lunedì 27 aprile 2020

Bar e ristoranti senza rete Conte tradisce il fuori-casa

Bar e ristoranti 

senza rete
Conte tradisce 

il fuori-casa


I finanziamenti alle piccole imprese sono bloccati dalle banche e ai dipendenti non arriva la cassa integrazione in deroga, ma il Governo non si impegna e rinvia la riapertura all'1 giugno.

 Il comparto lasciato in crisi, quasi che qualcuno giochi ad una selezione a vantaggio dei più forti e della criminalità .

Doccia fredda, anzi gelata, per chi sperava che per bar e ristoranti ci fosse un allentamento del blocco delle attività. Sarà consentito l’asporto per tutti (sempre in via transitoria però), ma per riaprire, forse, bisognerà aspettare l’1 giugno. Ma quanti riusciranno ad arrivare a quella data? Altro che contestare l’uso delle mascherine per i camerieri, i cuochi o i barman: la somministrazione di cibo e bevande resta - purtroppo - una delle poche attività ritenute altamente a rischio. Come per i parrucchieri e gli estetisti. Alla faccia di chi, per pura demagogia, speculazione o incompetenza, ha alimentato finora l’illusione che si sarebbero potuto alzare le saracinesche in fretta, come se nulla fosse successo. Scoraggiando magari dall'attrezzarsi per tempo.

Bar e ristoranti senza rete Il Governo non investe sul turismo

Quanti bar e ristoranti arriveranno a poter riaprire l'1 giugno?

Pensiamo solo all’ignobile sceneggiata che era stata fatta sull’indicazione di ridurre i coperti o sulle classi di rischio per cui i soliti “bene informati” davano per certa la riapertura dei pubblici esercizi. Quasi che basti lisciare il pelo a qualche potente per pensare di essere più credibili o affidabili. E lo diciamo con dispiacere anche per certa stampa che invece che preoccuparsi dei problemi della sicurezza, di lavoratori e clienti, ha suonato la grancassa per neonate associazioni che, con rappresentanze di fantasia (ma amici politici), minacciavano aperture dimostrative o, peggio, di tenere chiusi i battenti per mancanza di soldi. Come se il problema oggi fosse solo quello di ricevere soldi dallo Stato (peraltro indispensabili), ma non già preoccuparsi di come aprire in sicurezza. Si è creata una frattura fra il solito gruppo di alcuni dei pretesi primi della classe e la gran parte degli operatori. Una sorta di difesa delle elitè che non ha pensato di fare squadra insieme al sindacato per una sorta di autoreferenzialità che ha condannato il comparto a non essere considerato nella sua giusta dimensione. Nessuna unità di squadra. E cosi, mentre in Francia Macron ha fatto un tweet per ringraziare tutti i ristoratori e gli albergatori per i loro sacrifici impegnando lo Stato a sostenere quello che è un emblema del Paese, da noi Conte si può permettere di tradire nei fatti un intero comparto privandolo di ogni sostegno economico pure ammunciato da settimane.
Una posizione, avallata dai soliti grandi nomi della ristorazione (o meglio del marketing della ristorazione), che si è però dimostrata un boomerang e ha fornito un asset incredibile per questo Governo che non ha ancora versato un soldo alle aziende e ai lavoratori che più di tutti hanno pagato il prezzo di questa emergenza sanitaria. Sembra che sia passato un messaggio terribile: senza soldi non si potevano mettere in sicurezza i locali, e quindi meglio tenerli chiusi… A meno che, e questa non è detto che sia dietrologia, non ci sia addirittura un disegno (criminale) di lesinare i soldi pubblici promessi così che, nel frattempo, si faccia un po’ più di selezione “naturale” e solo i più forti (che non è detto siano i migliori) possano riaprire con meno concorrenza ai primi di giugno. Per non parlare del rischio della criminalità, come da tenpo andiamo denunciando, che con un uleriore interruzzione forzata aumenta le sue possibilità di rilevare licenze e locali per pochi spiccioli.

