martedì 28 gennaio 2020

«Frammentazione e burocrazia fanno male all’olio italiano»

«Frammentazione 

e burocrazia
fanno male 

all’olio italiano»


Gli esperti siciliani del settore hanno analizzato a Palermo lo stato di salute dell’olivicoltura, sottolineandone carenze e proponendo rimedi: più produzione biologica e più imprenditoria giovanile.

L’Italia produce una quantità media annuale massima approssimata di 400mila tonnellate di olio e ne importa 600mila movimentandone quindi un milione, di cui circa 200mila vanno come scorte e compenso, 400mila al consumo e altrettante all’esportazione. Questi sono i numeri base che sono stati comunicati durante il 13° “Isola del Tesolio”, l’evento tavola rotonda organizzato dal Cofiol - Consorzio della Filiera Olivicola Siciliana. Quest’anno il tema del dibattito è stato “Le sfide future per il settore oleario di qualità”, si è svolto nella sala Lanza dell’Orto Botanico dell’Università di Palermo ed è stato moderato dalla giornalista Nadia La Malfa.

A Palermo il 13° convegno L'Isola del Tesolio («Frammentazione e burocrazia fanno male all’olio italiano»)
A Palermo il 13° convegno L'Isola del Tesolio

Il Cofiol è nato su intuito ed impulso di Manfredi Barbera, proprietario dei Premiati Oleifici Barbera, con l’obiettivo di promuovere un processo di ricognizione, coesione e sviluppo della filiera olivicola siciliana, dove l’olivicoltura sarebbe un’importante fonte di reddito agricolo ma sconta dal punto di vista economico il fattore negativo di una estrema parcellizzazione dei produttori che li costringere a vendere l’evo localmente e non adeguatamente confezionato. Il Cofiol promuove il concetto di rete: chi aderisce al Consorzio può infatti conferire l’olio attraverso frantoiani che fanno parte dell’associazione ed essere poi remunerato a un prezzo di mercato. Un grande vantaggio soprattutto per i piccoli olivicoltori che mediamente possiedono meno di un ettaro di uliveto.

«Il Consorzio - afferma Manfredi Barbera - è lo strumento che dà voce ai frantoiani e agli olivicoltori siciliani. L’obiettivo principale è quello di creare un modello siciliano vincente di filiera olivicola: garantendo da un lato la crescita della capacità produttiva dei singoli olivicoltori e dall’altro la massima qualità grazie alle nuove tecnologie esistenti. Senza dimenticare l’importanza delle certificazioni in quanto il Cofiol è stato tra i principali promotori dell’Igp Sicilia per l’extra vergine siciliano, perfetto ambasciatore del Made in Sicily nel mondo».

Caruso, Sandali, Tabano, Schicchi, La Malfa, Inglese («Frammentazione e burocrazia fanno male all’olio italiano»)
Tiziano Caruso, Pietro Sandali, Francesco Tabano, Rosario Schicchi, Nadia La Malfa, Paolo Inglese

Si è iniziato con il benvenuto da parte del direttore dell’Orto Botanico Rosario Schicchi, che ha dato la bella definizione: “l’olivo affonda nel passato ed è proiettato sul futuro” e che si sta occupando della catalogazione dei tanti olivi monumentali isolani, di cui 700 già censiti. Il presidente del Cofiol Mauro Lo Bue ha fornito poi i numeri del Consorzio.

Ha aperto le relazioni Paolo Inglese docente di Arboricoltura e direttore del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Palermo che ha messo più di un dito nella piaga dell’olivicoltura nazionale accusando lo Stato di essere assente nella ricerca di settore. «Abbiamo da sempre subito la cultura e il predominio spagnolo che hanno influenzato e diretto la politica dell’Ue – ha detto – L’Italia ha un territorio olivicolo troppo frammentato e troppe denominazioni protette, ben 42 Dop, in Sicilia 6. L’Igp Sicilia avrebbe dovuto superare questi eccessi ma ancora non riesce ad affermarsi come dovrebbe a causa delle deficienze burocratiche. L’Italia fa grandissima qualità ma poca produzione per la carenza di una olivicoltura moderna ed intensiva, troppi alberi secolari, pochi meccanizzabili. Il futuro è nei nuovi impianti ad alta densità e con piante piccole che favoriscono la raccolta meccanica». Manca un adeguato Piano Olivicolo Nazionale, mancano vivai certificati con le norme europee per cui finirà che importeremo le piante dalla Spagna.

Alberto Pulizzi, neo direttore dell’Irvo, l’Istituto regionale della vite e dell’olio, ente certificatore dell’Igp Sicilia Olio ha fornito i numeri deficitari del sistema: su 700 frantoi ne sono certificati 174 ed evo Igp Sicilia è solo il 3%.

