialogo sulla felicità con Epicuro
Il primo collegamento è con Atene, dove intercettiamo un certo Epicuro, così chiamato in quanto fondatore dell'epicureismo. No, scusate, mi dicono che non è così, bensì è l'opposto: la scuola filosofica dell'epicureismo prende il nome dal suo fondatore Epicuro. Mi ero confuso! Può capitare: l'emozione!M: Kalispera, Epicuro.
E: Giovanotto, ci siamo già visti qualche volta da qualche parte?
M: No, questa è la prima volta.
E: E allora dove appoggia questa confidenza, come si permette di chiamarmi Epicuro? Siamo amici, siamo fratelli? Ma per favore... ad ogni modo, cosa vuole?
M: Oh, mi scusi Maestro, siamo in tavola rotonda e l'argomento verte su cibo e felicità. Ecco, pendiamo dalle sue labbra. La sua opinione in merito, per piacere, Maestro.
E: Da persona educata, io le rispondo, ma dubito che lei possa capire.
M: Ci provo.
E: Devi sapere che il fondamento dell'etica, e la cosa ti parrà strana e originale, è il piacere, e che il vero piacere risiede nell’assenza di dolore (aponìa) e nell’assenza di turbamento (atarassìa). Ci sono vari tipi di piacere: quelli da perseguire e quelli da abbandonare. Da perseguire sono i piaceri naturali e necessari, ovvero quelli legati alla sopravvivenza dell’uomo, quali a mo' di esempio, così puoi capire anche tu, bere, mangiare, dormire.
M: Ah, ma questa è la base della Piramide di Maslow !
E: Sì, ma il collega Maslow, arriverà ventitré secoli dopo di me con questa sua Piramide, che poi so che gliela avete rovesciata e poi di nuovo rovesciata.
M: Sì, effettivamente...
E: Non farmi perdere il filo del discorso. Dunque, oltre a questi piaceri naturali e necessari, ci sono poi i piaceri naturali e non necessari. Questi sono simili ai precedenti ma ci devi aggiungere accanto la parola "bene". Quindi, bere bene, mangiare bene, dormire bene. I piaceri da abbandonare sono quelli non naturali e non necessari, ovvero legati a bisogni vani quali, ad esempio, così capisci anche tu, l'ambizione e il desiderio di ricchezza.
M: Quindi, Maestro, è questo suo pensiero, in sintesi, l'edonismo epicureo?
E: Sì, in sintesi, è questo.
M: E quindi, sempre in sintesi, come concluderebbe in merito al tema di questa tavola rotonda che, Le ricordo, è "bere bene, mangiare bene e vivere felici"?
E: Giovanotto, concluderei affermando che bere bene e mangiare bene costituiscono due condizioni necessarie ma non sufficienti per vivere felici.
Il dialogo sulla felicità con Ippocrate
Ci si accomiata da Epicuro e, potenza della tecnologia, ci colleghiamo con Ippocrate, in quel di Larissa.M: Dottore, buonasera.
I: Ma chi sei, il parcheggiatore abusivo?
M: No, sono il moderatore della tavola rotonda avente a tema "bere bene, mangiare bene e vivere felici".
I: E allora perché mi chiami dottore?
M: Perché lei è dottore, o mi sbaglio?
I: Ti sbagli, giovanotto, ti sbagli. Io sono medico, geografo e un giorno sarò considerato il padre della medicina scientifica.
M: Ah, mi scusi Medico, per averla chiamata dottore. Veniamo al tema della tavola rotonda. Vorremmo giovarci del conforto del suo autorevole pensiero in merito.
I: Proverò ad esprimermi in parole semplici sperando così che tu possa capirci qualcosa.
M: Grazie.
I: Prego. Devi sapere, giovanotto, che dal cervello derivano le gioie, i piaceri, le risate e gli scherzi, e le tristezze, i dolori, l'avvilimento e il pianto. Ed è grazie al cervello che acquisiamo saggezza e conoscenza; e vediamo e sentiamo e impariamo cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è dolce e cosa è amaro. Mi segui? Stai capendo?
M: Penso proprio di sì, Medico; quanto dice mi affascina. La prego, prosegua.