Qualcuno potrebbe obiettare che il tenere chiuso i locali potrebbe essere un modo per aprire poi in un periodo con meno rischi, e quindi con magari meno costi per la sicurezza. Ma a parte il fatto che nessuno sa per quanti mesi durerá il distanziamento sociale, anche ammettendo questa ipotesi, perché il Governo, a maggior ragione, non ha fatto tutto, e di più, per sostenere queste aziende e questi lavoratori inattivi?

Bar e ristoranti senza reteIl Governo non investe sul turismo
Quante insegne resteranno chiuse?
Se già si dubitava che alla scadenza inizialmente prevista di metà maggio almeno il 20% delle insegne avrebbe potuto restare chiusa, tenere giù le saracinesche per altre 5 settimane farà inevitabilmente lievitare il numero di chi getta la spugna e non caso la Fipe denuncia che su queste basi si rischia di avere solo macerie.

E il peggio è che a questa folle decisione del Governo, che non ha riscontri sul piano scientifico visto cosa avviene in altri Paesi dove bar e ristoranti aprono con tutte quelle accortezze che da tempo andiamo indicando, nasce proprio sull’onda di un clima un po’ surreale in cui una classe politica di incompetenti litiga su tutto, ma alla fine è d’accordo solo nel riaprire, gradualmente il calcio. Già perchè ai piani alti del Palazzo sembra importare più del futuro dei poveri calciatori milionari che rischiavano di restare con gli stipendi ridotti, che non di quello di chi lavora nei pubblici esercizi. Chi se ne frega se ci sono centinaia di migliaia di famiglie di gestori, cuochi, camerieri e baristi che a oggi non hanno ricevuto un euro? E Conte non ha speso una sola parola (se non per dire che ora i soldi arriveranno, ma chi ci crede?) per spiegare perché fra Regioni, Inps e banche è un gioco di melina per cui la cassa integrazione in deroga non parte e il sostegno finanziario alle imprese è bloccato dal vergognoso atteggiamento delle banche che vorrebbero scaricare sullo Stato anche le situazioni di qualche cliente in difficoltà già prima della pandemia. Di tutt'altro genere gli aiuti pubblici in Francia, in Germania, nella stessa Spagna più in criis dinoi, o in Svizzera. Là i soldi sono arrivati direttamente sui conti delle imprese.

Bar e ristoranti senza rete Il Governo non investe sul turismo

Purtroppo dovranno passare ancora 5 settimane (quasi un’altra quarantena) prima che possa accendersi una luce verde. Ma se qualcuno ai piani alti del palazzo pensa che basterà organizzare un po’ di asporto è fuori dal mondo. Per il solo fatto che questa autorizzazione è ancora una volta transitoria e non stabile (come Italia a Tavola aveva proposto) scoraggerà molti dall’adottare cambi organizzativi che comunque hanno dei costi e, in assenza della normale attività nel locale, non possono permettersi di reggere una gestione. Se poi pensiamo che al massimo un 10% dei 300mila esercizi pubblici (magari il 15% se si pensa ai soli ristoranti) può ragionevolmente fare asporto al momento, si può ben capire come tutto ciò sia una specie di specchietto per le allodole per illudere che si sta facendo qualcosa per il comparto.

Servono con urgenza soldi alle aziende che devono pagare fornitori e dipendenti. In particolare alle piccole imprese come bar e ristoranti che finora non hanno visto un solo proiettile di quel bazooka con cui avremmo dovuto affrontare una crisi drammatica. E a quei dipendenti degli esercizi pubblici e dei servizi che avrebbero dovuto essere sostenuti con i soldi della cassa integrazione in deroga, ma che non hanno visto un centesimo, salvo forse per qualche fortunato al sud, dove il covid-19 peraltro lo si è visto quasi per sbaglio…

C’è un’Italia che fa fatica ad uscire da questo blocco e che non sa come sarà il suo lavoro futuro, mentre tutte le altre attività invece riprendono. E non sa se avrà ancora un lavoro. Una ripartenza su queste basi è davvero in forse. Conte se ci sei, batti un colpo. Dal 4 maggio ci sarà un po’ più di libertà di movimento e non è da escludere che si organizzino manifestazioni con i forconi davanti ad ogni Prefettura…
Italiaatavola
ii Alberto Lupini
direttore
Alberto Lupini

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