Matteo Metullio,
una giovane stella
che illumina tutta
l'Alta Badia
Il
cuoco alla guida del ristorante La Siriola a San Cassiano (Bz)
unisce la passione per l’Alta Badia e i suoi prodotti alla consapevolezza che l’Italia è ricca di eccellenze enogastronomiche. Così nascono i suoi piatti
unisce la passione per l’Alta Badia e i suoi prodotti alla consapevolezza che l’Italia è ricca di eccellenze enogastronomiche. Così nascono i suoi piatti
Dopo che negli anni la ristorazione dell'Alta Badia si è imposta per qualità e tecnica, brilla sempre di più la stella di Matteo Metullio (nella foto), alla guida de La Siriola il ristorante dell'Hotel Ciasa Salares a San Cassiano (Bz) dal 2013, conosciuto anche per essere stato il cuoco più giovane ad avere ricevuto la stella Michelin. La sua voglia infinita di mettersi in gioco lo ha portato a conquistare il titolo di Chef Emergente Nord, e poi Chef Emergente Italia 2014. Originario di Trieste, Metullio sceglie l’Alto Adige, in particolare l’Alta Badia, per dare sfogo al suo talento e arricchire il suo bagaglio di esperienze, e oggi La Siriola è un punto di riferimento per la ristorazione in Alto Adige.
«Tutto ha inizio diversi anni fa - dice Matteo Metullio - Avevo circa 2 anni quando i miei genitori mi hanno portato in Alto Adige per le prime vacanze sulla neve. Sciavo, frequentavo il campo scuola, questo posto probabilmente ce l’avevo nel cuore già da piccolo. Negli anni successivi sia in estate che in inverno abbiamo sempre trascorso le vacanze in montagna. Inizialmente andavamo a San Vigilio di Marebbe, solo più avanti ci siamo spostati qui in Val Badia».
«A 14 anni - continua Metullio - ho preso la decisione di iscrivermi alla scuola alberghiera, che ho frequentato a Falcade in provincia di Belluno. Tra il terzo e il quarto anno ho iniziato ad avere i primi contatti fuori dall’ambito scolastico, avevo letto libri sulla ristorazione gourmet e stellata e, non avendo mai dimenticato l’amore per queste zone, ho mandato un curriculum, seppur “scarso” all’epoca ma la buona volontà era molta, al St. Hubertus. Una volta preso, sono rimasto lì quattro anni».
Oltre che tra i banchi, la vera scuola di Metullio è stata quella tra i fornelli, affiancato da professionisti della cucina, che gli hanno insegnato valori quali il sacrificio, la passione e la volontà. «Quella al St. Hubertus è stata un’esperienza importante. Dopodiché mi sono spostato qui, a La Siriola, perché dopo solo 4 anni il mio percorso non era certamente finito, anzi avevo bisogno di conoscere anche un altro stile di cucina, un altro modo di lavorare».
«Quando sono arrivato qui - ricorda Metullio - lo chef era Fabio Cucchelli. Mi chiese di diventare suo sous chef e ovviamente ho accettato; anche la proprietà mi sembrava molto interessata. Abbiamo lavorato insieme per una stagione invernale, molto intensa, dopodiché Fabio ha deciso di lasciare La Siriola, e inaspettatamente, Stefano e Wilma Wieser, i proprietari, mi hanno chiesto se volevo prendere le redini del ristorante. Io ho accettato ed eccomi qui, dopo tre anni e mezzo».
L’impronta data da Metullio alla cucina de La Siriola è evidente. Uno degli elementi che più la caratterizza è il fatto che, in una zona come l’Alto Adige, dove si cerca di valorizzare tanto il territorio, e i prodotti della zona, anche il giovane chef lo fa, ma senza negare che molte materie prime eccellenti arrivano anche da altre zone dell’Italia; perché il nostro paese è ricco di prodotti di altissimo livello ed è una fortuna poterne usufruire.
«Chi viene a La Siriola e legge il nostro menu, percepisce chiaramente la presenza e il rispetto per il territorio che ci circonda. Io per primo amo i prodotti che offre questa zona, non sputo nel piatto in cui mangio come si suol dire, ma cerco sempre di comunicare qualcosa: oltre ai pini, alle rape, al fieno e alla selvaggina, che nemmeno si può cacciare, e soprattutto poco formaggio, perché i produttori di latte qui sono tanti, ma sono pochissimi quelli di formaggio, è necessario, guardare oltre, e sperimentare. Per questo uno dei piatti più rappresentativi della mia cucina è lo Spaghetto freddo a km 4.925; lo definirei un gioco, qualcosa di simpatico inerente al concetto del km 0». Il totale dei km é dato dalla distanza dalla Siriola rispetto alla provenienza delle materie prime, dalla Liguria alla Puglia e la Campania...
Spaghetto freddo a km 4.925, sotto il piatto si intravede la cartina geografica che indica la provenienza delle materie prime
«Tra gli piatti che sceglierei in rappresentanza della mia cucina c’è senza dubbio, la Variazione del fegato grasso, lo Spaghetto freddo, e il Maialino in tre portate. Sono i tre piatti che contribuiscono a darci un profilo identitario ben preciso, e questo giova anche ai nostri clienti fissi. Spesso e volentieri sono molte le persone che fanno qui una settimana bianca e cenano un paio di volte da noi, la prima volta provano piatti a loro scelta, ma assolutamente la seconda provano i tre piatti che ci rappresentano maggiormente».
Maialino 3 portate - Patate bruciate, salsa alla liquirizia, finocchietti
«Oltre alla qualità dei piatti, anche la carta dei vini ha un’importanza fondamentale; penso che una cantina fornita sia tanto importante quanto il menu, lo definirei una sorta di scambio: dopotutto il vino valorizza il piatto e il piatto valorizza il vino. Stefan Wieser il proprietario, è molto preparato sull’argomento. Permettiamo così al nostro cliente di vivere un’esperienza a 360°, un menu non chiuso al solo territorio, una cantina ricca di scelte, proposte amplificate anche per quanto riguarda formaggio e cioccolato».
Italiaatavola
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