Il trend dell’export italiano di vino si presenta in deciso peggioramento nel primo quadrimestre dell’anno. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio di Unione Italiana Vini (UIV) su base Istat, i dati aggiornati mostrano una contrazione del -3,7% nei volumi e del -0,9% nei valori, per un totale pari a 2,5 miliardi di euro. A incidere in modo determinante è stata la flessione del mercato statunitense, primo destinatario del vino italiano, fortemente influenzato dai dazi doganali del 10% in vigore da aprile (con un picco temporaneo al 20% nei primi giorni del mese).

Spumanti e vini fermi: per la prima volta segni negativi per entrambi
Per la prima volta da anni, anche il comparto spumantistico si colora di rosso: -1,1% nei volumi e -1,5% nei valori. Peggiore l’andamento dei vini fermi e frizzanti in bottiglia, che segnano un -5,6% a volume e un -1% a valore. Il calo generalizzato si accompagna a una riduzione dei consumi interni nei Paesi importatori, unita a una maggiore prudenza nelle importazioni, anche per via delle scorte accumulate nel 2024. Secondo l’Osservatorio Edoardo Freddi International, che raccoglie dati da produttori, distributori, importatori e consumatori nei principali mercati globali, alcune delle etichette più rappresentative del vino italiano all’estero sarebbero quelle più esposte all’eventuale incremento dei dazi.

Il Prosecco appare come il vino potenzialmente più vulnerabile, seguito da Pinot Grigio, Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Barolo, Barbaresco, Amarone, Montepulciano d’Abruzzo e infine il Nero d’Avola. Edoardo Freddi, fondatore della società di export management Edoardo Freddi International, sottolinea come si tratti di vini che, grazie alla loro notorietà commerciale e ai volumi esportati, rappresentano un pilastro per la presenza del vino italiano negli USA. Un cambiamento nei costi doganali, secondo il manager, potrebbe modificare sensibilmente le dinamiche di prezzo e incidere sulla competitività a scaffale, soprattutto in un mercato sensibile alle oscillazioni dei prezzi come quello statunitense.
Mercato USA: dazio e calo della domanda pesano sulle esportazioni
I dati di aprile mostrano per gli Stati Uniti un decremento del -7,5% a volume e del -9,3% a valore rispetto allo stesso mese del 2024. La tendenza si è confermata anche a maggio, con ulteriori segnali di rallentamento: -3,4% a volume e -3% a valore. A preoccupare, sottolinea UIV, non è solo la performance americana, ma anche quella dei Paesi extra-UE, che registrano un calo complessivo del -7,4% a volume e del -1,7% a valore. Il mercato europeo, invece, rimane sostanzialmente stabile. Freddi delinea così il quadro della situazione: «Con il possibile inasprimento dei dazi americani nei confronti dei prodotti europei, si apre un nuovo capitolo per il vino italiano negli Stati Uniti - osserva Freddi -. Nessun allarmismo, ma è lecito ipotizzare scenari in cui alcune denominazioni - per posizionamento, volumi o presenza strategica sul mercato statunitense - potrebbero risultare più esposte di altre».

Secondo l’Osservatorio UIV, il contesto internazionale evidenzia segnali di tensione e rallentamento su più fronti: dai dazi USA, alla crisi russo-ucraina, passando per la flessione della domanda cinese e la contrazione del potere d’acquisto globale. «Premesso che il calo dei consumi penalizza non solo il vino tricolore ma quello di tutti i principali Paesi produttori - ha dichiarato Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV - è oggi fondamentale prendere atto di come lo scenario della domanda sia mutato, una doccia fredda dopo anni di crescita». «Per questo - ha proseguito - è quanto mai urgente adeguarsi alle nuove condizioni di mercato. I dazi statunitensi, in particolare, impongono un’accelerazione. Dobbiamo - e siamo in grado di farlo - salvaguardare un asset che, con un attivo di 7,5 miliardi di euro, rappresenta una delle voci più solide dell’export italiano».
Impatto dei dazi USA: rischio effetto domino sul mercato europeo
Sulla questione è intervenuto anche Paolo Castelletti, segretario generale di UIV, che ha sottolineato il rischio legato a un possibile innalzamento della tariffa statunitense fino al 30%: «Una soglia ingestibile per il comparto vino, che è il più esposto tra le top 30 categorie merceologiche». Secondo Castelletti, con un’incidenza del 24% dell’export verso gli USA, contro una media nazionale del 10,4%, un dazio così elevato avrebbe un impatto diretto sulle vendite internazionali e indiretto sul mercato europeo, attraverso l’effetto saturazione delle piazze tradizionali, con pressioni sui prezzi.
«Serve ora - ha concluso - chiudere la trattativa nel migliore dei modi e, allo stesso tempo, ripensare la strategia produttiva e commerciale del settore, puntando su aree a maggiore potenziale di crescita». Nonostante tutto, gli Stati Uniti restano in positivo nel quadrimestre: +0,9% a volume e +6,7% a valore, con 666 milioni di euro generati. Tuttavia, la perdita di slancio è evidente rispetto al trend dei mesi precedenti. Scendono i volumi in Germania (-3,3%) e Regno Unito (-4,8%), rispettivamente secondo e terzo mercato di sbocco. Svizzera e Francia mantengono volumi stabili, mentre si registrano segnali incoraggianti da Canada, Belgio e Paesi Bassi, in leggera crescita. In forte difficoltà i mercati orientali, con cali a doppia cifra in Giappone, Cina e soprattutto Russia (-65%).

«Questa fase - aggiunge Freddi - invita tutto il settore a riflettere su nuove strategie: diversificare i mercati di riferimento, rafforzare il valore percepito dei brand, e investire in branding e storytelling, strumenti ormai fondamentali per costruire un legame solido con il consumatore americano». Il commento si chiude con un richiamo alla resilienza della filiera: «Il vino italiano, già abituato a navigare scenari globali complessi, ha gli strumenti per affrontare anche questa sfida. Ma restare vigili è fondamentale».

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