Era il 29 di settembre del 1385, giorno di San Michele, quando il marchese Nicolò D’Este diede il via alla costruzione di una fortezza difensiva e militare. Stiamo parlando del Castello Estense, chiamato appunto di San Michele. Allora le famiglie si contendevano il potere con lotte e guerre, dunque, era necessario avere a disposizione una roccaforte. Il castello è il monumento più noto di Ferrara: ora si trova al centro della città, mentre nel Trecento occupava la parte nord della città. Successivamente nel 1492 con Ercole I Este inizierà l’ampliamento urbanistico (addizione Erculea): infatti, l’architetto di corte Biagio Rossetti trasformerà la fortezza in dimora degli Estensi e residenza ducale.
Castello circondato dall’acqua
Il castello si presenta con quattro torri, circondato da un ampio fossato, che sembra isolarlo dal contesto urbano. In Italia troviamo altri castelli circondati dall’acqua. Oltre a quella di Ferrara, troviamo la Rocca Sanvitale di Fontanellato, in provincia di Parma, che nel Quattrocento sarà trasformato in un maniero e il Castello di San Giorgio a Mantova, che si affaccia sui laghi creati dal fiume Mincio, parte della reggia dei Gonzaga.
Sede museale permanete
Ora il castello di Ferrara è sede museale permanente all’interno si possono visitare: gli appartamenti ducali, le antiche prigioni, la Torre dei Leoni, il Giardino degli Aranci, le cucine ducali e apprezzate opere d’arte in onore alla magnificenza del principe.
L’epopea dei banchetti rinascimentali
La vita del castello di Ferrara si trasforma soprattutto nel Rinascimento. Basta entrare nel locale adibito alle cucine per comprendere l’importanza del cibo. I banchetti che si tenevano erano l’occasione di esibire le ricchezze. Lo scalco, il coppiere e il trinciante o taglia-vivande erano le figure più importanti per rendere il banchetto più sontuoso.
Nel Medioevo e nel Rinascimento lo scalco era una figura di rilievo: serviva ai commensali le carni già tagliate dal trinciante. Alla corte estense di Ferrara troviamo “Messisbugo”, cioè Christoforo Messi Sbugo. Messi detto Sbugo (come si legge in alcuni documenti autografi) che occupò importanti incarichi presso la corte degli Estensi, come amministratore di fondi ducali e soprattutto in qualità di scalco, così da meritare il titolo di Conte Palatino, concessogli da Carlo V.
A Ferrara nel 1549, un anno dopo la sua scomparsa, venne pubblicato il suo libro “Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale”, più volte ristampato fino ai primi decenni del Seicento. Il trattato è suddiviso in tre parti fondamentali: una introduzione “Memoriale per fare un apparecchio generale”; un catalogo di dieci cene, tre desinari e un festino, descritti in modo esaustivo; una raccolta di ben 315 ricette. Il suo libro è lo specchio del costume rinascimentale, perché descrive dettagliatamente i banchetti di corte, non solo offre uno spaccato completo sul cibo e sulle abitudini. Messisbugo non perderà tempo «a descrivere minestre d’ortami e legumi… che sono cose da femminuccia», rielabora inventa ricette, non solo ha perfezionato anche il taglio dei cibi, usando venticinque coltelli e forchette di vario genere, riuscendo a spezzare gli arrosti senza toccarli con le mani.
L’arte della trinciatura
Da questo momento trasforma la “trinciatura” in un’arte, così i suoi numerosi allievi sono diventati fra i maestri di cerimonia più ambiti delle corti europee. Il trinciante tagliava abilmente in aria la carne e assaggiava i cibi, il coppiere, incaricato del servizio dei vini, aveva anche la competenza di fare credenza, cioè di garantire che la bevanda non fosse avvelenata. Fra tutti questi mestieri associati alla tavola era importante anche la figura del dapifero o portatore di vivande.
Il castello è circondato da un ampio fossato
I pranzi come vera forma d’arte e di intrattenimento
Grazie all’ estro e alle capacità organizzative Messisbugo riesce ad organizzare banchetti, alternando le portate da danze, musica e spettacoli. Il banchetto è spesso preceduto da una giostra, un palio, una corsa all'anello, un gioco dell'oca o del porco, mascherate e moresche (quando la festa è concomitante del carnevale) o un corteo fastoso con carri e archi trionfali attraverso la città.
I pranzi erano una vera e propria forma d’arte, diffusa probabilmente alla corte di Napoli, poi diffusasi in seguito al matrimonio di Ercole I d'Este ed Eleonora d'Aragona. Sulla tavola faceva sfoggio argenteria cesellata, vetri e porcellane. La vita di corte non era certa semplice e non riuscire ad ottenere un posto privilegiato a tavola significava non essere nelle grazie del signore.
Zucchero, spezie, selvaggina e pesce fresco i must
Nella gastronomia rinascimentale lo zucchero era simbolo di ricchezza, chiamato "polvere di Cipro”, poteva rivestire e abbellire il cibo, in particolare i dolci, che venivano presentati in tavola sotto forma di sculture. Il sapore agrodolce e speziato era predominante, perché le spezie servivano da conservanti. Veniva servita molta selvaggina e il pesce fresco.
Il Giardino degli aranci
Durante la visita al castello si visitano il Giardino degli aranci e le prigioni. Nel Rinascimento Ferrara era famosa per i suoi giardini: boschetti, giochi d’acqua, grotte, geometrie di siepi, aiuole profumate e con Alfonso I il Giardino degli aranci è diventato identico a quello che possiamo visitare.
Tuffo nella vita di corte
Al primo piano del Castello possiamo vedere il Camerino dei Baccanali di Alfonso II, con affreschi ad olio dedicati al tema dei baccanali; la Cappella Ducale, priva di immagini sacre e ha le pareti piene di preziosi marmi policromi; la Sala dell’Aurora, fulcro dell’Appartamento dello Specchio, in cui si celebrava l’andamento del tempo e il funzionamento dell’universo; la Saletta dei Giochi, con le sue decorazioni scherzose unite agli elementi culturali; e la Saletta dei Veleni, i cui affreschi eroici e celebrativi della grandezza italiana sono stati commissionati a Carlo Parmeggiani.
Il castello si presenta con quattro torri. Foto: Archivio Fotografico Provincia FerraraLe prigioni dei ricchi e dei poveri
Troviamo una grande differenza tra le prigioni riservate al popolo o alla classe più agiata, colpevole di tradimento o congiura. Le prime erano anguste, umide e malsane, mentre i personaggi di rango erano detenuti in stanze migliori. Spesso hanno lasciato scritte incise ancora visibili sulle pareti. Nel 1425 nelle segrete del Castello sono stati imprigionati e decapitati Ugo d’Este e Parisina Malatesta, figlio e giovane moglie di Nicolò III, colpevoli di essersi innamorati e mai perdonati. Infatti, i matrimoni erano combinati per unire ricchezze e potentati: l’unione avveniva per procura, per volontà delle famiglie, quando ancora i promessi sposi erano bambini.
Info
Per maggiori informazioni: www.ferraranascosta.it - www.castelloestense.it. Per le guide rivolgersi a: Itinerando snc, oppure Naturalmente Arte che sono tra le principali organizzazioni e fanno parte del Consorzio Visit Ferrara, che raccoglie molti operatori del settore turistico.
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