Hanno convinto decine di pensionati a investire i risparmi di una vita in bottiglie di vino pregiato, promettendo rendimenti sicuri e garantendo di guadagnare solo in caso di vendita a profitto. In realtà, quelle bottiglie esistevano sì, stipate in un magazzino, ma non sono mai arrivate agli acquirenti. Con questo sistema, Benjamin Cazaly, 42 anni, Gregory Assemakis, 39, entrambi del Kent, e Dominic D'Sa, 45, di Londra, hanno sottratto almeno 6 milioni di sterline (quasi 7 milioni di euro) a 41 vittime, all'interno di un giro d'affari che, secondo gli investigatori, ha visto transitare oltre 37 milioni di sterline nei conti della loro società, la Imperial Wine & Spirits Merchants, durante i dieci anni di attività. Lo scorso martedì, la condanna al termine del processo alla Crown Court di St. Albans ha messo fine a una delle frodi più spregiudicate nel settore degli investimenti legati al vino.
Dietro la facciata di prestigio:
il call center del vino che ingannava gli anziani
La società era nata nel 2008 per iniziativa di Cazaly con il nome di Imperial Wines of London e si presentava come una raffinata casa d'investimento “a conduzione familiare”, con uffici a Parigi e Hong Kong. In realtà si trattava di un call center ospitato in un anonimo edificio di Groveland Court, a Londra. Qui, tra le scrivanie e i telefoni, campeggiava sui muri la frase “no means yes”, a ricordare che un rifiuto del cliente non era mai considerato definitivo. Il personale, reclutato e addestrato per convincere anche i più scettici, si ispirava a tecniche prese in prestito dal film The Wolf of Wall Street (con Leonardo Dicaprio). Copioni già pronti, nomi di fantasia e un tono sicuro servivano a guadagnarsi la fiducia degli investitori, spesso anziani, che ricevevano offerte per bottiglie francesi vendute a prezzi gonfiati fino al 400%.
Per rendere più credibile la proposta, venivano inviate brochure patinate, impreziosite da loghi e presunte citazioni del Daily Telegraph e del Financial Times, usati senza alcuna autorizzazione. In certi casi si arrivava persino a invitare i potenziali clienti a cene in ristoranti di lusso. Nella sede, gli investigatori hanno trovato anche copie di Vino for Dummies, manuali consultati al volo per simulare competenza. Tutto era studiato per dare un'illusione di solidità e affidabilità. Ma dietro la facciata, la realtà era ben diversa. Emblematico l'episodio ascoltato in aula: una registrazione in cui un'operatrice chiede i dati della carta di credito a una donna che non sapeva nemmeno cos'era una carta, né presso quale banca avesse il conto.
Dall'indagine alle condanne: come
la maxi-truffa del vino è arrivata in tribunale
La vicenda è venuta alla luce grazie a un'indagine di Hertfordshire Trading Standards, culminata nella perquisizione del novembre 2018. Da lì è emerso il quadro di un'operazione strutturata, portata avanti per anni e capace di raggirare decine di persone. Trish Burls, della National Trading Standards, ha commentato: «Le vittime di questa vicenda hanno perso migliaia di sterline attraverso uno schema coordinato di bugie, inganni e manipolazione. Questi criminali hanno sfruttato la passione e l'entusiasmo delle persone, spingendole a investire mentre li privavano dei risparmi di una vita, causando gravi traumi emotivi».
Sulla stessa linea Ajanta Hilton, membro del consiglio per la sicurezza dello Hertfordshire: «Le storie di quanti sono stati vittime di questa truffa sono devastanti. Vorrei ringraziarle per il coraggio dimostrato nel raccontare le loro storie, grazie alle quali questi criminali incalliti hanno potuto essere consegnati alla giustizia». Un epilogo giudiziario, dunque, che restituisce almeno un po' di dignità a chi si è visto portare via tutto, ma che lascia aperta una riflessione amara: quanto facilmente, anche in un comparto come quello del vino, l'immagine di lusso e prestigio possa essere trasformata in uno strumento di inganno.
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