giovedì 11 agosto 2016

OLIVER, ALESSANDRA E IL PIACERE GOLOSO

Oliver, Alessandra 

e il piacere goloso

Fra il Pelmo e le Tofane

Oliver, Alessandra e il piacere goloso

Studiare ogni singolo sapore

Studiare ogni singolo sapore
È un sorriso che disarma, quello di Oliver Piras. Sardo giramondo, s’è inventato con Alessandra Del Favero, meno di sessant’anni in due, questa nicchia di piacere goloso, quattro tavoli da quattro nello storico albergo della famiglia della compagna. Legno, solo legno per terra e alle pareti e niente tovaglie, perciò tutto appoggia su questa materia, più o meno grezza, così come la sua cucina, fatta di analisi e sintesi di materia pura che trasformata diventa componente essenziale di ogni piatto. Lascia senza difese il suo sorriso, perché in un mondo in cui i cuochi si sentono profeti illuminati, Oliver sa coltivare il suo valore senza esaltarsi. L’esaltazione la dedica al modo in cui studia ogni singolo sapore, senza fermarsi. Scuola scandinava, alta scuola francese, italiana.

Sequenza di amuse bouche

Sequenza di amuse bouche
Un mondo di idee incastonate fra il Pelmo e le Tofane in lontananza, per non dimenticare che qui siamo in montagna. E allora se un classico come la sua carota in carpione continua a sedurre senza stancare, la sequenza di amuse bouche continua con la sfoglia di midollo e polvere di mirtilli in cui la grassezza del primo regala emozione mescolandosi nei piccoli bocconi, uno dopo l’altro.

 

 

Sublimare è la vocazione

Sublimare è la vocazione
E il calamaro di montagna? Come trasformare l’albume in sublime. Si mastica lentamente per assaporarne profumi e variazioni complesse l’insalata di pesce persico con rabarbaro, quinoa, menta giapponese e polvere di liquirizia, nella quale si ritrovano una piccola sensazionale botta gustativa dopo l’altra. E poi a un certo punto arriva il burro, ma non uno qualunque, semplicemente crea dipendenza da morbidezza, con quel pane e il suo profumo di casa

Imp(i)atti sorprendenti

Imp(i)atti sorprendenti
Fettuccina di patata alla rosa canina: anche qui tecnica e una consistenza che sorprende. Grande impatto anche per i tortelli ripieni di “rillettes” all’aceto con tagete e brodo di Parmigiano, a effetto erogeno con sapidità controllata. Tra i secondi la carne del piccione con spinaci selvatici, brodo di funghi e sambuco, servita in due cotture, è di una succulenza che non si dimentica, così come la squisita animella di cuore con rape marinate nel tè kombucha e foglie di oxalis rossa, perfetta per gli amanti del genere e di un’eleganza senza pari. Il sorbetto al limone e alloro è l’elemento di rottura perfetto tra salato e dolce, prima di un piccolo capolavoro come latte, gelato alla lavanda e mele, di quel genere di delicatezza che rivela pian piano la sua complessità governata con grande maestria. Il servizio regala professionalità e sorrisi, la carta dei vini un buon assortimento di etichette. Si spendono con grande soddisfazione dai 65 agli 85 euro per i menu, sui 60 alla carta.
Aga ristorante 
Marco Colognese

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