Dario Cartabellotta («Frammentazione e burocrazia fanno male all’olio italiano»)
Dario Cartabellotta

Dario Cartabellotta, agronomo, dirigente generale della Regione Siciliana, particolarmente esperto per gli incarichi ricoperti, tra cui Assessore all’Agricoltura, ha parlato del Piano Olivicolo Regionale che definisce gli oliveti non solo dal punto di vista produttivo ma anche ambientale considerando che l’ulivo fissa la CO2 a parità di un albero di bosco. Si deve smettere di porre l’accento prioritario sulle malattie delle olive invece di parlare dei lati positivi e salutari dell’evo. Da operatore del settore sottolinea le tendenze per il futuro: «Puntare sul biologico e sui giovani, due categorie che saranno sempre presenti e prioritarie in tutti i regolamenti Europei che prevedono sovvenzioni e contributi».

Per l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari di Palermo, hanno parlato Giovanni Misseri che ha messo l’accento sui controlli di qualità ed amministrativi dell’Istituto, e Maria Borgese che si occupa dei controlli attraverso il web, specie per le inserzioni irregolari nella vendita online.

Francesco Tabano, presidente di Federolio, Federazione Nazionale del Commercio Oleario, che comprende le più importanti imprese familiari, ha comunicato che l’Italia è il secondo esportatore di olio dopo la Spagna, ricordandoci che gli iscritti prima di essere professionisti sono dei consumatori. Ha evidenziato che nel 2018 si sono prodotte 170mila t di qualità non eccelsa e con prezzi elevati. Nel 2019 la produzione è stata di 340mila t, qualità ottima ma a prezzi bassi. Nell’evo nazionale, ha sostenuto Tabano, c’è un costante aumento della qualità allo scaffale, ma invece di comunicarlo si parla solo di frodi. Lamenta che nei Panel Test non ci sia uniformità di giudizio perché purtroppo spesso è soggettivo, che nei controlli di qualità si aspetta troppo per i risultati mentre le aziende avrebbero bisogno di celerità per poter commercializzare con le dovute certificazioni. Il prezzo all’ingrosso dell’evo è troppo basso per cui si sono abbandonati ben 200mila ha di uliveti. Suggerimento per le aziende: produrre di più con maggiore standardizzazione.

Pietro Sandali, direttore generale di Unaprol, Consorzio Olivicolo Italiano che rappresenta gli interessi di 160mila imprese di settore, ha confermato l’influenza europea della Spagna, e raccontato che in Italia ci sono 4.800 frantoi, molti vecchi che hanno bisogno di investimenti come i nuovi impianti che dovranno prevedere maggiore densità di piante con cultivar adatte. Necessita maggior promozione per far conoscere i pregi dell’evo, non si può continuare a comprarlo basandosi sul prezzo più economico.

Tiziano Caruso, docente di Olivicoltura all’Università di Palermo, ha fornito altri numeri: in Spagna due milioni e mezzo di ettari con una produzione di un milione e mezzo di tonnellate di olio che deriva da poche cultivar, in Italia un milione e 100mila ha con una produzione di 350mila t da ben 50 cultivar, così svelato il difetto dell’olivicoltura nazionale. In Sicilia si producono 40 q/ha con 40 giornate lavorative per cui il sistema non è economicamente sostenibile. Si deve puntare anche su cultivar cosiddette minori o neglette che invece, dalla sperimentazione che si sta conducendo, si rivelano più produttive a parità di qualità: 200 q/ha con il 25% di resa. Nell’isola oltre all’evo mancano tecnici per l’assistenza pubblica, mancano risorse economiche adeguate per ricerca e sperimentazione.

Oltre alle relazioni tecniche ci sono stati i saluti di Edy Bandiera, assessore regionale all’agricoltura, di Roberto La Galla, assessore alla formazione ed istruzione, di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, a conferma dell’importanza scientifica e divulgativa dell’evento.

Edy Bandiera, Nadia La Malfa, Manfredi Barbera («Frammentazione e burocrazia fanno male all’olio italiano»)
Edy Bandiera, Nadia La Malfa, Manfredi Barbera

Ha concluso Manfredi Barbera ribadendo quello che per lui è il pallino primario: puntare sull’unione, fare squadra, fare associazionismo, da soli non si ha futuro, le sfide globali devono essere affrontate insieme ed è la finalità del Cofiol. Non è vero che più quantità significa meno qualità, anzi è il contrario, la raccolta che impiega 3 mesi a mano è soggetta al meteo e alle malattie, se si impiega meno di un mese quindi si garantisce una migliore qualità; le grandi aziende estere riescono a raccogliere 100 ha in 3 giorni ed inoltre hanno imparato lo story telling che poteva essere in passato il nostro punto di forza. All’Italia la mission è lavorare sodo insieme non per difenderci bensì per andare all’attacco.
di Gianni Paternò
Gianni Paternò
Per informazioni: www.cofiol.it
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