Un anno di luci (poche) e ombre (molte) quello vissuto dal vigneto emiliano-romagnolo nell’anno appena trascorso. La vendemmia 2022 si è chiusa con un calo produttivo medio di un -15%, dovuto agli effetti di un sempre più evidente cambiamento climatico con eventi meteo estremi (gelate, nubifragi e bombe d’acqua) associati a una siccità che ha fatto soffrire soprattutto i vigneti collinari fra Piacenza a Bologna, con la proverbiale carenza di manodopera specializzata a complicare la gestione delle attività in vigna e in cantina.
Per quanto riguarda le esportazioni basta analizzare i dati di uno storico bestseller sui mercati internazionali, come il Lambrusco, per evidenziare, fra aumento dei costi dovuti alla crisi energetica e incertezze provocate dal protrarsi del conflitto russo-ucraino, una decisa contrazione delle vendite dei vini emiliano-romagnoli su mercati fondamentali come Usa, Regno Unito e Germania, che da soli rappresentano il 50% delle esportazioni vinicole italiche). Raffrontando i dati del 2022 sull’anno precedente si evince una erosione dei volumi di vendite per il gioviale Lambrusco che negli Stati Uniti si attesta su un -13% mentre per Regno Unito (come in Germania) il calo è ancora più evidente raggiungendo il -14,5%, allineandosi a buona parte delle più gettonate denominazioni nazionali.
Un vigneto di Lambrusco in Emilia RomagnaUn problema di surplus di costi
Una situazione ovviamente comune a tutto il comparto - con qualche positiva eccezione come Prosecco, Barolo, Brunello e poche altre “isole felici” - visto che nei recenti dati elaborati dall'Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base Nielsen-Iq, nei tre Paesi di riferimento per l’esportazione dei nostri vini (Usa/Regno Unito e Germania) si è registrato un calo medio del 9% con la perdita totale di 63 milioni di bottiglie e un controvalore economico di 253 milioni di euro.
Commentando questi dati Lamberto Frescobaldi, nel suo ruolo di presidente dell’Unione Italiana Vini, ha sottolineato come questo risultato «ci riporta ai numeri pre-Covid del comparto retail. In un certo senso stiamo tornando a una condizione di normalità, a patto che la domanda di ristoranti e locali regga di fronte a una congiuntura difficile. Ciò che non è normale è invece il surplus di costi, a partire da energia e materie prime secche, che il settore sta scontando e che pesa ancora di più in un contesto di riduzione della domanda in un canale importante come quello della grande distribuzione. Quest’anno sarà fondamentale riuscire a non deprimere l’offerta sul fronte del valore e, oltre a presidiare i mercati di sbocco, aprire alle piazze emergenti».
L'Emilia Romagna sta reagendo con concretezza
Ma a questa situazione di generale contrazione dei consumi vinicoli, la “locomotiva” Emilia Romagna sta reagendo con la consueta concretezza e il saper fare tipici della sua gente con le sue oltre 16.400 imprese vitivinicole alla ricerca, appunto, di nuovi sbocchi sui mercati internazionali. Non bisogna dimenticare che nel 2021, come nel quinquennio che comprendeva anche i tribolati anni pandemici, i vini emiliano-romagnoli avevano fatto registrare un incremento importante, come sottolineato da una puntale indagine elaborata da Nomisma.
In Emilia Romagna sono presenti oltre 16.400 imprese vitivinicoleSolo nel 2021 le esportazioni di vini emiliano romagnoli negli Stati Uniti avevano messo a segno un ragguardevole +20,2%, seguito da un +17,6% nel Regno Unito e da un +16,9% in Germania. Se poi si prende in considerazione il quinquennio 2016/2021 l’incremento verso gli Stati Uniti ha raggiunto un lusinghiero +46%, seguito dalle ottime performance di Svizzera (+38%), Messico (+33,7%) e Cina (+28,6%). Il dato complessivo delle esportazioni del comparto vitivinicolo regionale si attesta sull’arco temporale quinquennale su un +41,9%, dato di gran lunga superiore alla media nazionale che, nello stesso periodo, aveva fatto registrare una crescita del 26,5%.
Il calice emiliano-romagnolo tornerà a essere protagonista
A un focus a volo d’uccello sui vitigni più gettonati, il consueto report dell’Assessorato alla Agricoltura della Regione Emilia Romagna ci riporta come i viticoltori emiliano-romagnoli nell’ultimo periodo stanno puntando sempre più su Trebbiano romagnolo, Ancelotta e Pignoletto decidendo di estirpare parti di superfici meno vocate di Sangiovese, Albana, Ortrugo e Barbera. Inoltre, altro dato importante, la costante crescita delle superfici vitate biologiche che in un paio di anni son cresciute di quasi mille ettari, confermando il quinto posto a livello nazionale dell’Emilia Romagna.
Ottimi segnali anche per il mercato legato all’enoturismo che è in forte crescitaUn’estensione totale a conduzione biologica che attualmente supera i 5.500 ettari, rappresentando il 10,6% della superficie viticola regionale. Ottimi segnali anche dal mercato legato all’enoturismo con visite in cantina, degustazioni, agriturismo e turismo esperienziale, in forte crescita. Luci che, prima di tutto sul mercato interno e poi su quello internazionale, fanno presagire un lento ritorno a una fase espansiva, in cui il calice emiliano-romagnolo tornerà a essere protagonista, come al solito, a Verona dal 2 al 5 aprile nella 55ª edizione del Vinitaly. Ma anche con iniziative che testimoniamo l’attenzione regionale al mondo del vino come il ritorno a Bologna, dopo l’esordio dello scorso anno, della nuova iniziativa fieristica dedicata alla viticoltura sostenibile di Slow Wine Fair.
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