I: E sia. Però, per onestà intellettuale, sappi che quanto ti dico adesso non è tutta farina del mio sacco, ma anche frutto di colleghi che, salendo sulle mie spalle, spalle da gigante, hanno veduto lontano e hanno fatto progredire la medicina. Sono i miei colleghi posteri. Io però e non dimenticarlo mai, sono colui il quale disse: "Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo".
M: Maestro, e chi potrebbe mai dimenticarsene. Grazie imperituro per questa perla di saggezza.
I: Dunque, dicevo, nell'ambito delle emozioni collegate alla sensazione gustativa, quando assaporiamo un gusto gradevole, inneschiamo una serie di modifiche neuro mediate che ci procurano felicità. Molti dei nostri riti quotidiani di piacere si svolgono a tavola e hanno a che fare con il cibo. Ecco perché gustare un cibo buono, bere un buon vino induce un certo grado di felicità.
M: Sempre usando parole povere, a ché anche io possa continuare a capire, ci spiega bene, Medico Ippocrate, che cosa succede nel cervello quando proviamo felicità alimentare?
I: Nel nostro cervello esiste il cosiddetto sistema del piacere, formato da un complesso apparato che origina da una piccola struttura chiamata ipotalamo. La stimolazione di questa struttura produce sensazioni di piacere e godimento simili all'orgasmo, attraverso la liberazione di un mediatore chimico, detto endorfina. La felicità intesa come il complesso delle sensazioni che conseguono all'appagamento dei bisogni, è stato ed è tuttora un elemento indispensabile per la vita e ha permesso l'evoluzione degli animali e dell'uomo.
M: Ah, ma allora possiamo davvero affermare che mangiare bene è il secondo piacere della vita?
I: Certamente, giovanotto. Possiamo affermarlo e qui te lo ribadisco: mangiare bene è il secondo piacere della vita. Laddove il primo, ovviamente, è lavarsi le mani prima di sedersi a tavola !
M: Ah, ecco. Mi era sembrato...
I: Zitto e fammi proseguire, per favore. Dunque, devi sapere che la felicità indotta dall'assunzione del cibo implica non solo il gusto ma anche gli altri sensi: l'olfatto, il tatto, la vista, l'udito. Di più: parte della felicità del cibo è anche la convivialità. Sai cosa disse Plutarco, che visse quattro secoli circa dopo di me?
M: Medico, posso osare? Forse lo so!
I: Osa, ordunque!
M: Plutarco disse che non ci si siede a tavola per mangiare, ma ci si siede a tavola per mangiare insieme. Insomma, fece elogio della convivialità.
I: Bravo, proprio così. Sedersi a tavola e mangiare e bere di gusto insieme a famigliari, amici, persone care, provoca felicità.
M: Grazie, Medico Ippocrate.
I: Ciao, giovanotto. Devo andare, ho studio e non tollero che il paziente debba attendere. Oddio, il paziente deve essere paziente, sennò che paziente è!
M: Medico Ippocrate, ma che fa, copia le battute di Totò?
I: Eh, ma mi è venuta spontanea!
Una battuta sulla felicità con Auguste Escoffier
Ci si collega ora con Parigi, dove troviamo lo chef Auguste Escoffier.M: Caro chef, antesignano e decano di tutti gli chef, per piacere, ci dica il suo autorevole pensiero in merito alla felicità.
AE: sarò telegrafico, giovanotto: è il buon cibo il fondamento della vera felicità. Per questioni di tempo, la tavola rotonda si conclude qui. Circa la correlazione stretta e dimostrata dai giganti del passato tra buon cibo e felicità, ci sovviene la scena finale del film Pane amore e fantasia. Un giovanotto affamato a ora di pranzo si siede sul ciglio della strada, svoltola la carta contenente la merenda e trova una pagnotta di pane tagliata in due, ma senza companatico. Il Maresciallo (il grande Vittorio De Sica) osserva la scena e gli chiede cosa avrebbe messo tra le due metà della pagnotta. Il giovanotto lo guarda sereno e sorridente e risponde... fantasia! Anche questa, magari apparentemente grama, ma solo apparentemente, è felicità!
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